Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32843 del 31/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32843 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MIJAILOVIC NESA N. IL 20/02/1972
JOVANOVIC DINO N. IL 25/05/1976
MARKOVIC BABO N. IL 04/03/1975
avverso la sentenza n. 2432/2008 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 25/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. NI i Crie2. Lelgeit-5
che ha concluso per,e fm)GuyttkvbfritAble i’jott-e 4/Coillo

Udito, per la parte civi , ‘Avv
Uditi difensor Av

Data Udienza: 31/05/2013

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 25 novembre 2011 la Corte di Appello di Bologna
confermava la sentenza del Tribunale di Ferrara che in data 8 aprile 2004 aveva
condannato Nesa Mijailovic, Baba Markovic, Dino Jovanovic alla pena di anni tre di
reclusione ed euro 206,00 di Multa ciascuno in quanto ritenuti responsabili del delitto
di furto pluriaggravato, commesso in Ferrara il 20 luglio 1996 in concorso con Mune
Jovanovic e Bobo Jovanovic, giudicati separatamente, per i quali la sentenza era già
irrevocabile.
1.1 La Corte respingeva, perché infondata, l’eccezione preliminare di nullità degli
atti conseguente a nullità dell’avviso di conclusione delle indagini e del decreto di
irreperibilità presso il domicilio dichiarato, e disattendeva le censure riguardanti il
merito del giudizio di responsabilità.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati a
mezzo del loro difensore, il quale deduce i seguenti motivi:
a) inosservanza di norme processuali per omessa e/o irrituale notificazione degli atti
del primo grado di giudizio e tutti quelli conseguenti, contraddittorietà della
motivazione, in quanto le notificazioni compiute al difensore d’ufficio, avv.to Tampieri
del Foro di Bologna, dovevano essere tutte considerate nulle, poiché effettuate in
violazione delle norme di legge, vizio non rilevato dalla Corte di Appello in contrasto
con i precedenti provvedimenti emessi dal giudice dell’esecuzione e dalla Corte di
Cassazione, che avevano accordato la restituzione in termini per proporre l’appello ex
art. 175 c.p.p. agli imputati Mijailovic Nesa e Markovic Babo e, in seguito al gravame
proposto dall’imputato Jovanovic Dino, anche in suo favore;
b) violazione di legge in relazione al disposto dell’art. 157 cod. pen. per essere il
delitto di furto già estinto per prescrizione alla data di emissione della sentenza
impugnata, in quanto:
-per la posizione di Dino Jovanovic, poiché egli, una volta appreso della sentenza a suo
carico resa dal Tribunale, aveva proposto al giudice dell’esecuzione ricorso ex art. 670
cod.proc.pen. per far dichiarare la nullità del titolo allora divenuto esecutivo senza
avanzare istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione, nel computo
dei termini di prescrizione non poteva applicarsi la disposizione normativa di cui ai
commi 7 e 8 dell’art. 175 cod. proc. pen. e la relativa sospensione;
-per le posizioni del Mijailovic e del Markovic, nei confronti dei quali erano state
emesse differenti ordinanze di restituzione nel termine per l’impugnazione nelle
rispettive date del 16/9/2008 e dell’8/5/2009, anche considerando l’interruzione del
decorso dei termini di prescrizione in applicazione dell’art. 175 cod. proc. pen.,
4,E,07
comma 2, alla data di emissione della sentenza impugnata il 4‘e commesso doveva
essere dichiarato prescritto.
c) Carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazion
mancata assoluzione dal delitto di furto per avere la Corte di Appello ripreso

