Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32719 del 17/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32719 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
– Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Genova
nei confronti di
Sticchi Carmelo nato il 16.7.1962
Avverso la sentenza n. 2957/2009 della Corte d’Appello di Genova del 12.6.2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

Data Udienza: 17/02/2014

udita la relazione svolta dal consigliere dr Gabriele Positano.

y/-/

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Dr. Eugenio Selvaggi,

ha concluso

chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Genova propone ricorso per
cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte territoriale in data 12 giugno 2013
che ha assolto Sticchi Carmelo dai reati di abuso di ufficio e falso, con ciò confermando

della Repubblica e dal Procuratore Generale.
2. A Sticchi Carmelo era stato contestato il reato di abuso poiché, nella sua qualità di
assistente capo della polizia stradale, fermando Zanatta Roberto, conducente di un
veicolo, sul presupposto di questi viaggiasse a velocità non corretta, lo aveva trattenuto
indebitamente negli uffici della polizia stradale, in violazione di norme del codice della
strada, del codice penale e della Costituzione (capo a), del reato di falso ai sensi
dell’articolo 479 del codice penale, per avere riportato nel verbale di contestazione che
l’infrazione non era stata notificata in quanto il trasgressore dichiarava di avere fretta
(capo b), nonché del reato di falso aggravato ai sensi dell’articolo 61 n. 2 del codice
penale per avere falsamente riportato nella annotazione di servizio del 12 gennaio
2006, che si era portato presso la sede della polizia stradale a causa delle difficili
comunicazioni radio con l’operatore e che Zanatta lo aveva seguito, di propria iniziativa
(capo c). La Corte d’Appello ha confermato la valutazione espressa dal primo giudice
d’insufficienza del compendio probatorio a dimostrare la responsabilità dell’imputato. In
particolare, con riferimento al reato di abuso, ha evidenziato che le risultanze
processuali consentono di dubitare ragionevolmente che l’imputato abbia inteso abusare
del proprio ufficio per nuocere alla persona offesa. Quanto al reato di falso di cui al capo
b) ha ritenuto provato che il giorno in esame vi furono difficoltà di comunicazione tra
l’imputato e l’operatore che, sebbene non avessero provocato l’impossibilità di
trasmettere i dati, potevano ragionevolmente avere contribuito a indurre l’imputato ad
assumere la decisione di rientrare in Caserma. Quanto al capo c) ha ritenuto
insussistente la falsità dell’indicazione secondo cui Zanatta seguì la pattuglia “di propria
iniziativa”, sulla base proprio di quanto riferito dalla persona offesa che, non avendo
fatto obiezioni all’accompagnamento in caserma, poteva aver ragionevolmente aderito
alla richiesta dell’imputato.
3. Avverso la decisione della Corte d’Appello propone ricorso per cassazione il Procuratore
Generale della Repubblica presso la Corte territoriale lamentando:

illogicità e contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova relativamente
al reato di abuso;

illogicità e contraddittorietà e, comunque assenza della motivazione della Corte
d’Appello;

la decisione del Tribunale di Savona del 24 gennaio 2008, appellata dal Procuratore

contraddittorietà della motivazione della Corte territoriale nella parte in cui ha affermato
che l’imputato poteva avere aderito alla richiesta dell’imputato di seguirlo in caserma;

violazione di legge attesa la sussistenza del reato sulla base della volontà di applicare
una sanzione allo Zanatta al di fuori dei casi previsti dalla legge;

mancata motivazione riguardo alla richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento.

