Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3283 del 18/10/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3283 Anno 2013
Presidente: MARZANO FRANCESCO
Relatore: IZZO FAUSTO

NR. 10594\12

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :

MANNO Giuseppe,

n.

a Palermo

il 13\4\1967

avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo
del 28\9\2011. (n. 3929\09);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
udite le conclusioni del Procuratore Generale dr. Oscar
Cedrangolo che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Lillo Giuseppe Fiorello, per
l’imputato, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 18/10/2012

RITENUTO in FATTO
1. Con sentenza del 7\4\2009 il Tribunale di Agrigento condannava Manno
Giuseppe, alla pena di mesi sei di reclusione, per il delitto di cui all’art. 589 c.p.
per l’omicidio colposo in danno di Noto Vincenzo. L’imputato veniva
condannato, inoltre, al risarcimento del danno in favore della parte civile, da
liquidare in separato giudizio, con il riconoscimento di una provvisionale
immediatamente esecutiva.
Al Manna veniva addebitato che, in qualità di legale rappresentante della Coop.
CO.SA.U. e quindi datore di lavoro del Noto, aveva consentito che questi
lavorasse come “palista” all’interno della miniera di sale dell’ITALKALI di
Realmontone, senza avere ricevuto una adeguata formazione e informazione
rispetto alle mansioni da svolgere, sicchè questi si poneva al lavoro con la pala
all’interno della traversa “19”, non ancora in sicurezza. In tale frangente una
lastra di roccia si distaccava dalla soletta di sale travolgendolo, provocandogli
lesioni mortali (acc. in Realmontone il 23\2\2006).
Osservava la Corte di merito che dall’istruttoria svolta, in particolare dalle
deposizioni testimoniali e da documenti, era emerso come all’origine le
mansioni del Noto fossero quelle di camionista. Ciò lo si evinceva dalle
annotazioni sul certificato di idoneità al lavoro e dall’analisi delle buste paga.
Sebbene nel libro matricola emergesse che presso la miniera di Petralia avesse
svolto le mansioni di autista-palista, il passaggio alla nuova miniera (di
Realmontone) aveva determinato un mutamento concreto delle mansioni del
Noto, adibito esclusivamente alle funzioni di “palista”. A fronte di ciò, il datore
di lavoro non aveva fornito al dipendente un’adeguata informazione sui rischi
e formazione sulle mansioni da espletare; omissione particolarmente grave,
tenuto conto che i palisti venivano remunerati con parziale cottimo e, quindi,
erano stimolati al prelievo e trasporto di sale nella maggiore quantità possibile.
In tale contesto, uno specifico richiamo ai rischi del lavoro da svolgere
necessitava, considerato peraltro che lo svolgimento dell’attività con le pale
meccaniche in zone non di sicurezza era prassi in azienda, a cagione del cattivo
funzionamento della pala radiocomandata.
Sulla base di tali valutazioni, rilevato che la negligente condotta omissiva del
datore di lavoro Manno era stata causalmente efficiente per il verificarsi
dell’evento, la corte distrettuale confermava la pronuncia di condanna.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, lamentando :
2.1. la violazione di legge ed il difetto di motivazione laddove la Corte di
merito aveva pedissequamente riproposto in sentenza le deposizioni raccolte,
senza però dare conto dei rilievi critici mossi nei motivi di appello.
2.2. La erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione ove era stato
dato per certo che il Noto avesse mutato mansioni passando dalla miniera di
Petralia a quella di Realmontone. Invero, contrariamente a quanto sostenuto in
sentenza, anche nel certificato di idoneità al lavoro dell’aprile 2005, al Noto
erano state riconosciute le mansioni di palista-autista. Inoltre era apodittica
l’affermazione che nelle riunioni del 30\5\04 e 21\5\05 non si era svolta una
formazione antinfortunistica.

2.

1:

2.3. La erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione ove era stata
riconosciuta in capo al Manno la posizione di garanzia. Infatti la Cooperativa si
limitava a fornire manodopera alla ITALKALI, senza alcun potere organizzativo
e gestionale. La stessa pala telecomandata era di proprietà della predetta
azienda la quale, quindi, gestiva le modalità di lavoro e di utilizzo dei due tipi di
pale.
2.4. La contraddittorietà della motivazione ove la Corte di merito aveva
affermato che il Noto era consapevole dei rischi che correva andando nella
traversa “19”, ma che a ciò era stato indotto dalla prospettiva del guadagno,
però il giudice di merito non aveva tratto la conclusione che l’evento era stato
il frutto esclusivo di una condotta negligente ed abnorme della stessa vittima.
CONSIDERATO In DIRITTO
3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
3.1. La prima doglianza formulata è priva del requisito della specificità.
Vero è che il giudice di appello, nella stesura della motivazione della sentenza,
ha riportato le deposizioni testimoniali raccolte, ma tale scelta è coerente con
la funzione, anche ricostruttiva del fatto, affidata al giudice di merito in
appello.
La doglianza difensiva non spiega in alcun modo come tale tecnica redazionale
della sentenza abbia inciso sulla validità del provvedimento, considerato che la
corte distrettuale ha poi fatto seguire alla ricognizione delle deposizioni, la
esplicitazione dei criteri di valutazione della prova e la loro incidenza sulla
decisione della causa.
3.2. In ordine alle mansioni svolte dal Noto ed al loro mutamento, il giudice di
merito con coerente motivazione ha evidenziato come dalle deposizioni raccolte
(testi Brescia M., Salemi M., Mallimaci C., Iacono D.G., Fiore G., Biserta A.) era
emerso che la vittima, all’epoca dei lavori presso la miniera di Petralia aveva
svolto le mansioni di autista, spesso “esterno”, con funzioni di trasporto del
sale dalla miniera al porto. Solo dopo il trasferimento alla miniera di
Realmontone nell’ottobre 2005, pochi mesi prima dell’incidente, aveva iniziato
a svolgere le funzioni di “palista”. Tali deposizioni erano avvalorate dal
certificato di idoneità al lavoro rilasciato nell’aprile 2005, ove la qualifica
risultava essere di autista; nonché dalle buste paga da cui risultava
egualmente tale mansione.
La contraria annotazione contenuta nel libro matricola della Cooperativa non
aveva rilevanza, in quanto riferita ad un rapporto di lavoro conclusosi nel 1994.
Sulla base di tali emergenze probatorie il giudice di merito ha ritenuto
inattendibili le dichiarazioni rese dai testi Zucchetto G. e Salemi G. che
avevano riferito che ance in precedenza il Noto aveva svolto il lavoro di palista,
considerata la mole e precisione delle deposizioni contrarie avallate da riscontri
documentali.
Quanto all’affermazione difensiva, secondo cui il certificato di idoneità al lavoro
dell’aprile 2005, riconosceva al Noto le mansioni di palista-autista e non solo di
autista, tale affermazione risulta priva di autosufficienza.

