Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32760 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32760 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto ela:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
APRILE GUGLIELMO N. IL 12/08/1953
DI GENNARO FRANCESCO N. IL 10/12/1956
PELLONE FRANCESCO N. IL 08/03/1960
BERTOLI CESARE N. IL 02/10/1954
LANDOLFI ANTONIO N. IL 31/03/1977
avverso l’ordinanza n. 186/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
27/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 29/05/2014

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
– Uditi, per Pellone Francesco e Aprile Guglielmo, l’avv. Andrea Abbagnano,
anche in sostituzione dell’avv. Paolo Stravino; per Di Gennaro Francesco l’avv.
Mario Imbimbo; per Landolfi Antonio, l’avv. Giovanni Gurgo.

RITENUTO IN FATTO

18/19/ dicembre 2013, applicava ad Aprile Guglielmo, Pellone Francesco, Bertoli
Cesare, Di Gennaro Francesco e Landolfi Antonio misure cautelari personali per
bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione al fallimento della Polo della
Qualità scarl, dichiarato in Napoli il 10 settembre 2010.
Secondo l’accusa i cinque indagati avrebbero posto in essere una complessa
attività, protrattasi per anni, volta a depauperare, in danno dei creditori, il
patrimonio della società fallita, operando l’Aprile quale Presidente del Consiglio di
amministrazione della società, Landolfi quale componente del consiglio di
amministrazione, Pellone quale consulente fiscale e contabile della società,
Bertoli quale amministratore di FNUYO spa e Di Gennaro Francesco quale
amministratore della FNUYO spa.
L’attività distrattiva si sarebbe dipanata nel modo seguente:
– Aprile Guglielmo e Di Gennaro Francesco promuovevano la costituzione, agli
inizi degli anni 2000, della FNUYO spa (la cui compagine sociale era composta da
Francesco Di Gennaro, con una quota del 99%, e da Bertoli Cesare, con una
quota dell’1%), che acquistava dalla SPESS – Società per lo Sviluppo Sud – spa
(società controllata dagli stessi Aprile Guglielmo e Di Gennaro Francesco) una
vasta area edificabile;
– la Polo della Qualità scarl, costituita ad agosto del 2001, acquistava tra gennaio
2002 e dicembre 2003 dalla FNUYO spa l’area sopra specificata, pagandola ad un
costo unitario (C 47,90 a mq) di gran lunga superiore a quello versato in favore
di altri alienanti (ASI Caserta, Comune di Marcianise, Eredi Croce, a cui veniva
corrisposto il prezzo di C 17,90 a mq), consentendo in tal modo alla FNUYO spa
di lucrare, senza giustificazione di mercato, un corrispettivo di C 3.000.000;
– la Polo della Qualità scarl affidava “fittiziamente” alla FNUYO spa, con contratto
di appalto, la realizzazione di un complesso industriale e commerciale per il
prezzo di 90 milioni di euro, autorizzando l’appaltatrice – priva di una propria
struttura imprenditoriale – a sub-appaltare le opere (cosa che in effetti avveniva
a favore della RECECOM scarl);
– il costo dei lavori veniva fatto lievitare, in fase di esecuzione (da giugno 2003 al
mese di luglio del 2007), da 90 a 135 milioni di euro;
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1. Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con ordinanza del

- essendo sorta controversia (che si assume strumentale) tra committente e
appaltatrice sull’esatto importo dei lavori, veniva avviata procedura arbitrale con
nomina di arbitro unico (invece che di un collegio arbitrale, secondo le previsioni
contrattuali) nella persona di Chianese Michele, che riconosceva il diritto della
FNUYO spa alla corresponsione di ulteriori 17.8848.412 euro (lodo del maggio
2008);
– per far fronte alla maggiore esposizione connessa al contratto d’appalto, Polo
della Qualità scarl concludeva con Mediocredito Centrale spa e Mercantile Leasing