1. Preliminarmente va rilevato che, sebbene sia maturato il termine di prescrizione del
reato alla data del 15 agosto 2013, non vi sono dubbi sull’ammissibilità del ricorso per
cassazione del Pubblico Ministero avverso la sentenza di assoluzione pronunciata,
seppure all’accoglimento debba seguire la dichiarazione di una causa di estinzione del
reato (nella specie, prescrizione) già maturata, atteso l’interesse attuale dell’organo
della pubblica accusa all’affermazione della corretta applicazione della legge (Sez. 3, n.
32527 del 28/04/2010 – dep. 01/09/2010, Pmt in proc. Brini e altri, Rv. 248219).
2. La sentenza impugnata, nel merito, non merita censura.
3. Va rilevato che nel giudizio di legittimità, è preclusa alla Corte di Cassazione la
rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, così
come l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei
fatti. Ciò vale anche dopo la modifica legislativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e)
apportata dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8 in base alla quale è possibile
denunciare come causa di annullamento della sentenza la mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione anche quando risulti “da altri atti del processo
specificamente indicati nei motivi di gravame”; con tale disposizione, invero, si è
ammessa la deducibilità del cosiddetto “travisamento della prova”, riconducibile
soltanto all’errore revocatorio (sul significante), in quanto il rapporto di contraddizione
esterno al testo della sentenza impugnata non può che essere inteso in senso stretto,
quale rapporto di negazione (sulle premesse): mentre ad esso è estraneo ogni discorso
confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa,
considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere
interpretato per “brani” ne’fuori dal contesto in cui è inserito. Ne deriva che gli aspetti
del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli
elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di
legittimità, se non quando risulti viziato dal punto di vista logico il discorso giustificativo
sulla loro capacità dimostrativa: e che pertanto restano inammissibili, in sede di
legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una
rivalutazione del risultato probatorio (così Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, Ienco, Rv.
236540; v. anche Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215; Sez. 3, n.

CONSIDERATO IN DIRITTO

39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623; Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011,
Carone, Rv. 250168).
4. Alla stregua delle suesposte considerazioni vanno esaminati i motivi di ricorso.
5. Con il primo motivo si deduce illogicità e contraddittorietà della motivazione e
travisamento della prova. In particolare, con riferimento al reato di abuso, le difficoltà
di collegamento radio non avrebbero impedito la comunicazione di quanto necessario,
poiché il teste Mazzucco ha dichiarato di avere registrato i dati del veicolo e della

comandante Satriano è stata ricevuta dalla centrale. Da ciò deriva che
l’accompagnamento, che costituisce limitazione della libertà personale, sarebbe
intervenuto per uno dei casi non previsti dalla legge.
6. In secondo luogo il ricorrente deduce illogicità e contraddittorietà e, comunque, assenza
della motivazione della Corte d’Appello nella parte in cui attribuisce significato
pregnante alla circostanza che la frase “questo lo portiamo dentro, li facciamo un bel
141” non era rivolta allo Zanatta, ma al collega dell’imputato, Aprea. Analoga censura
riguarda il valore dato all’atteggiamento indisponente di Zanatta, il quale, poi, viene
improvvisamente descritto come accondiscendente quando nulla osserva sull’ordine di
accompagnamento. Lamenta, infine, la Corte avrebbe ritenuto che la richiesta dello
Zanatta di avvertire il comandante Satriano, costituisse una sorta di consenso
all’accompagnamento.
7. Sulla base di quanto detto in premessa la seconda censura del primo motivo è
inammissibile poiché si deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione. Si tratta di un motivo inammissibile, in quanto manifestamente infondato
per la parte in cui contesta l’esistenza di un apparato giustificativo della decisione, che
invece esiste. Per il resto è inammissibile per la parte in cui pretende di valutare, o
rivalutare, gli elementi probatori al fine di trarne conclusioni in contrasto con quelle del
giudice del merito chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le
compete. Esula, infatti, di poter della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità
la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali.
8. Nella prima parte della censura, con riferimento al reato di abuso di cui al capo a), il
profilo essenziale riguarda la sussistenza o meno di ragioni che possono aver
giustificato il trattenimento di Zanatta negli uffici della polizia stradale per circa 20
minuti. Infatti, come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, la frase “questo
lo portiamo dentro” è stata rivolta dall’imputato Sticchi Carmelo al proprio collega Aprea
e non alla parte offesa Zanatta.

