Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32794 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 32794 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ELEFANTE YURI N. IL 30/03/1992
DI MARTINO ANTONIO N. IL 13/11/1992
avverso la sentenza n. 5945/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
07/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (4~2_2, che ha concluso per ,‘ Q
cg•-0-12

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

9

Data Udienza: 02/07/2014

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con sentenza del 23 maggio 2012 il GIP del Tribunale di Napoli,
applicata la continuazione e la diminuente del rito, condannava alla
pena di anni sei di reclusione ed euro 1000,00 di multa ciascuno
Elefante Yuri e Di Martino Antonio, imputati, in concorso tra loro,
dei reati di: detenzione illegale di un fucile cal. 12 con canne
tagliate e relative munizioni (capo A); porto in luogo pubblico del
fucile predetto (capo B); detenzione dello stesso fucile non
catalogato nel registro nazionale eppertanto arma clandestina (capo
C); porto in luogo pubblico dell’arma clandestina detta (capo D);
ricettazione del fucile detto (capo E); resistenza a pubblico ufficiale
(capo F); danneggiamento di una autovettura dei CC (capo G), reati
tutti aggravanti ai sensi dell’art. 7 L. 203/1991 e compiutamente
descritti in rubrica.
In seguito alla impugnazione degli imputati, la Corte di appello di
Napoli, con sentenza del 7 dicembre 2012, riformava la pronuncia
di prime cure e per l’effetto assolveva gli imputati dai reati di cui ai
capi C) e D) della rubrica rideterminando la pena, esclusa
l’aggravante di cui all’art. 7 1. 203/1991, in anni tre e mesi otto di
reclusione ed euro 600,00 di multa per ognuno degli appellanti.
A sostegno della decisione la corte distrettuale, preso atto dei
motivi di gravame, valorizzava, quanto alla contestata colpevolezza
degli imputati, il verbale del loro arresto e quello di perquisizione,
nonché la relazione di servizio degli operanti e quanto alle richieste
relative alla concessione delle attenuanti generiche in favore
dell’Elefante ed alla riduzione di pena per entrambi gli imputati, la
circostanza che non emergevano dati fattuali giustificativi di una
favorevole considerazione delle domande difensive anche per la
“non modesta pericolosità” dimostrata dai prevenuti.
2. Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, assistiti dal
comune difensore di fiducia, il quale nel loro interesse ha depositato
distinti atti di impugnazione dal contenuto però perfettamente
sovrapponibile.
2.1 Col primo motivo di ricorso denuncia la difesa ricorrente, si
ribadisce, per entrambi gli imputati ancorchè in atti distinti,
violazione delle lettere a), b), c), d), e) ed f) del primo comma
dell’art. 606, in particolare osservando: con l’atto di appello la
difesa aveva dimostrato il netto contrasto esistente tra il verbale di
arresto e quello di perquisizione, entrambi del 24 settembre 2011,
da una parte, e l’annotazione di servizio redatta il 6 ottobre
i

successivo, dopo l’interrogatorio di Elefante Yuri, dall’altra; palese
appare il tentativo di ovviare, con l’annotazione richiamata, alle
contraddizioni degli atti precedenti; nel verbale di arresto si legge
infatti che “i due giovani”, “sbandando” mentre si trovavano sul
motociclo con il quale tentavano di darsi alla fuga, facevano
“cadere un fucile prima di cadere essi stessi” perdendo, in tale
frangente, sei cartucce cal. 12; nel verbale di perquisizione, invece,
si legge che i due giovani si disfacevano di un fucile a canne mozze
con due cartucce cal. 12 all’interno; nell’annotazione del 6 ottobre
successivo si legge infine che tre delle cartucce sono state ritrovare
lungo il dirupo lungo il quale il De Martino era riuscito a darsi alla
fuga; di qui la incompatibilità strutturale delle versioni riportate nei
tre atti richiamati e, di conseguenza, la contraddittorietà della
motivazione di condanna della corte distrettuale, che supera le
contraddizioni dette negandole apoditticamente.
2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa
ricorrente violazione dell’art. 533 c.p.p. co. 2 nonché difetto di
motivazione in relazione alla omessa specificazione dei criteri di
aumento della pena per la continuazione, in particolare osservando:
nel caso in esame la corte di merito ha provveduto alla
determinazione della pena attraverso la indicazione del reato più
grave, ma senza specificare l’aumento di pena per ogni singolo
aumento; tanto integra vizio della motivazione tenuto conto della
scindibilità del cumulo sanzionatorio in sede esecutiva; nel caso in
esame l’aumento di pena per la continuazione (anni tre) ha superato
la stessa pena base (anni due di reclusione), di guisa che si
imponeva la motivazione per consentire all’imputato il controllo
circa l’uso del relativo potere discrezionale del giudice.
3. I ricorsi sono manifestamente infondati.
3.1 Ed invero, quanto al primo motivo di doglianza, le esposte e
pretese contraddizioni si appalesano, per un verso, di incerta
definizione e, per altro verso, comunque del tutto irrilevanti ai fini
dell’affermazione di colpevolezza. Gli imputati fuggivano alle forze
dell’ordine su un motociclo portando con loro, poco importa, se
l’uno o l’altro in particolare, un fucile a canne mozze, la cui
detenzione ed il cui porto correttamente è stato contestato ad
entrambi gli imputati in concorso tra loro. Se poi le cartucce fossero
o meno nell’esclusivo possesso di uno degli imputati, ovvero di
entrambi, e se le cartucce possedute fossero sei o di più, sono
circostanze che non mutano né la rilevanza penale del fatto
giudicato, né la correttezza delle contestazioni di reato mosse con le
imputazioni.
2

81 c.p., come peraltro rammentato dallo stesso difensore ricorrente,
la mancata quantificazione dei singoli aumenti per ciascuno dei
plurimi reati portati in continuazione di quello più grave non integra
alcuna violazione di legge ed il complessivo trattamento
sanzionatorio è stato motivato nel caso in esame richiamando i
criteri dell’art. 133 c.p., in particolare la gravità delle condotte, in
uno con le valutazioni oggettive e soggettive della vicenda
argomentate in sentenza.
E’ noto infatti che, in tema di determinazione della misura della
pena, il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica,
della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art.
133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione:
tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non
postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi
in concreto (Cass., Sez. II, 19/03/2008, n. 12749).
Alla stregua delle esposte considerazioni i ricorsi vanno quindi
dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei
ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del
procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende,
somma che si stima equo fissare in euro 1000,00 per ognuno.
P. T. M.

la Corte, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di euro
1000,00 alla cassa per le ammende.
Così deciso in Roma, addì 2 luglio 2014
Il cons. est.
IflPrider

3.2 Quanto, invece, agli aumenti di pena per l’applicazione dell’art.

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