propri immobili, per l’importo di 25 milioni di euro, utilizzati per eseguire
pagamenti preferenziali a favore di istituti bancari, del notaio rogante e della
stessa FNUYO spa.
Agli amministratori della Polo della Qualità scarl è contestato anche di
avere, per portare a termine il proposito distrattivo, proseguito l’attività di
impresa in regime di sottocapitalizzazione per intervenuta perdita del capitale
sociale, occultata nel bilancio del 2008 (riferito all’esercizio 2007) con la
sopravvalutazione delle rimanenze (per circa 7.000.000 di euro) e la
rivalutazione delle immobilizzazioni materiali (per oltre 7.500.000 euro).

2. Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza del 27/1/2014, ha annullato
la decisione sopra detta per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e
assenza di esigenze cautelari.
A giudizio del Tribunale, la complessa vicenda sopra descritta è passibile di
lettura diversa rispetto a quella ipotizzata dalla pubblica accusa: quella di un
progetto imprenditoriale ambizioso finito male, in cui manca il proposito
distrattivo imputato agli amministratori e a quelli che sono venuti in contatto con
loro. A tale conclusione i giudici del Tribunale del riesame sono pervenuti
esaminando i singoli passaggi della complessa vicenda, rilevando che Polo della
Qualità scarl e FNUYO spa avevano compagini sociali diverse, per cui la creazione
di diverse entità societarie trovava logica spiegazione nella volontà di tutti gli
imprenditori coinvolti di dividersi compiti e rischi d’impresa; che l’attribuzione, ai
terreni che la societa fallita acquistò dalla FNUYO spa, di un prezzo maggiore
trovava logica spiegazione nel diverso valore dei terreni stessi; che l’affidamento
dell’appalto alla FNUYO trovava spiegazione nella necessità di tenere distinte le
diverse attività e i compiti di ciascuna società; che la lievitazione del prezzo era
stato convincentemente spiegata con l’allargamento del progetto e l’esecuzione
di opere non previste nel capitolato originale; che l’affidamento dell’arbitrato ad
un arbitro unico (invece che ad un collegio) era stata spiegata, anche in questo
caso convincentemente, con la necessità di contenere i costi della procedura; che
la stipula, alla fine del 2007, del contratto di sale and leaseback aveva una sua
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spa, nel mese di dicembre 2007, un contratto di sale and leaseback relativo a

logica economica, essendo diretto a procurare liquidità per il completamento del
progetto e tacitare i creditori che avevano concesso i mutui più onerosi (quelli a
breve termine) ed erano assistiti da garanzie ipotecarie. Infine, sulla scorta di
una consulenza tecnica di parte (da parte degli indagati) e di una certificazione
redatta il 18 luglio 2008 dalla società di revisione Price Waterhouse, il Tribunale
ha escluso che il contratto di sale and leaseback in questione fosse stato
stipulato in una situazione di decozione societaria, posto che il bilancio al 31
dicembre 2007 rappresentava fedelmente la situazione patrimoniale e finanziaria

Dal punto di vista delle esigenze cautelari, il Tribunale, tenuto conto del tempo
trascorso dai fatti e della personalità degli indagati, ha escluso, ad ogni modo,
l’esistenza di esigenze cautelari che giustificassero l’applicazione della misura.

3.