persona del Zanatta, sul proprio brogliaccio. Anche la richiesta di fare intervenire il

9. La Corte territoriale ha adeguatamente motivato, evidenziando che è risultato provato
che Sticchi Carmelo aveva contestato a Zanatta Roberto l’eccessiva velocità, facendo
presente che avrebbe elevato contravvenzione e ciò ai sensi dell’articolo 141 del codice
della strada, norma che conferisce agli operatori di polizia stradale la possibilità di
valutare se un veicolo procede o meno ad una velocità adeguata alla situazione dei
luoghi e ciò indipendentemente dall’esistenza di strumenti atti a determinare la velocità.
Sticchi ha chiesto di verificare il nominativo della persona controllata, che pure

controllo di prassi, richiesto dalle direttive ministeriali nei confronti delle persone
oggetto di contravvenzione. I testi escussi, come precisato nella sentenza di primo
grado, hanno riferito che vi furono problemi di comunicazione tra la pattuglia e la
sottosezione, ma le risultanze processuali non hanno consentito di accertare con
esattezza il contenuto delle comunicazioni effettivamente intercorse via radio e per
telefono tra la pattuglia e la sottosezione. In particolare, non sono emersi dati in ordine
ai riscontri eventualmente ottenuti dalla pattuglia in merito alla richiesta di
accertamento inoltrata alla sottosezione. Sotto tale profilo appare adeguata,
ragionevole e, comunque, non illogica, contraddittoria o mancante, la motivazione della
decisione di secondo grado riguardo alla sussistenza del ragionevole dubbio che
l’imputato non abbia inteso abusare del proprio ufficio, sotto un duplice profilo. La
congruità della richiesta dell’imputato Sticchi, rivolta alla persona offesa, Zanatta, di
seguirlo in caserma, rispetto alla mancata ricezione di risposte sugli accertamenti
richiesti. Il ridimensionamento del profilo relativo ai precedenti rapporti tra Zanatta e
Sticchi (che secondo il ricorrente avrebbe ispirato l’abuso), in considerazione del fatto
che Sticchi ha comunicato all’operatore il rientro in caserma per sottoporre la vicenda al
proprio comandante, Satriano ( e, quindi, per consentire ad un terzo di gestire le
questione) e Zanatta, che pure conosceva il comandante, ha chiesto di interessare
quest’ultimo della vicenda per fare valere le proprie ragioni. Tali due profili consentono
di ritenere ragionevole la motivazione della Corte.
10. Con riferimento al capo b) relativo alla falsa attestazione che l’infrazione contestata non
sarebbe stata notificata in quanto il trasgressore dichiarava di avere fretta, il ricorrente
evidenzia che la mancata notifica può giustificarsi solo dal volontario allontanamento dal
luogo in cui è avvenuta l’infrazione, per cui, essendo sufficiente il dolo generico e cioè la
volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione, indipendentemente dalla
convinzione di produrre danno, il reato sussisterebbe sulla base della volontà di
applicare una sanzione allo Zanatta anche al di fuori dei casi previsti dalla legge. Infine,
censura la decisione impugnata poiché la Corte territoriale non avrebbe motivato sulla
richiesta di procedere a rinnovazione parziale del dibattimento, con l’audizione di chi
aveva parlato via radio, al fine di verificare la qualità, la misura e le caratteristiche del
disturbo della comunicazione.

conosceva, e gli estremi del veicolo e i testi escussi hanno riferito che si trattava di un

