Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32748 del 28/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32748 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CERELLO MIRELLA N. IL 06/01/1978
avverso l’ordinanza n. 441/2013 TRIB. LIBERTA’ di ANCONA, del
26/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 28/02/2014

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr Mario Fraticelli, ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Cerello Mirella propone ricorso per cassazione contro l’ordinanza emessa
dal Tribunale di Ancona, Sezione del Riesame, in data 26 novembre 2013, con la quale
veniva sostituita la misura della custodia cautelare in carcere con quella, meno

inosservanza o erronea applicazione della legge penale, relativamente alla legittimità
della convalida dell’arresto nella parte in cui il Tribunale del riesame ha ritenuto che, ai
sensi dell’articolo 391 del codice di rito, tale ordinanza fosse assoggettata unicamente
all’impugnazione con ricorso per cassazione;

erronea, contraddittoria e illogica motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza e assenza della prova cautelare;

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’ordinanza impugnata non merita censura attesa la manifesta infondatezza dei motivi.
2. Cerello Mirella è stata arrestata in flagranza del reato di furto aggravato e tentativo di
furto aggravato perché, in concorso con altra persona non identificata, allo scopo di
procurarsi un ingiusto profitto, si impossessava con destrezza nel portafogli di Piccioni
Maria Pia, che consegnava ad una complice e tentava di impossessarsi di altro
portafogli, della nuora della prima vittima, Laudi Teresa, non riuscendo nell’intento per
l’intervento del figlio di questa, Gabrielli Angelo.
3. A fondamento della misura sono stati posti i gravi indizi di colpevolezza costituiti dal
fatto che il teste Gabrielli Angelo ha visto chiaramente la Cerello, prima, rovistare nella
borsa della moglie, dalla quale, subito dopo ha riscontrato la mancanza del portafogli e,
quindi, consegnare un oggetto, probabilmente il portafogli appena rubato, ad altra
persona poi rimasta non identificata. Subito dopo, l’indagata è stata vista rovistare nella
borsa della madre del teste, alla quale era in procinto di sottrarre il portafogli; condotta
non perfezionata per l’intervento del Gabrielli.
4. Con il primo motivo di ricorso la difesa di Cerello Mirella ha lamentato la illegittimità
della convalida dell’arresto sostenendo che, sebbene l’articolo 391 del codice di rito
preveda, al quarto comma, che avverso l’ordinanza che convalida l’arresto le parti
possono proporre ricorso per cassazione, tale disposizione non deve interpretarsi nel
senso che tale strumento costituisca l’unico mezzo di gravarne al fine di far valere la
illegittimità della convalida dell’arresto. Nel caso di specie, dalle risultanze processuali
emergerebbe che l’indagata sarebbe stata fermata in virtù dell’intervento di parti
private e non degli agenti. Infatti, la polizia giudiziaria è intervenuta solo

afflittiva, degli arresti domiciliari, presso la residenza della prevenuta, lamentando:

successivamente, predisponendo un verbale di arresto. Conseguentemente ricorrerebbe
l’ipotesi di arresto compiuto da terzi privati in una fattispecie in cui, tra l’indagata e il
reato, non ricorreva un costante collegamento, tipico della flagranza, ma quello della
quasi flagranza. Ipotesi che sussiste quando l’arresto è eseguito dalla polizia giudiziaria,
per effetto e dopo, l’acquisizione di informazioni da parte di terzi.
5. La censura non può essere proposta in questa sede, in quanto le questioni che
riguardano la legittimità della ordinanza di convalida dell’arresto vanno fatte valere

rito, come affermato dall’orientamento costante della giurisprudenza (Cass. 21
novembre 2007 n. 46597; Cass. n. 34031 del 7 luglio 2003).
6. Con il secondo motivo di impugnazione ha ritenuto insussistenti i gravi indizi di
colpevolezza in quanto, secondo la difesa, nulla di quanto narrato dalle parti offese
sarebbe stato direttamente percepito dagli agenti di polizia giudiziaria che, in sede di
perquisizione, non hanno rinvenuto il portafoglio sottratto.
7. Come è noto, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame non può
essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti prima facie dal testo del
provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della
razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011 dep. 04/01/2012, Siciliano, Rv. 251761). In altri termini, l’illogicità della motivazione,
censurabile a norma dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), può essere solo
quella “evidente”, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto; il vizio deve inoltre risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel
senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve
essere logica “rispetto a sè stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa
ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura
soltanto se manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica.
8. Ciò premesso, la censura è assolutamente infondata, non solo per l’assenza di illogicità

esclusivamente con lo strumento previsto dall’articolo 391 quarto comma del codice di

evidente della motivazione, ma per la presenza di elementi di senso assolutamente
contrario. Cerello Mirella è stata osservata direttamente dal teste Gabrielli Angelo, che
si è accorto che la stessa rovistava nella borsa della moglie e della madre e, dalla
prima, riusciva a sottrarre il portafogli, tanto da consentire al teste di accorgersi,
altresì, della consegna di un oggetto, probabilmente proprio l’oggetto sottratto, ad
un’altra persona rimasta non identificata. Per cui non vi sono dubbi riguardo alla
responsabilità e ciò spiega anche il fatto che non sia stata rinvenuta la refurtiva.
9. Il ricorso va, conseguentemente, dichiarato inammissibile con condanna della Cerello al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1000 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.

64–(

dichiara inammissibile il ricorso e condannakricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 28/02/2014
l Presiante

Il Consigliere estensore

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