Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32849 del 04/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32849 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAVALERA ANDREA N. IL 11/12/1977
avverso l’ordinanza n. 21/2014 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
28/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott. A,C

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e( ,u,e.<_Tr2;to ous Data Udienza: 04/06/2014 Ritenuto in fatto. 1. Il 28 gennaio 2014 il Tribunale di Lecce rigettava l'appello proposto da Andrea Cavalera avverso l'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce aveva rigettato l'istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, applicata in relazione al reato Il Tribunale valorizzava, ai fini del rigetto della domanda, la gravità dei fatti, inseriti nel contesto dell'omicidio Padovano, e l'inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari rispetto alla pericolosità sociale dimostrata dall'indagato con la detenzione, presso la sua abitazione, delle due armi clandestine, dei caricatori, delle munizioni. 2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, Cavalera il quale formula le seguente censure. Lamenta erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione circa la sussistenza dei presupposti per il mantenimento della custodia cautelare in carcere, avendo i giudici hanno omesso di valutare che: a) le armi sono di vecchissima data, di limitata potenzialità offensiva; b) non sono compatibili con altri episodi criminosi; c) si trovavano in un luogo in cui potevano essere state collocate da altre persone, atteso che il possesso delle chiavi dell'immobile non erano nell'esclusiva disponibilità dell'indagato, professatosi sempre innocente; d)non vi era pericolo di inquinamento probatorio; d) non sussisteva un quadro di gravità indiziaria. Denuncia, inoltre, violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento ai principi di proporzionalità e adeguatezza. Osserva in diritto. Il ricorso è manifestamente infondato. 1.11 giudice, sia in fase di applicazione di una misura cautelare che in sede di riesame, ha il dovere di effettuare una valutazione globale e complessiva della vicenda cautelare alla stregua di una serie di parametri di apprezzamento, di natura tanto oggettiva che soggettiva, quali sono delineati dagli artt. 274 e 275 c.p.p.. Ne consegue che sia l'applicazione che il mantenimento delle misure cautelari personali non può in nessun caso fondarsi esclusivamente su una prognosi di 1 previsto dagli artt. 81 c.p., 2 e 71. n. 895 del 1967. colpevolezza, né mirare a soddisfare le finalità tipiche della pena — pur nelle sue ben note connotazioni di polifunzionalità — né, infine, essere o risultare in itinere priva di un suo specifico e circoscritto scopo. Esiste, quindi, un nesso inscindibile tra la misura e la funzione cautelare che essa deve assolvere. Ciò comporta che la compressione della libertà personale abbia luogo secondo un paradigma di rigorosa gradualità, così da riservare alla più intensa limitazione della libertà, attuata mediante le misure di tipo custodiale il carattere Nel novero dei parametri legislativamente delineati si iscrivono anche i principi di proporzionalità e adeguatezza che sono destinati a spiegare i loro effetti tanto nella fase genetica della applicazione della misura, che nel suo aspetto funzionale della relativa protrazione. In forza del canone di adeguatezza il giudice deve porre in correlazione logica la specifica idoneità della misura a fronteggiare le esigenze cautelari che si ravvisano nel caso concreto e il paradigma di gradualità. Alla stregua del criterio di proporzionalità ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata. L'intero sistema così delineato, imperniato sui principi di flessibilità e individualizzazione delle misure, si fonda sulla tendenziale preclusione di qualsiasi forma di automatismo o presunzione. Esso esige, invece, che le condizioni e i presupposti per l'applicazione di una misura cautelare restrittiva della libertà personale siano apprezzati e motivati dal giudice sulla base della situazione concreta, alla stregua dei ricordati principi di adeguatezza, proporzionalità e minor sacrificio, così da realizzare una piena individualizzazione della coercizione cautelare» (cfr. Corte Cost., sentenza n. 265 del 2010). Ed è del tutto evidente che i postulati della flessibilità e della individualizzazione che caratterizzano l'intera dinamica delle misure restrittive della libertà, non possono che assumere connotazioni "bidirezionali", nel senso di precludere tendenzialmente qualsiasi automatismo (Sez. Un. n. 16085 del 31 marzo 2011). 2.L'ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi sinora illustrati, in quanto, con motivazione all'evidenza immune da vizi logici e giuridici, ha evidenziato la pericolosità sociale mostrata da Cavalera, tenuto conto della qualità e natura dei reati commessi quale desumibile dal numero e dalla tipologia 2 residuale di extrema ratio. (clandestina) delle armi detenute, del contesto (omicidio Padovano) in cui essi si collocano, della pregfessa condotta dell'indagato, già condannato per violazione alla disciplina in materia di armi. Ha, altresì, messo in luce, con iter argomentativo correttamente sviluppato, l'assenza di elementi obiettivi sopravvenuti da cui inferire la diminuzione o la cessazione della pericolosità sociale di Cavalera. Non possono, d'altra parte trovare ingesso in questa sede gli ulteriori rilievi difensivi, volti non già a contestare la struttura argomentativa dell'ordinanza, bensì oggetto di contestazione. 3.Del tutto destituite di fondamento ed "eccentriche" rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato sono le doglianze concernenti l'assenza di pericolo d'inquinamento probatorio, avuto riguardo al parametro (pericolo di reiterazione di illeciti della stessa specie ex art. 274, lett. c, c.p.p.) posto a base della decisione impugnata. 4.Sono, infine, precluse, ai sensi dell'art. 606, comma 3, c.p.p. le doglianze relative all'insussistenza del quadro di gravità indiziaria che non avevano formato oggetto dei motivi d'appello. 5.Alla dichiarazione d'inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi atti ad escluder l'assenza di colpa nella proposizione dell'impugnazione (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende. La cancelleria dovrà provvedere all'adempimento prescritto dall'art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell'istituto penitenziario ai sensi dell'art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p. Così deciso, in Roma, il 4 giugno 2014. a prospettare una non consentita lettura alternativa della ricostruzione dei fatti

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