Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3278 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3278 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GENTILE DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LIARDO NICOLA N. IL 18/02/1974
avverso l’ordinanza n. 147/2013 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 06/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GENTILE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 12/12/2013

CONSIDERATO IN FATTO
1.1)41 GUP presso il Tribunale di Caltanissetta , con ordinanza del
29.04.2013 , rigettava la richiesta di dichiarazione di inefficacia , per scadenza del
termine, della misura cautelare in carcere in atto nei confronti di :
LIARDO NICOLA
già condannato in primo grado all’esito del giudizio abbreviato con sentenza del
19.12.2012;
-la richiesta di inefficacia della misura cautelare era avanzata ai sensi
dell’art. 300/co.4 CPP, relativamente ai reati di cui ai capi 32) e 33) della rubrica
per i quali era intervenuta condanna ad una pena inferiore al periodo di custodia
cautelare già sofferto dall’imputato;
-il Gup e, successivamente in sede di impugnazione anche il Tribunale per
il riesame, rigettavano l’istanza sul presupposto che il termine di custodia cautelare
andava rapportato non già alle singole pene irrogate per ciascuno dei reati ai capi 32)
e 33), ma andava calcolato sulla scorta dell’intera pena irrogata per tutti i reati per
i quali era vigente il titolo cautelare e, poiché la pena irrogata per tutti i reati
contestati era stata di anni 15 e mesi 4 di reclusione, la durata del termine di fase
della custodia cautelare andava rapportata a tale pena complessiva, sicché non era
ancora decorso il termine di fase della custodia cautelare.
2.0)-Avverso tale decisione , ricorre per cassazione il difensore di Liardo
Nicola,
MOTIVI ex art. 606 ,1° co , lett. c) e) c.p.p.
1)-violazione dell’art. 300/co. 4 CPP atteso che la durata delle misure cautelari , sia
nella fase delle indagini cautelari che nelle fasi successive, è stabilita in relazione
alla pena prevista per ogni singolo reato, sicché lo spirare del termine per ogni reato
deve essere oggetto di pronuncia anche se solo formale , restando efficace la misura
per i reati che prevedono termini più lunghi;
2)-violazione dell’art.297/co.2 CPP per avere rigettato la richiesta di retrodatazione
del termine di durata della seconda misura cautelare alla data di emissione della
prima misura cautelare sugli stessi fatti poi riuniti per continuazione con quello di
cui al presente procedimento;
-al riguardo si censura la motivazione per avere affermato in maniera apodittica
che i fatti di cui alla seconda misura non erano desumibili all’epoca dell’emissione
della prima ordinanza cautelare , senza indicare le date di tutte le fonti che avevano
contribuito all’emissione della seconda misura cautelare;
-la motivazione era affetta anche da illogicità giacchè, per un verso , aveva
affermato che tale ultima valutazione non era possibile allo stato degli atti e, per
altro verso, aveva concluso che mancava il requisito della desumibilità al momento
dell’emissione della prima misura.
CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

1

Udito il Sostituto Procuratore Generale dott. Galli Massimo che ha concluso per il
rigetto del ricorso ;
Letti il ricorso ed i motivi proposti;

