Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32835 del 04/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 32835 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VOTTARI SEBASTIANO N. IL 29/12/1983
avverso l’ordinanza n. 149/2013 GIUD. SORVEGLIANZA di
SPOLETO, del 26/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Wthed io krytfrio
‘ )-1•`-x2-Q51 \”‘°- c1A- ,eA,7° coP.:cludLuvze,
(9- lAutly7

Uditi difensor Avv.;

LQJ-

Data Udienza: 04/06/2014

Ritenuto in fatto

1. Vottari Sebastiano, detenuto nella Casa circondariale di Terni e sottoposto
al regime speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen., proponeva reclamo al
Magistrato di sorveglianza di Spoleto avverso la disposizione impartita dalla
direzione di quell’istituto che escludeva per i detenuti nei cui confronti era stata
disposta la sospensione delle normali regole di trattamento penitenziario, la
possibilità di fruire, in sostituzione del colloquio mensile di un ora con i familiari,

10, d.P.R. n. 230 del 2000, qualora i familiari siano residenti in un comune
diverso da quello in cui ha sede l’istituto.

2.

Il Magistrato di sorveglianza adito procedeva nelle forme del

contraddittorio camerale, richiamandosi alla sentenza delle Sezioni Unite n.
25079 del 26/02/2003 – dep. 10/06/2003, Gianni, Rv. 224604, secondo cui i
provvedimenti dell’Amministrazione penitenziaria in materia di colloqui visivi e
telefonici dei detenuti e degli internati, in quanto incidenti su di una «posizione
soggettiva meritevole di tutela» (nello specifico più che la libertà di
comunicazione, quella di poter coltivare gli affetti familiari), sono sindacabili in
sede giurisdizionale mediante reclamo al magistrato di sorveglianza che decide
con ordinanza ricorribile per cassazione secondo la procedura indicata nell’art.
14-ter della legge 26 luglio 1975 n. 354 (cd. ordinamento penitenziario).
2.1 Nel merito, rigettava il reclamo con ordinanza deliberata il 26 febbraio
2013, ritenendo, in estrema sintesi, che nella specie non sussistevano quelle
“eccezionali circostanze” che sole consentivano la possibilità per un detenuto
sottoposto a regime differenziato di poter fruire, ex art. 37 comma 10, d.P.R. n.
230 del 2000, di un colloquio “compensativo” di maggior durata (due ore).

3.

Avverso l’indicata ordinanza ha proposto impugnazione il Vottari

chiedendone, con due distinti ricorsi, l’annullamento, evidenziando: per un verso,
che già altro Magistrato di sorveglianza ha riconosciuto anche per i detenuti
sottoposti a regime differenziato la possibilità di fruire, in sostituzione del
colloquio mensile di un ora con i familiari, ove non espletato, di un colloquio
prolungato sino a due ore, ex art. 37 comma 10, d.P.R. n. 230 del 2000, qualora
i familiari siano residenti in un comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto,
sicché negare tale possibilità realizzerebbe una illegittima disparità di
trattamento; per altro verso, che la tesi dell’applicabilità dell’art. 37 comma 10,
d.P.R. n. 230 del 2000 solo in caso di “eccezionali circostanze” doveva ritenersi
illogica e contraddittoria

ove non espletato, di un colloquio prolungato sino a due ore, ex art. 37 comma

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria ha
chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal Vottari, in
quanto basata su argomentazioni generiche e meramente assertive e comunque
infondate prevedendo l’41-bis Ord. Pen. una limitazione nel numero dei colloqui,
la cui durata può essere prolungata ex art. 37 comma 10, d.P.R. n. 230 del 2000

