Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32842 del 04/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32842 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LICCIARDI VINCENZO N. IL 27/06/1965
avverso l’ordinanza n. 17578/2013 GILTD. SORVEGLIANZA di
MILANO, del 17/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Mco,e, be,We39 .
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(262-cJl

Data Udienza: 04/06/2014

Uditi difensor Avv.;

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Ritenuto in fatto

1. Il Magistrato di sorveglianza di Milano, con il provvedimento indicato in
epigrafe, ha rigettato il reclamo proposto ai sensi dell’art. 35 Ord. Pen. dal
detenuto Licciardi Vincenzo, sottoposto al regime penitenziario di cui all’art.
41 bis ord. pen., con il quale lo stesso segnalava una condotta dell’Amministrazione penitenziaria (nuove disposizioni relative alle modalità di svolgimento dei colloqui visivi con i minori di anni 12) ritenuta illegittima e segna-

assistervi neanche al di là del vetro divisorio.

2. Avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
detenuto, con atto sottoscritto personalmente, deducendo: con un primo
motivo, l’illegittimità dell’ordinanza, in quanto l’avviso dell’udienza fissata
per deliberare sul reclamo era stato notificato ad un difensore d’ufficio assegnatogli e non invece al suo difensore dì fiducia; con un secondo motivo,
che il Magistrato di sorveglianza, avrebbe sostanzialmente travisato il significato del reclamo, che non era diretto ad ottenere che il colloquio con i minori si svolgesse alla presenza anche familiari adulti e si svolgesse senza
vetro divisorio, quanto piuttosto che il colloquio con i minori si svolgesse con
le modalità con cui era svolto prima dell’adozione delle nuove disposizioni,
ovvero che allo stesso potessero assistere anche gli altri familiari, sia pure
al di là del vetro divisorio; con un terzo motivo, l’opportunità di un ripristino
delle precedenti modalità di svolgimento dei colloqui, in quanto molto più
rispondenti alla finalità di migliorare le relazioni dei detenuti ed internati con
le famiglie e più idonee a preservare i minori da possibili traumi psicologici.

Considerato in diritto

1. L’impugnazione proposta dal Licciardi è basata su motivi infondati e va
quindi rigettata.
1.1 Al riguardo è opportuno evidenziare, preliminarmente, come la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 296 del 20/01/1997, dep.
19/04/1997, Guido, Rv. 207343) abbia affermato da tempo il principio, secondo cui «contro il provvedimento del magistrato di sorveglianza, adito ai
sensi dell’art. 35 comma 2 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (cd. ordinamento penitenziario) la legge non prevede alcun mezzo di impugnazione» (Sez.
1, n. 296 del 20/01/1997 – dep. 19/04/1997, Guido, Rv. 207343).

z

tamente l’allontanamento dalla sala colloqui di ogni altro familiare, inibito ad

Tale principio, per altro, ha trovato sostanziale conferma anche in successive
pronunce di questa Corte (Sez. 1, n. 1093 del 16/02/2000 – dep.
16/06/2000, Camerino, Rv. 216190; Sez. 1, n. 17270 del 07/03/2001 – dep.
28/04/2001, Paolello, Rv. 218821), secondo cui «le decisioni del magistrato
di sorveglianza su reclami generici, a lui presentati ai sensi dell’art. 35 dell’ordinamento penitenziario, sono adottate al di fuori di ogni formalità processuale e di ogni contraddittorio ed essendo prive di qualsiasi stabilità e
forza giuridica cogente, non sono soggette ad ulteriori reclami al tribunale di