11.0sserva la Corte che con il capo b) è stato contestato a Sticchi di avere falsamente
dichiarato che l’infrazione non era stata notificata al trasgressore in quanto lo stesso
aveva dichiarato di avere fretta. È evidente che la contestazione è quella verbale, fatta
nella immediatezza, mentre il documento scritto da notificare è stato pacificamente
predisposto il giorno successivo, cioè il 13 gennaio 2006. Il profilo centrale oggetto di
impugnazione riguarda la giustificazione della mancata notificazione dell’infrazione. Sul
punto il ricorrente ritiene sussistente il dolo generico, inteso quale volontarietà e

produrre alcun danno, precisando che “la falsità era dolosamente indirizzata
all’irrogazione di una sanzione allo Zanatta, anche al di fuori dello schema (di
contestazione immediata) imposto dalla legge”.
12.La censura è in parte inammissibile e, per il resto, infondata.
13.Va rilevato che la censura non riguarda il reato di falso, ma nuovamente quello di abuso
e, conseguentemente, non è pertinente e rende inconferente la richiesta di integrazione
dell’attività istruttoria. Il Procuratore Generale lamenta che l’imputato avrebbe
provveduto ad applicare una sanzione al di fuori dei casi previsti dalla legge e tale
condotta non attiene al falso. Quanto a tale ultimo reato, è pur vero che i casi di
mancata contestazione immediata sono quelli relativi al volontario allontanamento del
soggetto sanzionato dal luogo in cui era avvenuta l’infrazione (e a pagina 3 della
sentenza di primo grado il teste Marzo Romeo, Ispettore Capo della Polizia di Stato di
Savona, elenca tutte le ipotesi previste dall’articolo 201 del codice della strada, che
consentono la redazione del verbale nel giorno successivo), ma, la Corte, con
motivazione del tutto congrua e puntuale, ha precisato che tale indicazione non è
tassativa. D’altra parte il teste riferisce che il verbale può essere predisposto
successivamente, anche per altre ragioni contingenti. La circostanza che la notifica e,
quindi, la predisposizione del documento non sia avvenuta perché il trasgressore
dichiarava di avere fretta, non costituisce, in alcun modo, un dato falso, poiché è riferita
da tutti i testi.

consapevolezza della falsa attestazione, indipendentemente dalla convinzione di

14. Con l’ultimo motivo e con riferimento al capo c) il ricorrente lamenta la contraddittorietà
della motivazione della Corte territoriale nella parte in cui afferma che l’imputato poteva
avere ragionevolmente ritenuto che Zanatta, non avendo fatto obiezioni
all’accompagnamento in caserma, avesse aderito alla sua richiesta, trattandosi di
deduzione contraria all’esistenza di un obbligo di legge che imponeva a Zanatta di
eseguire la richiesta di accompagnamento.
15.La censura, seppur suggestiva, è infondata.
16.La questione riguarda la presunta falsa attestazione, che Zanatta si sarebbe portato
presso gli uffici della caserma “di propria iniziativa”. Il ricorrente, nei fatti, chiede alla
Corte di Cassazione una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito,

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formulando quale vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. Tale operazione non è
consentita.
17.Per il resto, va osservato che se è vero che il cittadino ha l’obbligo di adempiere
all’ordine di accompagnamento, per cui diviene scarsamente rilevante accertare se la
condotta sia dipesa o meno da una iniziativa adottata, volontariamente o
doverosamente, questo, però, non esclude che possa ritenersi non illogica e,

ragionevolmente inteso che Zanatta, non avendo fatto obiezioni all’accompagnamento
in caserma, avesse aderito alla sua richiesta, con ciò rendendo non falso l’inserimento
della dizione: “Zanatta, di propria iniziativa, seguiva lo scrivente”.
18.Inoltre, tale argomentazione della Corte trova fondamento in due considerazioni:
Zanatta, dopo avere ascoltato la richiesta di Sticchi di seguirlo in caserma per
accertamenti, ha soggiunto “andiamo, andiamo”.
19.In secondo luogo, Zanatta ha manifestato l’intenzione di sottoporre al comandante
Satriano, superiore di Sticchi e conosciuto anche dalla parte offesa, la questione relativa
alla presunta infrazione e ai pregressi rapporti esistenti tra le parti e ciò al fine di far
valere le proprie ragioni.
20.Le considerazioni che precedono impongono il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del Procuratore Generale.
Così deciso in Roma il 17/02/2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

comunque, plausibile la motivazione della Corte secondo cui l’imputato potrebbe avere

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