Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32734 del 14/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32734 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MASTROGIOVANNI COSIMO N. IL 24/07/1970
avverso la sentenza n. 3308/2007 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 13/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
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Udito, per la parte ivile, l’Avv
Uditi difensor vv.

Data Udienza: 14/04/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. E. Selvaggi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata in data 13/07/2012, la Corte di appello di
Bologna ha confermato la sentenza in data 14/02/2007 con la quale il G.U.P. del
Tribunale di Forlì aveva dichiarato Cosimo Mastrogiovanni colpevole del reato di

carabinieri, attestato, nella compilazione degli allegati “A” di due ordini di
servizio, l’esecuzione di falsi controlli a carico di persone e di automezzi.
Premesso che il fatto storico è pacifico e non contestato, la Corte di merito
osserva che l’allegato “A” documenta i servizi di pronto intervento effettuati dalla
pattuglia dei carabinieri durante il servizio ed è consegnato anche se “in bianco”,
ossia in caso di assenza di annotazioni; lo stesso veniva controfirmato dal
comandante e trattenuto nell’archivio cartaceo, ove all’occorrenza poteva essere
consultato. Correttamente il giudice di primo grado ha ravvisato il delitto di
falsità ideologica in atto pubblico, in quanto l’allegato “A” deve considerarsi
scritto di natura documentale redatto da un pubblico ufficiale per uno scopo
inerente alla sua funzione: esso integra e dettaglia il contenuto tipico dell’ordine
di servizio, specificando se e quali servizi di controllo sulla strada siano stati
realizzati dai militari durante il loro turno: come è emerso dall’istruttoria, il
documento è obbligatorio per chi esegue l’ordine di servizio, tanto da essere
inscindibile rispetto a questo e da dover essere formato anche in assenza di
controlli operati. Inoltre, l’atto, nella sua completezza, veniva custodito in un
archivio (solo cartaceo, all’epoca dei fatti, poi anche informatico), per consentire
le consultazioni anche ai fini di indagine. Non è fondato il rilievo difensivo circa
una pretesa inoffensività del falso ideologico in quanto coinvolgente soggetti e
mezzi inesistenti, con conseguente impossibilità di ostacolare indagini, in quanto
l’attestazione riguarda la presenza dei militari in un contesto non rispondente al
vero, potendo – in ipotesi – coprire un loro inadempimento ai compiti assegnati
con l’ordine di servizio.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto
ricorso per cassazione, nell’interesse di Cosimo Mastrogiovanni, il difensore avv.
G. Grassi, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 479 cod.
pen. L’atto oggetto dell’imputazione è ad esclusiva efficacia interna, con funzione

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cui all’art. 479 cod. pen., per avere, nella qualità di vicebrigadiere dei

meramente organizzativa, ed inidoneo ad incidere in maniera pregiudizievole
sugli interessi economici della P.A., non ricollegandosi ad esso alcuna variazione
salariale. L’allegato “A” è del tutto eventuale e non interdipendente dall’ordine di
servizio, con funzione autonoma rispetto a quest’ultimo; esso non è destinato ad
avere funzione probatoria autonoma, sicché non può incidere sulla funzione
pubblica intesa in senso penalistico.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 49 cod.
pen. All’epoca dei fatti le annotazioni non confluivano nella banca dati

successiva elaborazione telematica. Nel caso di specie, il documento ha natura
eventuale e ad esso non si ricollega alcun vantaggio reale; nessuna deviazione
dell’attività tipica ha comportato l’indicazione di nomi di fantasia, che non
avrebbero ostacolato indagini di sorta né impedito la ricostruzione postuma di un
determinato accadimento. Pur in presenza di un caso di

immutatio veri,

l’indicazione di un nominativo di fantasia non appare idonea – ex ante – a
frustrare il bene giuridico protetto dalla norma violata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Rileva il Collegio che il ricorso non risulta inammissibile, avuto riguardo, in
particolare, al primo motivo, sicché deve prendersi atto dell’intervenuta
estinzione del reato per prescrizione perfezionatasi il 18/09/2012.
Non risultano elementi che debbano comportare, ex art. 129, comma 2, cod.
proc. pen., il proscioglimento nel merito dell’imputato. Al riguardo, occorre
osservare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in presenza
di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare
sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,
soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la
commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale
emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la
valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto
di “constatazione”, ossia di percezione

ictu ocu/i,

che a quello di

“apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di
accertamento o di approfondimento (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009,
Tettamanti, Rv. 244274). Nel caso di specie, alla luce delle sentenze di merito,
non può addivenirsi a tale constatazione.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per
essere il reato estinto per prescrizione.

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telematica, ma in faldoni di raccolta, sicché l’allegato “A” non subiva alcuna

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il reato è estinto per
prescrizione.

Così deciso il 14/04/2014

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