3

t

3.3. Quanto alla sussistenza in capo all’imputato della posizione di garanzia,
premessa della sua responsabilità omissiva, va rammentato che questa Corte
di legittimità, con orientamento consolidato, ha statuito che “in tema di
sicurezza sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni, ai sensi dell’art. 2
D.Lgs. n. 626 del 1994, i soci delle cooperative sono equiparati ai lavoratori
subordinati e la definizione di “datore di lavoro”, riferendosi a chi ha la
responsabilità della impresa o dell’unità produttiva, comprende il legale
rappresentante di un’impresa cooperativa’ (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 32958 del
08/06/2004 Ud. (dep. 29/07/2004), Rv. 229273; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 14588 del
10/07/1986 Ud. (dep. 23/12/1986), Rv. 174722; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 9616 del
19/03/1991 Ud. (dep. 14/09/1991), Rv. 188214).

Consegue che a carico del Manno gravavano gli obblighi sicurezza propri del
datore di lavoro.
Né la causalità della sua condotta omissiva è esclusa dalla ingerenza che
l’impresa ITALKALI svolgeva nella organizzazione del lavoro in miniera. Infatti,
se il Manno avesse fornito al Noto una corretta formazione ed informazione
sulle modalità di espletamento del lavoro di palista e sui rischi specifici
connessi all’attività di lavoro in miniera, ove è necessario che le “traverse”
siano messe in sicurezza statica prima dell’inizio del prelievo del sale, il
lavoratore avrebbe avuto consapevolezza dei rischi che correva ad entrare in
una traversa non ancora stabile.
3.4. Con l’ultima censura formulata, la difesa dell’imputato ha richiamato la
giurisprudenza secondo la quale “in tema di responsabilità colposa per infortuni
…., il comportamento del soggetto che violi con consapevolezza le cautele
disposte allo specifico scopo di prevenire la presenza di persone in un’area
tipicamente ed inevitabilmente pericolosa, introducendosi arbitrariamente nel
fondo, comporta una interruzione del nesso causale tra l’evento ed ogni
violazione di prescrizioni antinfortunistiche eventualmente riferibile
all’interessato quale datore di lavoro (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 44206 del
25/09/2001 Ud. (dep. 10/12/2001), Rv. 221149). In particolare la difesa
dell’imputato ha ritenuto di cogliere una contraddittorietà della motivazione
4

In relazione all’omissione da parte del datore di lavoro dell’obbligo formativo, il
giudice di merito ha evidenziato che il debito non poteva dirsi adempito con le
riunioni svoltesi nel maggio 2004 e giugno 2005, ciò in quanto nei verbali vi
era solo un generico riferimento all’argomento “sicurezza” e pertanto non era
provato che dette riunioni fossero proprio quelle previste e volute dall’art. 22,
comma 6°, del d.lgs. 626 del 1994 (all’epoca vigente). Inoltre i testi Biserta,
Iacono avevano escluso che detti incontri fossero destinati ad attività formativa
sulla sicurezza e che a corsi destinati alla formazione avesse partecipato il
Noto.
Su tali punti le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un
dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal
giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della
vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione
della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non
apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica
illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

La infondatezza delle censure impone il rigetto del ricorso. Segue, per legge, la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2012
Il Consigliere estensore

laddove da un lato si afferma la rilevanza causale della condotta del Manno nel
fatto, mentre per altro verso si attribuisce all’ansia della vittima di lucrare sul
cottimo “misto” (più prelievi di sale più guadagno), il fatto che era entrato in una
traversa non in sicurezza.
Ebbene tale contraddittorietà è solo apparente, ove si rifletta sul fatto che
proprio la carenza di consapevolezza dei rischi della sua condotta, dovuta alla
omessa formazione ed informazione di cui si è detto al punto 3.3., ha indotto il
Noto a tenere un comportamento pericoloso che poi lo ha portato incontro alla
morte.

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