Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32747 del 28/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32747 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MACOVEI BOGDAN IONUT N. IL 14/06/1985
avverso l’ordinanza n. 3366/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
21/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 28/02/2014

Uditi difensor Avv.;

4-2-{

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr Mario Fraticelli, ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Macovei Bogdan Ionut propone ricorso per cassazione contro l’ordinanza
emessa dal Tribunale del Riesame di Roma, in data 21 novembre 2013, che ha
confermato il provvedimento del 4 novembre 2013 con il quale il Gip del Tribunale di

custodia in carcere.
2. A sostegno del ricorso deduce quanto segue:

erronea applicazione della legge penale, per insussistenza degli elementi indiziari e delle
tre ipotesi richieste dall’art. 273 c.p.p.;

erronea applicazione della legge penale, in relazione all’articolo 275 del codice di rito
attesa la sproporzione tra la entità del fatto e la misura.

CONSIDERATO IN DIRITTO
L’ordinanza non merita censura, attesa la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso.
1. Con il primo motivo l’indagato lamenta l’erronea applicazione della legge penale, con
riferimento all’articolo 273 del codice di rito, evidenziando l’insussistenza degli elementi
indiziari. L’indagato si sarebbe trovato a compiere “una sorta di duello rusticano con un
proprio connazionale”, che si è rapidamente dileguato, mentre la perquisizione
personale alla ricerca di elementi pertinenti il reato ha dato esito negativo e le tracce di
sangue rinvenute sugli abiti dell’indagato non sono state sottoposte ad alcuna verifica.
2. Preliminarmente, va osservato che il sindacato della Corte non riguarda la fase
dibattimentale, ma investe il potere cautelare dell’autorità giudiziaria; il che significa
che la valutazione degli indizi di colpevolezza deve essere condotta con minor rigore
rispetto a quanto deve avvenire nell’ambito del giudizio di condanna. Trattasi di
affermazione che trova la sua fonte normativa nell’articolo 273 del codice di procedura
penale che, al comma uno bis, richiama i commi 3 e 4 dell’articolo 192 e non invece il
n. 2, che richiede una particolare qualificazione degli indizi (non solo gravi, ma anche
precisi e concordanti). Anche questa Corte (Cassazione penale, sez. IV, 06 luglio 2007,
n. 37878) ha già ricordato che in tema di misure cautelari personali, la nozione di “gravi
indizi di colpevolezza” di cui all’art. 273 c.p.p. non si atteggia allo stesso modo del
termine “indizi” inteso quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio
finale di colpevolezza, che sta a indicare la “prova logica o indiretta”, ossia quel fatto
certo connotato da particolari caratteristiche (v. art. 192, comma 2, c.p.p.), che
consente di risalire a un fatto incerto attraverso massime di comune esperienza. Per
l’emissione di una misura cautelare è, quindi, sufficiente qualunque elemento probatorio
idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato,

Roma aveva applicato, nei confronti di Macovei Bogdan Ionut, la misura cautelare della

in ordine ai reati addebitatigli. Gli indizi, dunque, ai fini delle misure cautelari, non
devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art.
192, comma 2, c.p.p.
3. Ciò premesso, il primo motivo di impugnazione appare destituito di fondamento, poiché,
diversamente dalla ricostruzione dei fatti prospettata nel ricorso, non vi sono dubbi sulla
gravità degli indizi posti a sostegno dell’ordinanza applicativa della misura custodiate.
La parte offesa, in sede di denunzia, ha fornito una descrizione della dinamica che è

sono intervenuti subito dopo l’aggressione. Inoltre, Muingiu Florin ha riconosciuto con
sicurezza Macovei Bogdan Ionut, sia in foto, che di persona e quest’ultimo in sede di
interrogatorio di convalida, ha confermato di avere avuto una lite con la persona offesa.
Inoltre, l’uso del coltello da parte dell’indagato ha trovato ulteriore riscontro nella
natura della ferita da arma bianca refertata a Muingiu Florin e riscontrata dal sanitario
intervenuto per visitare l’indagato, su richiesta dei Carabinieri. D’altra parte Macovei
Bogdan Ionut è stato fermato dai militari mentre si trovava in un bar, bevendo della
birra, e con vestiti diversi dagli indumenti di lavoro e presentava una ferita dalla quale
usciva ancora sangue. Il primo giudice ha correttamente evidenziato, altresì,
l’inconsistenza delle giustificazioni fornite dall’indagato in ordine alla presunta attività
lavorativa svolta al momento dell’episodio, incompatibile con il suo abbigliamento.
4. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale in relazione
all’articolo 274 del codice di rito, non sussistendo nessuna delle tre ipotesi richieste da
tale norma: il pericolo di inquinamento probatorio, di fuga e di reiterazione della
condotta.
5. Con specifico riferimento alla valutazione delle esigenze cautelari, oggetto del presente
ricorso, il vizio di motivazione dell’ordinanza del riesame, in ordine alla sussistenza di
tali esigenze, può essere sindacato dalla Corte di legittimità, solo ove risulti prima facie
dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della
sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 2, n. 56 del

stata riscontrata dal referto medico e dalle sommarie informazioni rese da coloro che

07/12/2011 – dep. 04/01/2012, Siciliano, Rv. 251761).
6. Le osservazioni del ricorrente, assolutamente generiche e teoriche, non scalfiscono
l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità
della stessa. Il vaglio logico e puntuale delle risultanze processuali operato dal Tribunale
per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, nè
tantomeno di operare diverse scelte di fatto. Il Tribunale, infatti, ha adeguatamente e
logicamente fondato la persistenza delle esigenze cautelari, richiamando e condividendo
la motivazione del Gip che ha ricondotto il pericolo di reiterazione della condotta
criminosa, con riferimento ai delitti della stessa specie di quelli per cui si procede, alla
determinazione mostrata dall’indagato, alla sua spregiudicatezza, ai banali motivi
(l’indagato dopo avere chiesto, con fare minaccioso, alla persona offesa perché lo

a-/

stesse guardando, alla sua risposta negativa, lo ha colpito con un coltello) e all’utilizzo
disinvolto di un’arma.
7. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale in
relazione all’articolo 275 del codice di rito attesa la sproporzione tra la entità del fatto e
la misura, trattandosi di ferite non gravi, come emerge dalla circostanza che la vittima
ha potuto allontanarsi dal nosocomio e dall’assenza di ogni riferimento clinico idoneo a
definire la gravità della malattia.

essendo i fatti oggettivamente gravissimi e potendosi prospettare, in astratto, anche
l’ipotesi delittuosa di tentato omicidio. In ogni caso, la gravità dei fatti può essere
correttamente desunta dal numero dei colpi inferti, dalla vicinanza dell’aggressore, dalla
localizzazione delle ferite nelle zone fortemente vascolarizzate e nelle quali sono
presenti organi vitali, quali la milza, parte dello stomaco ed il colon.
9. Il ricorso va, conseguentemente, dichiarato inammissibile con condanna del Macovei al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1000 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 28/02/2014

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Il Consigliere estensore

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Gabri e Positano

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8. Anche il motivo relativo alla adeguatezza della misura non può trovare accoglimento,

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