Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32723 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32723 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
URBANO ANGELO N. IL 08/04/1966
avverso la sentenza n. 2266/2012 GIP TRIBUNALE di BRINDISI, del
14/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il 14 giugno 2012,
il G.i.p. del Tribunale di Brindisi ha applicato a Urbano Angelo, in relazione ai
reati di cui agli artt. 10 legge n. 497 del 1974 e 23, comma 3, legge n. 110 del
1975, la pena concordata fra le parti di anni due di reclusione ed euro seimila di
multa, applicati gli aumenti per la recidiva e per la ritenuta continuazione tra i

competente Direzione di Artiglieria.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento per mancanza di
motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., circa la
verifica della sussistenza di cause di non punibilità o di non procedibilità o di
estinzione del reato, come richiesto dall’art. 129 cod. proc. pen.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della
entità della pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del
trattamento concordato.
3. Nel caso di specie, i motivi di ricorso appaiono privi di specificità e sono,
comunque, manifestamente infondati, atteso che il Giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto fra le parti e ha escluso,
specificamente richiamando le emergenze processuali, la sussistenza dei

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reati, ordinando la confisca di quanto in sequestro con il versamento presso la

presupposti per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art.
129 cod. proc. pen.
La motivazione svolta, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 6, n. 14563 del 02/12/2010,
dep. 12/04/2011, P.G. in proc. Manea, Rv. 250024).
4. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile.

del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento – in favore della Cassa delle ammende – di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in euro 1.500,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presklente

Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna

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