Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3277 del 21/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3277 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Esposito Vincenzo, nato il 10/06/1963;

Avverso l’ordinanza n. 168/2015 emessa il 22/05/2015 dal G.I.P. del
Tribunale di Napoli;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Paolo
Canevelli, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata;

Data Udienza: 21/12/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 22/05/2015 il G.I.P. del Tribunale di Napoli,
quale giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza formulata
nell’interesse di Vincenzo Esposito, ai sensi degli artt. 666 e 673 cod. proc. pen.,
finalizzata a ottenere la rideterminazione della pena originariamente inflitta
all’esecutato con sentenza irrevocabile emessa dallo stesso organo
giurisdizionale il 16/07/2013, quantificata in anni quattro e mesi otto di

hashish e 0,3973 grammi di cocaina.
La declaratoria di inammissibilità, in particolare, veniva giustificata sul
presupposto che la pena irrogata all’esecutato, tenuto conto del fatto che si
contestava all’Esposito anche la detenzione di 0,3973 grammi di cocaina, non
consentiva l’applicazione dei parametri ermeneutici affermati nella sentenza della
Corte costituzionale 11 febbraio 2014, n. 32, limitati alla sola detenzione delle
cosiddette droghe leggere, rientrava nei limiti della pena edittale.

2. Avverso tale ordinanza l’Esposito, a mezzo del suo difensore, ricorreva
per cassazione, eccependo la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione ed
erronea applicazione della legge penale.
Si deduceva che, nel caso di specie, non si era tenuto conto dell’effettiva
incidenza della cessione di cocaina ai fini della rideterminazione della pena
irrogata, tenuto conto dei parametri ermeneutici affermati nella sentenza della
Corte costituzionale n. 32 del 2014.
Ne discendeva che, nel caso in esame, si sarebbe dovuto applicare un
criterio di proporzionalità della sanzione, in ragione del fatto che, pur non
potendo entrare nel merito della vicenda processuale, il Tribunale di Napoli non
poteva limitarsi a calcolare la pena sulla base dei parametri edittali previsti
dall’attuale normativa, ma doveva rivalutare i fatti delittuosi tenendo conto della
detenzione di cocaina, così come contestata.
Per queste ragioni processuali, l’ordinanza impugnata doveva essere
annullata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

In via preliminare, deve rilevarsi che l’ordinanza impugnata risulta

adottata dal G.I.P. del Tribunale di Napoli de plano, in violazione delle formalità
previste a pena di nullità assoluta dall’art. 666 cod. proc. pen., che impone lo

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reclusione e 20.000,00 euro di multa, per la detenzione di 743,795 grammi di

svolgimento del procedimento esecutivo nel contraddittorio delle parti, a pena di
nullità, rilevante ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen.
Infatti, il procedimento esecutivo deve sempre svolgersi, previo avviso alle
parti e ai difensori, con la partecipazione del pubblico ministero e con
l’obbligatoria assistenza del difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, ai fini della
regolare instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che qualora il giudice
dell’esecuzione abbia, invece, omesso di fissare l’udienza in camera di consiglio e
abbia adottato un provvedimento de plano fuori dei casi espressamente stabiliti

rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli artt. 178
e 179 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 3, n. 11421 del 29/01/2013, Prediletto, Rv.
254939).
Nel caso di specie, la patologia processuale da cui risulta affetto il
provvedimento impugnato è incontestabile, alla luce della giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui: «È affetta da nullità l’ordinanza con cui il giudice
dell’esecuzione, anziché decidere nel contraddittorio camerale con l’osservanza
delle formalità di cui all’art. 666 commi terzo e quarto cod. proc. pen., si
pronunci, al di fuori delle ipotesi di inammissibilità per manifesta infondatezza o
mera riproposizione di richiesta già rigettata, contemplate dallo stesso articolo,
“de plano”» (cfr. Sez. 3, n. 3550 del 20/06/2007, Manzo, Rv. 237529).

2. Il rilievo di cui al punto che precede risulta assorbente rispetto alla
doglianza riguardante la disciplina applicabile nelle ipotesi in cui si procede per il
reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, dopo la sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 2014, con cui veniva dichiarata l’incostituzionalità degli
artt. 4 bis e 4 vicies del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, pur imponendo di
richiamare sinteticamente i principi di diritto affermati da questa Corte, ai quali
in sede di rinvio ci si dovrà conformare.
Deve, in proposito, rilevarsi che la questione sollevata dalla difesa
dell’Esposito – riguardante l’ipotesi in cui nel procedimento presupposto è
contestata sia la detenzione di hashish che la detenzione di cocaina – è stata
oggetto di approfondimento da parte della giurisprudenza di legittimità, che ha
osservato come, nell’ipotesi di contestuale detenzione di droghe leggere e
droghe pesanti, l’intervenuta modifica del quadro edittale di riferimento impone
di accertare quale sia, nel caso concreto, la relazione esistente tra le due forme
di detenzione. La necessità di tale accertamento consegue al fatto che la
modifica dei parametri edittali applicabili al caso in esame deriva dalla
declaratoria di incostituzionalità richiamata, che ha dato origine a disposizioni

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dalla legge, si determina una nullità di ordine generale e di carattere assoluto,

normative che identificano autonomi fatti delittuosi e cornici edittali diverse
nell’entità delle pene previste.
Queste conclusioni discendono dall’applicazione del principio di diritto,
applicabile al caso di specie, secondo cui: «In tema di stupefacenti, stante la
reviviscenza dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel testo anteriore alle
modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n.272, convertito con
modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, successivamente dichiarate
incostituzionali dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 – in base

stupefacenti appartenenti a tabelle diverse – nell’ipotesi di condanna per
contestuale possesso di “droghe leggere” e “droghe pesanti”, deve essere
annullata la sentenza di merito che non abbia specificato la relazione
intercorrente tra le condotte aventi ad oggetto le distinte sostanze stupefacenti,
potendo la stessa incidere sul trattamento sanzionatorio applicabile» (cfr. Sez. 4,
n. 38125 del 05/06/2014, Marletta, Rv. 260719).

3. Queste ragioni impongono l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza
impugnata, cui consegue la trasmissione degli atti al G.I.P. del Tribunale di
Napoli per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al
G.I.P. del Tribunale di Napoli per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 dicembre 2015.

al quale sono configurabili distinti reati per la detenzione illecita di sostanze

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