Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32728 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32728 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

Data Udienza: 15/05/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FRANCARDO GIUSEPPE N. IL 16/08/1988
avverso la sentenza n. 8147/2011
17/04/2012

TRIBUNALE di CATANIA, del

dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

v\

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il 17 aprile 2012,
il G.u.p. del Tribunale di Catania ha applicato a Francardo Giuseppe, in relazione
ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 2 e 7 legge n. 985 del 1967, 4 legge n.
110 del 1975 e 697 cod. pen., e previa unificazione dei reati a quelli già giudicati
con sentenza del 15 settembre 2009 del G.u.p. del Tribunale di Catania,

reclusione ed euro trecento di multa, a titolo di aumento rispetto alla pena
inflitta con la indicata sentenza.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
l’imputato che ne ha chiesto l’annullamento per omessa concessione delle
circostanze attenuanti generiche al fine di adeguare la pena all’entità del fatto.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della
entità della pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del
trattamento concordato, né della mancata concessione

ex officio

delle

circostanze attenuanti generiche.
3. Nel caso di specie, i motivi di ricorso appaiono privi di specificità e sono,
comunque, manifestamente infondati, atteso che il Giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto fra le parti, riconoscendo la
congruità della pena come concordata alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod.

2

irrevocabile il 18 maggio 2010, la pena concordata fra le parti di mesi dieci di

pen. e ha escluso la sussistenza dei presupposti per la pronuncia di una sentenza
di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 6, n. 14563 del 02/12/2010,
dep. 12/04/2011, P.G. in proc. Manea, Rv. 250024).
4. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile.

del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento – a favore della Cassa delle ammende – di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in euro 1.500,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presklente

Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna

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