Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3283 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3283 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
LO BIANCO Salvatore, nato a Palermo il 23.8.1950;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 31.5.2013
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Massimo Galli, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito, per l’imputato, l’Avv. Gianni Caracci, quale sostituto processuale
dell’avv. Arianna Rallo, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22.5.2013, il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Marsala dispose la custodia cautelare in carcere di Lo
Bianco Salvatore, indagato per i reati di rapina, ricettazione, lesioni
personali, sequestro di persona, furto in abitazione e reati minori.
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed
il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 31.5.2013, annullò l’ordinanza
di custodia cautelare limitatamente ai reati contestati ai capi a), b), c), d)

Data Udienza: 12/12/2013

ed e) della rubrica e confermò il provvedimento impugnato con
riferimento ai capi f), g), h) ed i), relativi alla rapina consumata il
26.2.2012 in danno di Ditta Rosa e Russo Vita, della quale il LO BIANCO è
stato chiamato a rispondere quale mandante.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo:
1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 110 cod. pen., in quanto
la condotta dell’indagato integrerebbe, piuttosto che il concorso di

stesso posto in essere alcun contributo per agevolare la condotta degli
esecutori materiali;
2) la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, in rapporto
alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e alla ritenuta
sussistenza di esigenze cautelari legittimanti la misura della custodia in
carcere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, va osservato che il
ricorrente, sotto le mentite spoglie della violazione della norma penale
dell’art. 110 cod. pen. relativa al concorso di persone nel reato, lamenta
in realtà la valutazione delle prove da parte del Tribunale, con riferimento
alla partecipazione del Lo Bianco alla rapina contestata; come fa poi, più
esplicitamente col secondo motivo di ricorso, col quale lamenta la
mancanza e la manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza
impugnata in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e
delle esigenze cautelari legittimanti la misura cautelare.
Va ricordato, tuttavia, che la valutazione delle prove è riservata, in
via esclusiva, all’apprezzamento del giudice di merito e non è sindacabile
in cassazione; a meno che ricorra una mancanza o una manifesta
illogicità della motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve però
escludersi.
E invero come hanno statuito più volte le Sezioni Unite di questa
Corte «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione
ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a

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persone nella rapina, una mera connivenza non punibile, non avendo lo

riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve
essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu ocur,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di

considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le
ragioni del convincimento» (Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv
214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di
argomenti, le ragioni della loro decisione (richiamando – quanto alla
gravità degli indizi – il contenuto delle varie conversazioni intercettate,
dalle quali risulta che il Lo Bianco – con altro complice – prima della
commissione della rapina prese parte sia alla sua progettazione, che alla
sua organizzazione, impartendo agli esecutori materiali del delitto le
opportune direttive circa le modalità di esecuzione; dopo la sua
commissione, mostrò poi il suo disappunto per la non perfetta riuscita del
piano; e – quanto alle esigenze cautelari – la gravità del fatto e i
precedenti penali dell’indagato); non si ritiene, peraltro – per ovvi motivi
– di riportare qui integralmente tutte le suddette argomentazioni,
sembrando sufficiente al Collegio far rilevare che le stesse non sono
manifestamente illogiche; e che, anzi, l’estensore dell’ordinanza ha
esposto in modo coerente e ordinato le ragioni della decisione adottata,
che resiste perciò alle censure del ricorrente sul punto.
Piuttosto, sono le censure mosse col ricorso che non prendono
compiutamente in esame le argomentazioni svolte dai giudici di merito
nel provvedimento impugnato, risultando così generiche e, anche sotto
tale profilo, inammissibili, limitandosi a proporre a questa Corte una
ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella dei giudici di merito.
E tuttavia, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della
Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la

macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e

ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di
procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a
quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass, sez. 1, n. 7113 del
06/06/1997 Rv. 208241; Sez. 2, n. 3438 del 11/6/1998 Rv 210938),
dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare che se
costoro hanno dato conto delle ragioni della loro decisione e se il

provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole
e del plausibile; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato
riscontrare.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato
trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del
citato articolo 94.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale il 12.12.2013.

ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del

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