n.1743, Scarlino, non mass.), con la significativa precisazione, tuttavia, che
sono invece senz’altro ricorribili per cassazione i provvedimenti del magistrato di sorveglianza resi su reclamo avverso atti dell’Amministrazione penitenziaria che incidono su diritti soggettivi dei detenuti (Sez. 1, n. 8411 del
03/02/2004 – dep. 25/02/2004, Zagaria, Rv. 227517, relativa a modalità di
perquisizione personale del detenuto).
1.1 In applicazione di tali principi nessun effettivo profilo di illegittimità è
allora fondatamente ravvisabile con riferimento al provvedimento che ha respinto il reclamo del Licciardi.
1.1.1 Quanto alla denunciata violazione del diritto di difesa, risulta infatti
preliminare ed assorbente il rilievo che dall’esame degli atti non emerge che
il detenuto avesse nominato, in sede di reclamo, un proprio difensore di fiducia, sicché la decisione del Magistrato di sorveglianza di procedere comunque nelle forme del procedimento camerale e di dare avviso dell’udienza
ad un difensore di ufficio, sfugge a qualsiasi censura.
1.1.2 Quanto invece al contenuto sostanziale della decisione impugnata,
seppure può convenirsi con il ricorrente che il contenuto del reclamo sia stato in parte travisato dal giudice di merito, nel senso che il Licciardi non intendeva in effetti richiedere che al colloquio da lui svolto con i nipoti minorenni partecipassero anche i familiari adulti in assenza di vetro divisorio, ma
soltanto che allo stesso potessero comunque assistere i familiari al di là del
vetro (così come consentito anche in passato, svolgendo tale presenza funzione rassicurante per i minorenni), è agevole rilevare come tale considerazione non inficia, in ogni caso, il contenuto decisorio del provvedimento impugnato, incentrato sul condivisibile e decisivo rilievo che il proposto reclamo ex art. 35 Ord. Pen. afferente alle modalità di svolgimento del colloquio
con i minori, non investiva effettivamente dei diritti soggettivi del detenuto.
Ed invero il giudice di merito ha illustrato, con argomentazioni logiche e coerenti, le ragioni per cui le nuove disposizioni in tema di colloqui con minorenni non possono ritenersi concretamente lesive di alcun diritto soggettivo

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sorveglianza ne’ a ricorso per cassazione» (Conf. Cass. I, c.c. 7 marzo 2001

del detenuto, dal momento che le stesse non solo consentono che il colloquio con il familiare minore abbia luogo, ma permettono anche il contatto
fisico tra il detenuto ed il minore stesso a garanzia di ulteriori modalità comunicative di sentimenti ed emozioni, e che di contro non è possibile ravvisare un diritto soggettivo alla connpresenza, durante il colloquio, di un adulto
(legato al minore da rapporto genitoriale), non consentita dall’Amministrazione a garanzia di esigenze di sicurezza e di prevenzione nonché per impedire possibili indebite strumentalizzazioni dei minori.

ne, l’esistenza di una prassi che tale presenza degli adulti consentiva, sia
pure al di là del vetro. Tale prassi, ove pure in tesi realmente sussistente,
non può infatti modificare la posizione soggettiva del detenuto da interesse
(alla conservazione della stessa) a diritto soggettivo (allo svolgimento dei
colloqui con il minore, in presenza di altri adulti), dovendo, di contro, ritenersi senz’altro consentito un intervento dell’Amministrazione penitenziaria
che nell’intento di tutelare in maniera più incisiva la sicurezza pubblica, in
correlazione con una pericolosità qualificata del detenuto, ciò operi nel rispetto della regola di proporzionalità, in virtù della quale sono ammesse solo
restrizioni al regime ordinario che siano necessarie al conseguimento degli
scopi di sicurezza che la nuova disposizione intende perseguire; specie allorquando le nuove disposizioni, come nel caso in esame, consentono pur sempre il mantenimento di stabili relazioni dei detenuti con le famiglie (nello
specifico con i minori), senza ridondare in un trattamento disumano o lesivo
dei diritti fondamentali non comprimibili.

2. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2014.

1.1.3 Nè vale al riguardo invocare, per pervenire ad una diversa conclusio-

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