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.1)-Quanto alla censura sula decorrenza del termine di custodia cautelare da
rapportarsi ad ogni singolo reato, il ricorrente sembra fare riferimento alla
Giurisprudenza di questa Corte ove, in alcune occasioni, si è statuito (vedi Cass.
Pen. Sez. V, 12 gennaio 2006, ric. Cadinu) che l’espressione “entità della pena
irrogata” recata dall’art. 300 c.p.p. comma 4, deve intendersi nel senso di “pena
determinata” per ciascun reato a norma dell’art. 533 c.p.p. comma 2, prima
dell’applicazione delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione.
3.2)-In realtà tale questione è stata affrontata e risolta dalle SS UU di questa Corte
Cassazione penale, sez. un., 26/03/2009, n. 25956, ove , premesso il testo della
norma della cui interpretazione si discute, l’art. 300 c.p.p., comma 4: “La custodia
cautelare perde… efficacia quando è pronunciata sentenza di condanna, ancorchè
sottoposta a impugnazione, se la durata della custodia cautelare già subita non è
inferiore all’entità della pena irrogata”; si è osservato :
-come la questione controversa si incentra sul significato dell’espressione “entità
della pena irrogata” quando la sentenza di condanna riguardi un reato continuato e il
titolo cautelare riguardi soltanto un reato in continuazione, e non la violazione più
grave;
-Al riguardo , la sentenza sopra menzionata, richiama le SS UU Cass. Pen. 26
febbraio 1997, Mammoliti, che ha affermato il principio di diritto secondo cui, ai fini
dell’art. 300 c.p.p., comma 4, nel caso di condanna per più reati avvinti dalla
continuazione, qualora solo per il reato o per i reati satellite sia in corso una misura
cautelare custodiale, la pena a cui occorre fare riferimento per verificare se la durata
della custodia cautelare subita sia non inferiore ad essa è quella concretamente
inflitta per il reato o (complessivamente) per i reati satellite cui si riferisce la custodia
cautelare.
-Ciò posto, va osservato che la tesi sostenuta nel ricorso non è sostenibile, in primo
luogo, sul piano puramente lessicale.
L’art. 300 c.p.p., comma 4, fa riferimento “all’entità della pena irrogata”, che è
evidentemente quella che deve potenzialmente essere posta in esecuzione per ciascun
reato, altra essendo la pena che il giudice “stabilisce” provvisoriamente (e cioè a
livello di tassazione del disvalore del singolo reato), a norma dell’art. 533 c.p.p.,
comma 2, alla quale, in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla
continuazione, deve appunto fare seguito la determinazione della pena che deve
essere “applicata”.
Se si pongono quindi a raffronto le espressioni dell’art. 300 c.p.p., comma 4, e
dell’art. 533 c.p.p., comma 2, a “pena irrogata” corrisponde concettualmente e
giuridicamente “pena applicata” e non certamente “pena stabilita” prima del calcolo
finale derivante dalla continuazione.
Ma anche altre considerazioni che si fondano sulla ratio della disposizione in esame
conducono al medesimo risultato interpretativo:
-come è noto, la previsione dell’art. 300 c.p.p., comma 4, riproduttiva di quella
contenuta nell’art. 290, comma 4, del Progetto Preliminare del 1978, si fonda sul
principio di proporzionalità (art. 275 c.p.p., comma 2, nonchè art. 299 c.p.p., co. 2),

2

I motivi di ricorso sono infondati.

3.3)-Conclusivamente, nel caso di “pena irrogata” per il reato continuato (stesso
discorso valendo per il concorso formale di reati), qualora il titolo cautelare riguardi
solo il reato o i reati meno gravi, è dunque la porzione di pena determinata in
aumento, in applicazione del criterio di cumulo giuridico di cui all’art. 81 cpv. c.p.,
che deve essere considerata, a norma dell’art. 300 c.p.p., comma 4, per verificare se
essa sia pari o inferiore alla durata della custodia cautelare già subita, dato che è solo
tale porzione di pena quella potenzialmente da porre in esecuzione con riferimento al
reato o ai reati per i quali è in corso la custodia cautelare. (vedi già citata :
Cassazione penale, sez. un., 26/03/2009, n. 25956 )
3.4)-Nel caso in esame, tuttavia, tale principio non è applicabile , atteso che il
Tribunale ha sottolineato incisivamente come il titolo cautelare non riguarda solo i
reati minori di cui ai capi 32) e 33) ma è stato applicato per tutti i reati per i quali è
intervenuta la condanna per complessivi anni 15 e mesi 4 di reclusione, sicchè il
termine di fase della Custodia cautelare va rappòrtato alla pena in concreto irrogata
per tutti i reati per i quali vige il titolo custodiale, in applicazione del principio per il
quale in tema di durata della custodia cautelare, ai fmi della individuazione del
termine di fase allorché vi sia stata sentenza di condanna, in primo o in secondo
grado, occorre aver riguardo alla pena complessivamente inflitta per tutti i reati per i
quali è in corso la misura della custodia cautelare, e quindi alla pena unitariamente
quantificata a seguito dell’applicazione del cumulo materiale o giuridico per
riconoscimento del vincolo della continuazione. Cassazione penale, sez. un.,
31/05/2007, n. 23381
3.5)-Corre l’obbligo tuttavia, di evidenziare come tale principio sia conseguente
anche a quello con il quale si è stabilito che nell’ipotesi in cui la restrizione dello
“status libertatis” debba protrarsi per altro reato più grave, l’imputato non ha interesse
ad ottenere un provvedimento di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di
fase della custodia cautelare in ordine al reato meno grave, salvo che prospetti
l’esistenza di un interesse concreto ed attuale all’adozione di tale pronuncia;
Cassazione penale, sez. VI, 08/01/2009, n. 2721 e, difatti, il ricorrente nulla ha
osservato al riguardo, ammettendo anzi, come i reati per i quali si chiedeva la
retrodatazione non fossero quelli più gravi per i quali era stata disposta la misura
cautelare.