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il Procuratore della

Repubblica presso il Tribunale di Napoli per illogicità e contraddittorietà della
motivazione. Lamenta che il Tribunale si sia, da una parte, appiattito sulle
spiegazioni fornite dagli indagati, senza operare un vaglio critico delle stesse
(tanto è avvenuto – sostiene – per le ragioni allegate a sostegno della decisione
di costituire la FNUYO e ai motivi per cui il socio maggioritario si è fatto schermo
di una società fiduciaria; alla determinazione del prezzo d’acquisto dell’area
edificabile; alla scelta dell’arbitro unico; al mancato esercizio del rimedio di cui
all’art. 2932 cod. civ. nei confronti dei debitori morosi); dall’altro, che abbia
travisato il senso di alcune critiche mosse all’operato degli amministratori (ciò in
relazione ai maggiori esborsi effettuati a favore della FNUYO, che devono
ritenersi illegittimi non perché relativi a lavori non effettuati, ma perché avvenuti
in epoca di “difficoltà finanziaria” e costituenti, perciò causa decisiva del
dissesto; in relazione al contratto di sale and leaseback, illecito perché stipulato
nell’interesse esclusivo dei creditori maggiori e quando la società versava già in
condizione di illiquidità). Inoltre, che abbia negato la falsità del bilancio al
31/12/2007 sulla base di prospettazioni di parte e senza tener conto del
motivato giudizio espresso dal collegio dei curatori.

4. In data 22/5/2014 i difensori di Francesco Di Gennaro e Cesari Bertoli hanno
depositato memoria nella cancelleria di questa Corte, con cui hanno chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

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della società.

1. Il provvedimento impugnato è sorretto da due ratio decidendi: l’assenza di
gravi indizi di colpevolezza, potendosi e dovendosi ragionevolmente interpretare
la complessa vicenda alla luce delle spiegazioni fornite dagli indagati e dai loro
difensori (i quali hanno parlato di un progetto imprenditoriale finito male) e
l’assenza di esigenze cautelari, cui dover far fronte con la misura richiesta. A
fronte di tale articolata motivazione, l’impugnante contesta il ragionamento
spiegato dal giudice del riesame in ordine alla sussistenza del reato e alla
responsabilità degli indagati, ma non spende parola per criticare il giudizio sulla

è già di per sé sufficiente a determinare l’inammissibilità del ricorso, giacché la
ritenuta assenza di esigenze cautelari, non adeguatamente confutata, comporta
che nessuna misura può essere applicata o mantenuta nei confronti dei soggetti
di questa vicenda giudiziaria.

2. A tanto va aggiunto che il percorso motivazionale della provvedimento
impugnato, relativo alla gravità indiziaria, non presenta alcuno dei vizi lamentati
dal ricorrente e si lascia apprezzare, anzi, per completezza di esame e
congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo della decisione.
I giudici del riesame hanno passato sotto lente – servendosi anche degli
apporti difensivi, che il Pubblico Ministero ricorrente ha indebitamente
accantonato – tutti i passaggi dell’articolato ragionamento accusatorio, rilevando
che nessuno di essi presenta l’univoca valenza ad essi attribuita dagli organi
dell’accusa. Infatti:
a) la spiegazione fornita intorno alla necessità (ma anche solo alla “opportunità”,
che non compete al Pubblico Ministero sindacare) di creazione – per l’attuazione
del progetto – di diverse entità societarie, aventi peraltro una diversa compagine,
è congrua e risponde a logiche imprenditoriali lecite, dacché era effettiva
l’esigenza di dividere compiti e rischi d’impresa. Il fatto, poi, che una di esse (la
FNUYO spa) era partecipata da una società fiduciaria non toglie nulla alla liceità
dell’operazione, quali che siano i motivi per cui gli interessati si siano decisi a
servirsi di uno schermo societario;
b)

nessun concreto argomento è stato speso dal Pubblico Ministero per

contrastare il giudizio sul valore dei terreni acquistati dalla società fallita, posto
che effettivamente terreni contigui possono avere valori molto diversi a seconda
della ubicazione, della destinazione e della conformazione. E il Tribunale spiega senza ricevere risposte a tono – che “il terreno acquistato dalla FNUYO era
centrale, non sottoposto ad alcun vincolo di edificabilità, ed era, perciò, di
maggior pregio e valore rispetto a quelli limitrofi, anche perché costituiva il
nucleo essenziale dell’investimento”;