Considerato in diritto

1. Il ricorso proposto dal Vottari è fondato per le ragioni e nei limiti dì
seguito precisati.
1.1 Al riguardo va anzitutto precisato che sulla specifica questione oggetto
del presente giudizio (assoluta e generale impossibilità per un detenuto nei cui
confronti risultano sospese le normali regole di trattamento dei detenuti ed
internati di fruire ex art. 35 Ord. Pen. – in alternativa al colloquio mensile di
un’ora coi familiari, non svolto – di un colloquio prolungato sino a due ore, ex art.
37 comma 10, d.P.R. n. 230 del 2000, qualora i familiari siano residenti in un
comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto) questa Corte, di recente, ha
già avuto occasione di pronunciarsi, riconoscendo l’applicabilità del disposto
normativo di cui all’art. 37 comma 10 d.P.R. 30 giugno 2000 n. 230, anche ai
detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41 bis Ord. Pen. (in tal
senso, Sez. 1, 24 giugno 2013, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Reggio Emilia in proc. Mandalà; Sez. 1, n. 49726 del 26/11/2013 – dep.
10/12/2013, Ministero Della Giustizia in proc. Catello, Rv. 258421).
Orbene da tale decisione questo Collegio, condividendola pienamente,
ritiene di non doversi discostare.
1.3 Ed invero il principale se non esclusivo argomento addotto dal giudice di
merito per rigettare la richiesta del detenuto, si risolve sostanzialmente
nell’assunto che la definizione dei contenuti dello speciale regime carcerario ex
art. 41 bis Ord. Pen. risulterebbe demandata in toto alla competenza ministeriale
da una regolamentazione di rango primario, che si sovrapporrebbe a quella
ordinaria vigente in materia di colloqui, derogandovi espressamente, con la
conseguenza che il prolungamento a due ore della durata del colloquio, previsto
dall’art. 37 comma 10, d.P.R. 30 giugno 2000 n. 230 sarebbe sì applicabile ai
detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41 bis Ord. Pen. ma solo
in presenza di “eccezionali circostanze” e non anche in caso di mancato
svolgimento del colloquio con i familiari.

CPA-2

solo in presenza di cause eccezionali.

1.4 Tale tesi, però, non può trovare accoglimento, basandosi su delle
argomentazioni astratte che non trovano effettiva e logica giustificazione
nell’esegesi del novellato art. 41 bis Ord. Pen..
1.4.1 Al riguardo va infatti osservato, in primo luogo, che se è pur vero che
l’art. 41 bis Ord. Pen. attribuisce al Ministro della Giustizia il potere di
sospendere – si badi “in tutto o in parte” – l’applicazione delle normali regole di
trattamento dei detenuti ed internati, in correlazione con una “pericolosità
qualificata” degli stessi, sta di fatto, però, che tale norma – che già la Corte

felice formulazione” – non risulta affatto “demandare in toto alla competenza
ministeriale” i contenuti del trattamento applicabile ai detenuti portatori di una
“pericolosità qualificata”, né ha dettato una regolamentazione “speciale”
dell’istituto, che si sovrapponga totalmente a quella ordinaria.
1.4.2 Al contrario, come correttamente osservato in dottrina, “la novella
legislativa sull’art. 41- bis reca il merito di avere posto chiarezza in ordine alla
stabilità nel sistema di un istituto considerato figlio dell’emergenza, ma sempre
più diffuso nell’applicazione”, provvedendo, nel contempo, “a dare certezza
regolando i contenuti del regime, la cui definizione, per troppo tempo, era stata
rimessa interamente, ed “in bianco”, all’autorità amministrativa”.
1.4.3 n contenuto del “regime detentivo speciale”, pertanto, come a ragione
osservato in dottrina, risulta regolato dalla legge con previsioni operanti su un
doppio livello.
Un primo livello, per così dire “generale”, caratterizzato dalla regola della
proporzionalità, in virtù della quale sono ammesse solo restrizioni al regime
ordinario che siano necessarie agli scopi di prevenzione cui la misura e
finalizzata. Il secondo livello di regole, invece, indica i contenuti del regime, e
per quanto attiene la materia dei colloqui, che in questa sede specificamente
interessa: ne stabilisce il numero (uno al mese); le modalità, da svolgersi ad
intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati, in modo da impedire il
passaggio di oggetti, vietando, nel contempo, i colloqui con persone diverse dai
familiari e conviventi, salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal
direttore dell’istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di
primo grado, dall’autorità giudiziaria competente.
La norma, prevede altresì, che i colloqui vengono sottoposti a controllo
auditivo ed a registrazione, previa motivata autorizzazione dell’autorità
giudiziaria competente; solo per coloro che non effettuano colloqui può essere
autorizzato, con provvedimento motivato del direttore dell’istituto ovvero, per gli
imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall’autorità
giudiziaria competente, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio
telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci
3

