Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32731 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32731 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALOISIO FRANCESCO N. IL 02/11/1982
avverso la sentenza n. 6175/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
30/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 30/1/2012, dichiarava
inammissibile l’appello proposto da Aloisio Francesco avverso la sentenza del
Tribunale di Varese di condanna per il reato di cui all’art. 9, comma 1, legge
1423 del 1956.
L’appellante aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato con la formula “perché
il fatto non costituisce reato” e, in via gradata, la concessione delle attenuanti
generiche e la riduzione della pena; aveva dedotto il vizio di motivazione della

ragioni poste a base della condanna dell’imputato, della quantificazione della
pena e del diniego delle attenuanti generiche.
La Corte rilevava che non erano indicati i punti della sentenza di primo
grado che venivano sottoposti al vaglio del giudice di appello; non venivano
prospettate le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondavano le doglianze e non
venivano contestate le argomentazioni poste a base della decisione.
Si trattava, quindi, di motivi non specifici.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Aloisio Francesco, deducendo
l’inosservanza delle norme processuali.
La sentenza di primo grado era completamente priva della argomentazioni
che sorreggevano la decisione, limitandosi a ripercorrere lo svolgimento del
giudizio di primo grado. Il motivo dell’appello era, quindi, specifico, in quanto
riguardava la carenza di motivazione del provvedimento: e la correlazione tra le
ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione era sussistente, proprio in quanto tali ragioni non esistevano.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

Il difensore ha depositato motivi nuovi, ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod.
proc. pen., in cui denuncia inosservanza dell’art. 546, comma 1, lett. e) cod.
proc. pen. in relazione alla esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la
decisione è fondata; ha, poi, fatto pervenire memoria difensiva, avanzando
declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione e contestando
ulteriormente la motivazione della sentenza impugnata. Il ricorrente segnala che
l’intervenuta prescrizione può essere dichiarata pur in presenza di ricorso
introduttivo dichiarato inammissibile.
La memoria conclude per l’annullamento della sentenza impugnata e
contestuale declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

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sentenza di primo grado, avendo il Giudice di primo grado omesso di indicare le

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi manifestamente
infondati.
L’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. richiede l’enunciazione dei
motivi dell’impugnazione, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

sentenza di primo grado sia in punto di affermazione di responsabilità
dell’imputato, che in punto di determinazione della pena, l’appello, come
esattamente rilevato dalla Corte territoriale, era del tutto generico, non
indicando le ragioni di fatto e di diritto che sorreggevano l’impugnazione.
Non a caso, l’appello proposto censurava, sì, la sentenza di primo grado per
carenza di motivazione ma chiedeva anche l’assoluzione dell’imputato dal reato
ascrittogli e, in via gradata, la concessione delle attenuanti generiche e la
riduzione della pena: appunto, senza in alcun modo argomentare tali conclusioni.

Il ricorrente sostiene che ciò era conseguenza della carenza di motivazione
della sentenza di primo grado, come si è detto, inesistente: ma la Corte
d’appello, anche in caso di sentenza di primo grado che presenta una
motivazione carente, deve pronunciare sentenza con la quale conferma o riforma
la sentenza appellata (art. 605, comma 1, cod. proc. pen.). La mancanza di
motivazione, quindi, non determina l’annullamento della sentenza di primo
grado, cosicché l’appellante non può limitarsi a censurare tale vizio, ma deve
indicare gli specifici motivi che sorreggono la richiesta di riforma della sentenza
impugnata, a pena di inammissibilità dell’impugnazione.

Quanto alla prescrizione del reato, dedotta solo con la memoria da ultima
depositata, si deve confermare che l’inammissibilità del ricorso per cassazione
preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art.
129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data
anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da
quel giudice (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005 – dep. 22/06/2005, Bracale, Rv.
231164); d’altro canto, nel caso in cui i motivi di appello siano affetti da vizi che
ne comportano l’inammissibilità originaria, deve ritenersi che, nonostante la
proposizione del gravame, la sentenza di merito sia passata in giudicato, con la
conseguente impossibilità di dichiarare in cassazione l’eventuale intervenuta
prescrizione del reato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 4867 del

3

Nel caso di specie, alla luce della motivazione più che adeguata della

29/11/2000 – dep. 05/02/2001, Maglieri, Rv. 219060).

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Pr sidente

Cost. n. 186 del 2000).

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