A

lia

citazione in quanto notificati al difensore d’ufficio degli imputati, stante la loro

interamente le stesse argomentazioni del giudice di primo grado, ossia il rinvenimento
di parte della refurtiva a bordo della vettura sulla quale gli imputati si erano trovati
all’atto del controllo, senza considerare le obiezioni mosse con l’atto di appello, ossia la
circostanza del lungo lasso di tempo intercorso tra i fatti contestati e l’accertamento di
polizia e l’assenza di una specifica ricognizione che potesse ricondurre il furto alle
persone degli imputati.
d) Carenza di motivazione in ordine alla determinazione della pena: la Corte di Appello
non aveva preso in esame nemmeno la doglianza relativa alla dedotta eccessiva
severità della pena inflitta, sproporzionata rispetto al fatto di reato, alle qualità
personali degli imputati ed alla loro situazione sociale e familiare.
Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.
1.La questione sollevata col primo motivo di gravame ha già trovato soluzione
nella sentenza impugnata, la quale ha fondatamente rilevato che doveva escludersi
qualsiasi nullità degli atti processuali e della sentenza di primo grado per omessa
notificazione al domicilio dichiarato dagli imputati dell’avviso di conclusione delle
indagini e del decreto di citazione, richiamando decisione assunta dalla Corte di
Cassazione nei confronti di uno dei coimputati, giudicato separatamente, trovatosi in
identica posizione processuale.
1.1 In particolare, premesso che gli imputati avevano eletto domicilio presso il ”
campo nomadi di Padova”, luogo presso il quale in data 29 novembre 1996 il
personale di polizia non aveva potuto realizzare la prima notificazione per
l’irreperibilità dei destinatari, i quali si erano dichiarati senza fissa dimora e non
avevano comunicato il nuovo idoneo domicilio, la Corte di Appello ha disatteso
l’eccezione difensiva, rilevando l’infondatezza della tesi secondo la quale, a fronte
dell’impossibilità di eseguire la prima notificazione presso il domicilio dichiarato o
eletto, per le successive non poteva procedersi al recapito dell’atto presso il difensore
ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen., comma 4, ma si sarebbe dovuto per ciascun atto
dapprima tentare la notifica al domicilio dichiarato.
1.2 L’assunto difensivo, riproposto col primo motivo di ricorso, va disatteso:
come già rilevato da Cass. sez. 1, n. 9506 del 12/02/2009, Jovanovic e altro, rv.
242982, quando l’esecuzione della notificazione di un atto processuale sia impossibile
per l’insufficienza o la inidoneità della dichiarazione o dell’elezione del domicilio, le
successive notificazioni possono essere compiute mediante consegna al difensore: lo
dimostra il tenore testuale dell’art. 161 cod. proc. pen., comma 4, col riferimento alle
“notificazioni”, indicate al plurale, nonchè la “ratio” della norma, diretta a consentire
con speditezza l’effettuazione degli adempimenti.
1.3 L’applicazione al caso in esame di tali principi risulta tanto più valida, in
quanto gli imputati, non soltanto si erano dichiarati privi di fissa dimora e di fatto
irreperibili, ma non hanno mai dedotto e dimostrato di essersi solo momentaneamente
allontanati dal campo nomadi di Padova, ove avrebbero potuto essere reperiti in alt
momento.

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1.4 Non ha dunque pregio la doglianza con la quale si lamenta la mancata
uniformazione ai provvedimenti di restituzione in termini, resi a favore degli stessi
ricorrenti: premesso che la precedente pronuncia di questa Corte n. 9506/2009 aveva
riguardato la questione della nullità della notificazione dell’estratto contumaciale della
sentenza del Tribunale di Ferrara dell’ 8 aprile 2004 in una situazione identica a quella
dei ricorrenti, la mera divergenza di decisioni non accompagnata dalla deduzione di
specifiche censure sulla correttezza della soluzione prescelta dalla Corte di Appello è
insufficiente a dimostrarne l’erroneità ed a consentire soluzioni differenti.
2. E’ privo di fondamento anche il secondo motivo, col quale si deduce la già
maturata estinzione del reato per prescrizione al momento della pronuncia della
luglio 1996 e che la sentenza emessa nel primo grado di giudizio è intervenuta in data
8 aprile 2004, quindi in epoca antecedente l’entrata in vigore della legge n. 251/2005,
che ha modificato il regime della prescrizione ed introdotto la disciplina transitoria di
cui all’art. 10 comma 3, risultano applicabili i termini stabiliti dall’art. 157 cod. pen.
nella sua formulazione previgente, pari ad anni quindici, prorogati ad anni ventidue e
mezzo, stante la contestazione e la ritenuta sussistenza di più aggravanti ai sensi
dell’art. 625 cod. pen..
2.1 Sulla scorta di tali premesse deve dunque trovare applicazione il principio di
diritto, già espresso da questa Corte a Sezioni Unite con la pronuncia n. 15933 del
24/11/2011, P.G. in proc. Rancan, rv. 252012, che ha ripreso e sviluppato quanto
statuito da S.U., n. 47008 del 29/10/2009, D’Amato, rv. 244810, secondo il quale “ai
fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della
prescrizione, la pronuncia della sentenza di primo grado, indipendentemente dall’esito
di condanna o di assoluzione, determina la pendenza in grado d’appello del
procedimento, ostativa all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli”.
2.2 Pertanto, deve escludersi che alla data del 25 novembre 2011 fosse
maturata nei riguardi di tutti e tre i ricorrenti l’invocata causa estintiva del reato.
3. Col terzo motivo vengono riproposte censure riguardanti l’accertamento della
responsabilità degli imputati, già risolte dalla sentenza impugnata con motivazione
completa, razionale ed immune da vizi di sorta: si è ritenuto che costituissero prove
certe della loro colpevolezza l’essere stati visti scavalcare la recinzione dell’abitazione
ove si era verificato il furto e darsi alla fuga a bordo della vettura, individuata pochi
minuti dopo dalle forze dell’ordine in base alla segnalazione ricevuta ed inseguita
senza soluzione di continuità sino al suo fermo con l’identificazione poi dei cinque
occupanti, compresi gli odierni ricorrenti. Pertanto, la sentenza contraddice l’assunto
difensivo circa la distanza temporale tra la realizzazione del furto e l’accertamento da
cui era originato il processo, avvenuti, al contrario, in stretta consecuzione,
circostanza che ha indotto i giudici di appello ad escludere la possibilità materiale di
una sostituzione degli occupanti il veicolo ove era stata rinvenuta la refurtiva appena
asportata. Non è dato rinvenire dunque alcun profilo di contraddittorietà o illogicità in
tale apparato argomentativo.
3.1 In ordine al trattamento sanzionatorio, oggetto dell’ultimo motivo, i giudici
appello hanno confermato le statuizioni assunte in primo grado per l’assenza di

sentenza impugnata: premesso che il delitto contestato risulta commesso in data 20

qualsiasi profilo positivo di valutazione per concedere le circostanze attenuanti
generiche in ragione della gravità dei fatti, commessi da più persone in concorso fra
loro “con modalità organizzate e in base a un piano preordinato, a fronte dei quali non
risulta intervenuto il minimo segno di resipiscenza”; hanno quindi ritenuto congrua la
pena inflitta in relazione ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. per la personalità
negativa, la capacità criminale ed i precedenti penali riportati dal Mjiailovic e da Dino
Jovanovic.
3.2 Per contro, il ricorso soltanto in modo generico denuncia l’omessa
considerazione della situazione sociale e familiare degli imputati senza però illustrare
quali peculiari profili la stessa presentasse e per quali ragioni la sua valutazione
rendesse sproporzionata per eccesso la sanzione inflitta.
infondatezza e comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno, in relazione ai profili di colpa insiti nella proposizione di
impugnazione di tale tenore, al versamento della somma in favore della Cassa delle
Ammende, che si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e, ciascuno, al versamento di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 31 maggio 2013.

Per le considerazioni svolte il ricorso risulta inammissibile per manifesta

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