Costituzionale, nella sentenza 28 luglio 1993 n. 349, ebbe a definire di “non

minuti sottoposto, comunque, a registrazione. I colloqui sono comunque
videoregistrati. Queste limitazioni, per altro, non si applicano ai colloqui con i
difensori, per i quali la norma prevedeva invece specifiche limitazioni, ritenute
per altro costituzionalmente illegittime dalla Consulta, con sentenza 20 giugno
2013 n° 143.
1.5 Ciò posto, evidenziato che l’art. 41 bis Ord. Pen., nulla stabilisce sulla
durata massima del colloquio e che il parametro di riferimento della norma è
comunque rappresentato dalle “normali regole di trattamento dei detenuti”, deve

decisione di questa Corte in argomento, secondo cui l’ampiezza della previsione
normativa in materia di colloqui è tale da indurre a ritenere «che ulteriori
limitazioni, al di là di quelle previste, non siano possibili, salvo che derivino da
un’assoluta incompatibilità della norma ordinamentale – di volta in volta
considerata – con i contenuti normativi tipici del regime differenziato».
Meglio definendo tale principio, questo Collegio ritiene allora possa
affermarsi, in buona sostanza, che in assenza di specifiche previsioni contenute
nel decreto ministeriale, anche per il detenuto sottoposto al regime di cui all’art.
41 bis Ord. Pen., possono trovare applicazione le norme dell’ordinamento
penitenziario non oggetto di sospensione.
1.6 II provvedimento impugnato, per altro, va annullato, per la decisiva
considerazione che la richiesta del detenuto, per quanto si ricava dalla
motivazione del provvedimento impugnato, non risulta rigettata per contingenti
ragioni di sicurezza interna ed esterna, ma sul presupposto di una pretesa
incompatibilità tra le disposizioni dell’ordinamento penitenziario che prevedono,
in determinati casi, una possibilità di proroga della durata massima del colloquio
con le disposizioni “speciali” previste dall’art. 41 bis Ord. Pen., in tema di
colloqui.
1.7 Sul punto, premesso che l’art. 37 comma 10 d.P.R. 30 giugno 2000 n.
230 prevede – in via generale e per tutti i detenuti – due ipotesi di
«ampliamento» della durata del colloquio, la prima correlata a «eccezionali
circostanze» da valutarsi, dunque, caso per caso, la seconda correlata a due
condizioni obiettive rappresentate dalla extraterritorialità del luogo di detenzione
rispetto a quello di residenza dei congiunti, unita alla circostanza della mancata
fruizione del colloquio nella «settimana precedente» e sempre che le esigenze e
l’organizzazione dell’istituto lo consentano, va infatti qui ribadita la validità di
quanto affermato da questa Corte nelle sue precedenti decisioni in argomento,
nel senso che, «è evidente che mentre la prima previsione (circostanze
eccezionali) non può dirsi in alcun modo in contrasto con le previsioni normative
caratterizzanti il regime differenziato (e risulta dunque sempre applicabile, ferma
restando la valutazione della eccezionalità del caso) la seconda previsione va
4

allora senz’altro condividersi il principio di diritto che è a base della precedente

«adattata» alle caratteristiche ontologiche della detenzione «conformata» ai
sensi dell’art. 41 bis ord. pen.. In particolare, ricorrendo tendenzialmente in
modo stabile il presupposto della extraterritorialità (data l’allocazione dei
detenuti sottoposti al regime del 41 bis), è evidente che l’interpretazione dei
secondo presupposto (mancanza di colloquio nella settimana precedente) non
può essere riferita a tale particolare «categoria» di detenuti, essendo per
definizione assente il colloquio settimanale, sostituito da quello mensile. Detta
parte della norma potrà dunque – secondo un criterio interpretativo logico-

differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen. non abbia effettuato il previsto
colloquio nel «mese» antecedente.

2. In conclusione, esclusa l’esistenza di un divieto assoluto, per i detenuti
nei cui confronti sia stata disposta che la sospensione delle normali regole di
trattamento, di fruire in alternativa al colloquio mensile di un’ora coi familiari, si
impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Magistrato di
sorveglianza di Spoleto che procederà al nuovo esame dell’istanza di
prolungamento del colloquio, uniformandosi ai principi sin qui esposti e
verificando l’esistenza in concreto dei due presupposti indicati (extraterritorialità
del luogo di detenzione rispetto a quello di residenza dei congiunti; mancata
effettuazione del colloquio colloquio nel «mese» antecedente la richiesta).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di
sorveglianza di Spoleto.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2014.

sistematico – trovare applicazione lì dove il detenuto sottoposto al regime

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA