Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32750 del 15/05/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32750 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: ROCCHI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SPEDICATO ANTONIO N. IL 08/02/1958
avverso la sentenza n. 7272/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
Data Udienza: 15/05/2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 12/6/2012, la Corte d’appello di Milano confermava la
sentenza del G.I.P. del Tribunale di Milano che aveva dichiarato colpevole
Antonio Spedicato del delitto di cui all’art. 9, comma 2, legge 1423 del 1956 per
essersi allontanato dalla propria abitazione senza comprovata necessità e senza
averne dato comunicazione all’Autorità, in violazione degli obblighi della
sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, e lo aveva condannato alla pena
di mesi otto di reclusione.
delle attenuanti generiche, rilevando che i pessimi precedenti penali
dell’imputato denotavano una sua spiccata propensione a delinquere e che il
giudizio negativo nei suoi confronti non era bilanciato da alcun elemento
positivo.
2. Ricorre per cassazione Antonio Spedicato, rilevando che la motivazione
della Corte d’appello per respingere il motivo di appello concernente la mancata
concessione delle attenuanti generiche era insoddisfacente, tenuto conto della
lievità dell’infrazione – ritorno a casa due ore dopo l’orario consentito – e della
sproporzione della pena inflitta.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
La Corte ha congruamente e correttamente motivato in punto di dosimetria
della pena, sottolineando, da un lato, i precedenti penali, dall’altra, l’assenza di
elementi favorevoli che potessero essere valutati; il ricorrente, senza nemmeno
contestare come manifestamente illogica tale motivazione, non propone alcun
elemento positivo, esposto alla Corte territoriale e da essa non valutato, ma si
limita a sostenere che la violazione era di lieve entità e che la pena, per essa è
sproporzionata.
Tale argomentazione è estranea al giudizio di questa Corte: la misura della
pena edittale minima è stabilita dal legislatore e, d’altro canto, questa Corte non
può sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dal Giudice del merito,
essendo limitato il controllo alla stessa demandato alla contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione.
2
La Corte respingeva il motivo di appello concernente la mancata concessione
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 15 maggio 2013
Il Consigliere estensore
Il P esidente
P.Q.M.