Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3284 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3284 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
RIZZUTO Michele, nato a Crotone il 28.6.1977;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, in data 11.7.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Massimo Galli, che
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27.6.2013, il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Catanzaro dispose la custodia cautelare in carcere di
Rizzuto Michele, indagato per i reati di partecipazione ad associazione
mafiosa e tentata estorsione aggravata dall’art. 7 D.L. n. 152/1991.
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed il
Tribunale di Catanzaro, con ordinanza dell’11.7.2013, revocò l’ordinanza
impugnata per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., ma confermò il
provvedimento impugnato – previa esclusione della aggravante del
metodo mafioso, per il delitto di tentata estorsione.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo la
violazione degli artt. 192, commi 1 e 2, 273, 274, 275 e 195 cod. proc.

Data Udienza: 12/12/2013

pen., nonché la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in
ordine alla affermata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
dell’indagato per la tentata estorsione e in ordine alla sussistenza delle
esigenze cautelari; lamenta che il Tribunale non avrebbe considerato le
letture alternative degli elementi di prova acquisiti, proposte dalla difesa
e non avrebbe considerato la incensuratezza dell’indagato e la sua
estraneità dall’associazione mafiosa, riconosciuta dallo stesso Tribunale.

Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, a
causa della sopravvenuta scarcerazione dell’indagato.
Com’è noto, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, «la facoltà di
attivare i procedimenti di gravame non è assoluta e indiscriminata, ma è
subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il
provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera
giuridica dell’impugnante e l’eliminazione o la riforma della decisione
gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. Ne
consegue che la legge processuale non ammette l’esercizio del diritto di
impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione,
senza che alla posizione giuridica del soggetto derivi alcun risultato
pratico favorevole, nel senso che miri a soddisfare una posizione
oggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto»
(Cass., Sez. Un., n. 10372 del 27.09.1995 Rv. 202269; nel medesimo
senso, Sez. 2 n. 4499 del 13.11.1996 Rv 206851).
Vero è che, in materia cautelare, l’interesse dell’indagato
all’impugnazione permane anche nel caso in cui, nelle more del
procedimento incidentale “de libertate”, la misura della custodia cautelare
in carcere sia sostituita con quella del divieto di dimora, sempre che
l’applicazione dell’originaria misura possa costituire per l’interessato
presupposto del diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare
subita ingiustamente, essendo stato il provvedimento coercitivo emesso o
mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste
dagli artt. 273 e 280 cod. proc. pen. (Cass., Sez. Un., n. 26795 del
28.3.2006 Rv 234268). Tuttavia, secondo la prevalente giurisprudenza di
questa Corte, che il Collegio condivide, l’interesse dell’indagato ad
ottenere una pronuncia, in sede di impugnazione, sulla legittimità

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CONSIDERATO IN DIRITTO

dell’ordinanza che ha applicato o mantenuto la custodia cautelare, nel
caso in cui quest’ultima sia stata revocata o sostituita con una meno
affittiva nelle more del procedimento di impugnazione, non può
presumersi, ma deve essere rappresentato dall’interessato anche con
riferimento alla mancanza delle cause ostative di cui all’art. 314, comma
quarto, cod. proc. pen., nel senso che la parte ha l’onere di manifestare,
in termini positivi e univoci, la sua intenzione di servirsi della pronuncia

Sez. 6, ord. n. 3528 del 14.1.2009 Rv 242662, che, con riferimento al
giudizio di cassazione, ha ritenuto sufficiente che tale intenzione sia
manifestata direttamente dal difensore in udienza, anche mediante
memoria scritta).
Nel caso in esame il permanere dell’interesse non è stato
rappresentato. Anzi, il difensore dell’imputato, con dichiarazione
pervenuta il 4.12.2013, rappresentando che l’indagato è stato nel
frattempo scarcerato, ha dichiarato di rinunciare al ricorso.
È vero che il difensore dell’indagato non è legittimato a rinunciare
all’impugnazione (nella specie ricorso diretto per cassazione a norma
dell’art. 311 cod. proc. pen.), neanche quando egli stesso abbia proposto
il gravame: a meno che non abbia agito o presentato la rinuncia in
qualità di procuratore speciale dell’indagato stesso (Cass. Sez. 6 n. 4368
del 9.12.1992 Rv 192950). È anche vero, però, che tale rinuncia del
difensore costituisce conferma della assenza di interesse al ricorso del
suo assistito.
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.
Essendo dipesa l’inammissibilità da causa indipendente dal ricorrente
(avvenuta scarcerazione dell’indagato), nulla va statuito sulle spese.
P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, il 12.12.2013.

richiesta in vista dell’azione di riparazione per l’ingiusta detenzione (Cass.

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