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con il quale a tutta evidenza contrasterebbe il permanere di una misura custodiale
quando la sentenza di condanna, sia pure non esecutiva, preveda una pena uguale o
inferiore alla custodia subita;
-sempre in chiave di ricostruzione della ratio della disposizione, va poi considerato
l’inciso “ancorchè sottoposta a impugnazione”, che, accomunando in una stessa
prospettiva le sentenze di condanna sottoposte a impugnazione a quelle esecutive
(per le quali ultime vale il principio di computabilità della custodia cautelare nella
pena, ex art. 657 c.p.p.), rende certi che con l’espressione “entità della pena irrogata”
s’intenda fare riferimento alla pena concretamente eseguibile, e non alla pena
idealmente adeguata a ciascuna fattispecie criminosa, quale sarebbe quella che in
caso di concorso di reati prevede l’art. 533 c.p.p., comma 2, prima parte, o alla pena
minima irrogabile in base alle previsioni edittali per il reato isolatamente considerato

3.7)-Consegue il rigetto del ricorso e la condanna alle spese ex art. 616 c.p.p. ; Si
provveda a norma dell’art.94/1ter disp. att. cpp

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3.6)-Ugualmente infondato risulta il motivo relativo all’omessa applicazione del
principio di retrodatazione di cui all’art. 297/co.3 CPP.
-Va premesso che la prima ordinanza cautelare cui fa riferimento il ricorrente (per
quello che emerge dal testo dell’ordinanza impugnata, essendo invece generico sul
punto il motivo di ricorso) riguarda il reato per il quale il Licardo è stato tratto in
arresto in data 17.01.2009 , successivamente definito con sentenza in data
27.05.2009 emessa con il rito ex art. 444 CPP ; reato poi riunito con il vincolo della
continuazione con quello contestato in questo procedimento al capo 60) e per il
quale è stata emessa altra misura cautelare.
-Il ricorrente rileva che i fatti di cui al capo 60) sono antecedenti a quelli di cui
alla prima ordinanza cautelare sicchè ritiene che la retrodatazione debba operare
automaticamente.
-Al riguardo, il provvedimento impugnato sottolinea del tutto correttamente che tale
principio può applicarsi solo a condizione che le due ordinanze cautelari riguardino
lo stesso fatto e siano intervenute nell’ambito del medesimo procedimento ,
Cassazione penale, sez. II, 15/07/2011, n. 29132, circostanza che non ricorre nella
specie ove i procedimenti erano diversi e sono stati decisi in tempi e modi diversi;
-ne consegue che alla specie va applicato l’ulteriore principio per il quale, in tema di
contestazione a catena, la retrodatazione della decorrenza del termine di custodia
cautelare può essere dedotta anche in sede di riesame solo se per effetto della
retrodatazione lo stesso termine sia interamente scaduto al momento dell’emissione
del secondo provvedimento cautelare e se tutti gli elementi risultino desumibili
dall’ordinanza che ha disposto la misura coercitiva. Cassazione penale, sez. un.,
19/07/2012, n. 45246
-circostanza quest’ultima che il Tribunale, con accertamento in fatto non sindacabile
in questa sede (ove per altro il ricorrente non ha dedotto alcun dato fattuale
concreto) , ha ritenuto non sussistente atteso che: -la prima ordinanza cautelare ,
del 20.01.2009, è stata emessa in sede di convalida dell’arresto del Licardo sorpreso
nella flagranza del reato di spaccio di stupefacenti; mentre: -la seconda ordinanza
cautelare è stata emessa a seguito di “fonti dichiarative che hanno riferito in merito
all’interesse del Licardo nel settore degli stupefacenti” e a seguito di indagini
protratte nel tempo anche successivamente alla prima ordinanza.
-Con tale motivazione il Tribunale ha congruamente evidenziato come all’epoca
dell’emissione della prima ordinanza, generata da un fatto occasionale e specifico,
non erano ancora desumibili nella loro interezza, tutti fatti e tutti i reati che hanno
generato la seconda ordinanza cautelare, in tal modo rispettando il principio sopra
richiamato per il quale in tema di contestnzione a catena, la retrodatazione della
decorrenza del termine di custodia cautelare può essere dedotta anche in sede di
riesame solo se tutti gli elementi risultino desumibili dall’ordinanza che ha disposto
la misura coercitiva. Cassazione penale, sez. un., 19/07/2012, n. 45246

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma &n’art. 94 comma 1 ter dposik. attuak. c.p.p.

Così deliberato in camera di consiglio , il 12.12.2013

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