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a)

non attualità delle esigenze cautelari. Tale incompletezza dell’atto impugnatorio

c) la necessità di tenere distinte le diverse attività e i compiti di ciascuna società
spiega a sufficienza perché i lavori di esecuzione del “Polo” furono affidati alla
FNUYO spa; società che rimandava, seppur parzialmente, alla stessa compagine
sociale e lasciava presumere un maggiore impegno nell’esecutore dei lavori;
inoltre, – si può aggiungere – consentiva una distribuzione più favorevole dei
profitti (sperati);
d) la lievitazione dei costi è stata spiegata – congruamente – con l’ampliamento
del progetto originario. Circostanza – decisiva – su cui la pubblica accusa tace,

all’esecuzione di maggiori lavori. Il rapporto tra maggiori lavori e dissesto
societario, però, oltre ad essere assertivo, non è in linea con l’accusa (incentrata
sulla distrazione) e lascia intravedere, se provato, una responsabilità ben
diversa, e minore, rispetto a quella che ha portato alla richiesta di misura
cautelare;
e) nessuna illogicità presenta il ragionamento concernente la scelta dell’arbitro
unico. Sia che si sia appiattita sulle giustificazioni fornite dagli indagati, sia che
abbia sviluppato un ragionamento originale, la spiegazione data dal Tribunale del
riesame è idonea a espungere questo dato dall’elenco delle “anomalie” imputabili
ai prevenuti. Né possono valere, sul punto, i sospetti o le intuizioni della pubblica
accusa, in assenza di elementi indiziari certi da cui desumere una macchinazione
in danno della società fallita (circa la scelta dell’arbitro; circa lo svolgimento e
l’esito dell’arbitrato);
f) la spiegazione fornita dal Tribunale intorno all’operazione – giudicata lecita – di
sale and leaseback non è scalfita dalle deduzioni accusatorie. Nemmeno il
Tribunale ha messo in dubbio che la società fosse in difficoltà finanziaria allorché
concluse il contratto in questione. Ha però aggiunto che il retratto della vendita
fu utilizzato per tacitare creditori “che erano già muniti di garanzia ipotecaria”; il
che esclude, in radice, che l’operazione abbia recato un vulnus alla par condicio
creditorum, giacché i crediti tacitati erano quelli che avevano, sull’immobile, un
titolo di prelazione superiore ad ogni altro e sarebbero stati soddisfatti con
preferenza nella prevedibile procedura fallimentare. Circostanza completamente
ignorata dalla pubblica accusa;
g) la falsità del bilancio al 31/12/2007 è esclusa dal Tribunale (sulla base di una
certificazione della società di revisione) e affermata dal Pubblico Ministero, ma
nessun concreto elemento è stato addotto a dimostrazione dell’errore (o della
falsità) in cui il revisore sarebbe incorso. Il fatto che una relazione del curatore
dica il contrario non consente di sciogliere il nodo nella direzione propugnata dal
ricorrente, posto che nessun ragionamento è sviluppato per dedurre la maggiore
affidabilità dell’accertamento effettuato dagli organi fallimentari. Peraltro, non è
nemmeno spiegato quale conseguenza dovrebbe trarsi dall’accertamento della
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salvo dedurre una responsabilità per aggravamento del dissesto, dovuto

falsità denunziata (Falso in bilancio? Bancarotta documentale?): circostanza non
di poco conto per decidere della applicazione di misure cautelari.
Conclusivamente, deve ritenersi che, a fronte di una siffatta motivazione,
per nulla mancante o meramente apparente, i motivi di ricorso, oltre ad essere
“parziali” (nel senso che impingono una parte della decisione), ripropongono le
medesime deduzioni in fatto e in diritto già precedentemente svolte e disattese
dal giudice del riesame, lamentando, sotto l’apparente deduzione di vizi attinenti
all’apparato argomentativo della decisione, un’errata valutazione degli elementi

problematiche che esulano dai limiti cognitivi di questa Corte. Il ricorso va
pertanto dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.
Così deciso il 29/5/2014

di prova portati all’attenzione degli organi giudicanti ed introducendo

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