Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32718 del 17/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 32718 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
– Mele Antonio Luigi Massimo, nato il 24.5.1963
Avverso la sentenza n. 667/2012 della Corte d’Appello, Sezione Distaccata di Sassari dell’
11.4.2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere dr Gabriele Positano.

Data Udienza: 17/02/2014

I

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Dr. Eugenio Selvaggi,

ha concluso

chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Per la parte civile è presente l’Avvocato Maurizio Serra del foro di Sassari, il quale conclude
chiedendo l’inammissibilità del ricorso. Deposita nota spese.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Mele Antonio Luigi Massimo, propone ricorso per cassazione contro la

11 aprile 2013 che, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Sassari, in
composizione monocratica, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti
dell’imputato Mele con riferimento al reato a lui ascritto al capo a) perché estinto per
prescrizione, confermando, nel resto, la decisione e rideterminando la pena nella misura
di mesi cinque di reclusione ed euro 140 di multa, oltre alla condanna al pagamento
delle spese sostenute dalla costituita parte civile e al risarcimento dei danni conseguenti
al reato, da liquidarsi in separato giudizio civile, in favore di Campus Mattia Maria.
2. Il Tribunale ha affermato la responsabilità di Mele per il reato di furto di materiale
ghiaioso e di legna, asportata mediante violenza sulle cose, con l’aggravante di cui
all’articolo 625 n. 2 codice penale, contestata dal PM in dibattimento, per avere
sottratto, nei due periodi, dell’autunno 2004 e del 2005, dal terreno di Campus Mattia
Maria, del quale era affittuario, terra e legna. Lo ha condannato anche al risarcimento
del danno in favore della costituita parte civile, con una provvisionale di euro 3000.
3. Il Tribunale ha ritenuto dimostrata la responsabilità dell’imputato, con riferimento al
furto di ghiaia, sulla base delle dichiarazioni testimoniali del coniuge della proprietaria,
Mulas Angelo e dei testi Ghera Pietro e Satta Agostino. I primi due avevano visto
l’imputato asportare materiale ghiaioso con una ruspa, mentre il terzo, incaricato
dall’imputato di prelevare tale materiale dal fondo di proprietà della persona offesa
nell’ottobre 2004, aveva collaborato con il Mele per il trasporto del materiale sul terreno
di proprietà di quest’ultimo. Quanto al furto di legna, oltre alle dichiarazioni dei testi
Mulas e Ghera, il Tribunale ha valutato la testimonianza del comandante della stazione
forestale, Cubeddu Vittorio.
4. Avverso tale decisione ha proposto appello l’impuntato, censurando il fatto che la
originaria contestazione di furto semplice, non perseguibile in assenza di querela, era
stata sanata dalla contestazione in udienza da parte del PM in data 21 gennaio 2011.
Nel merito, ha evidenziato che la responsabilità dell’imputato non risultava provata.
Infine, ha ritenuto esorbitante e immotivata la provvisionale.
5. La Corte d’Appello ha evidenziato che il furto monoaggravato contestato al capo a) era
estinto per intervenuta prescrizione, ritenendo, per il resto, infondate le doglianze
dell’appellante; conseguentemente ha dichiarato non doversi procedere con riferimento

sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in data

al primo reato e confermando, per il resto, la responsabilità del Mele e rideterminando
la pena.
6. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore di Mele Antonio Luigi
Massimo, richiedendo l’annullamento della decisione poiché il reato è estinto per
intervenuta prescrizione. In particolare, il ricorrente è stato ritenuto responsabile, con
riferimento al capo a), della appropriazione di legna, nello specifico per il taglio di sei
piante e lo sradicamentokei o sette piante, nonché di ghiaia prelevata dal terreno della

circa 30 rami, da sette piante. Per entrambi la contestazione è stata formalizzata ai
sensi degli artt. 624 e 625 n. 2 codice penale. Ciò premesso, posto che del reato di cui
al capo a) è stata dichiarata la prescrizione in appello, per il capo b), ha dedotto
l’insussistenza della contestata aggravante della violenza sulle cose, poiché la condotta
è rimasta nei confini del taglio di rami o di parti di esso, la cui mancanza non ha
impedito alla pianta di espletare il suo percorso vegetativo.
7. Con ulteriore motivo d’impugnazione ha lamentato il travisamento delle risultanze
probatorie evidenziando che il fondo affittato a Mele Antonio, esteso 53 ha circa, non
era interconcluso, ma confinava con altro terreno altrettanto esteso di proprietà del
medesimo Campus Mattia Maria e tali terreni erano sostanzialmente comunicanti, in
quanto separati solo da un viottolo e da un muretto a secco. Ha evidenziato, altresì,
ulteriori incongruenze riguardo alla frequenza con la quale l’impuntato si recava sui
terreni citati e all’individuazione dell’area dalla quale sarebbe stata asportata la ghiaia.
In considerazione di tali elementi non sarebbe stato rispettato il principio dell’oltre il
ragionevole dubbio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la difesa, preso atto che il reato di cui al capo a) è stato dichiarato
prescritto in sede di appello, per il capo b), ha lamentato l’insussistenza della contestata
aggravante della violenza sulle cose, poiché la condotta sarebbe rimasta nei confini del
taglio di rami o di parti di esso, la cui mancanza non avrebbe impedito alla pianta di
espletare il suo percorso vegetativo.
2. La doglianza è fondata. Il capo d’imputazione in oggetto riguarda la condotta
dell’appropriazione di legna, realizzata recidendo circa 30 rami da sette piante di
Rovella, prelevandoli dal terreno di Campus Mattia Maria, concesso in affitto a Mele.
All’imputato è stata contestata l’ipotesi prevista all’articolo 625 n. 2 del codice penale (e
non quella di cui all’articolo 61 n. 11 del codice penale, in conseguenza della qualità di
affittuario, come rilevato da Cass. n. 737 del 1963) in considerazione della violenza
usata sulle cose.
3. Secondo l’orientamento in materia l’aggravante non dipende dalla circostanza di avere
provocato danni alla pianta in maniera diretta, ma dall’avere anticipato il taglio del
ramo o del tronco, rispetto allo sviluppo naturale dell’arbusto. La circostanza, pertanto,

l)

persona offesa. Con riferimento al capo b) per essersi appropriato di legna, recidendo

non riguarda il fatto in sé di avere reciso il ramo o un tronco principale, per cui non è
conferente il riferimento operate dal Tribunale (a pagina 3) al taglio degli alberi sul
tronco principale o su quello secondario e dalla Corte (a pagina 4), al fatto di essere
stati in parte sradicati dal terreno. Il profilo rilevante ai fini della configurabilità
dell’aggravante riguarda “la commissione del fatto prima che la pianta abbia raggiunto
quel grado di maturità che la rende idonea al taglio ovvero quando la recisione non si
sia limitata alla semplice amputazione di rami o di parti la cui mancanza impedisce alla

destinazione, giacché, se è vero che la pianta è destinata ad essere abbattuta, tuttavia
la sua eliminazione deve coincidere con il raggiungimento del suo ciclo vegetativo,i1
quale, invece, viene interrotto anzitempo” (Sez. 2, n. 6306 del 18/04/1973 – dep.
24/09/1973, FABIO, Rv. 124987).
4.

Nel caso di specie non è dato evincere alcun elemento in ordine al raggiungimento del
ciclo vegetativo tale da rendere la pianta matura per il taglio. In particolare, da nessuno
dei dati oggettivi e neppure dalle dichiarazioni dei testi è dato evincere elementi relativi
alle condizioni di sviluppo dei rami tagliati.

5. Conseguentemente, residuando l’originaria contestazione di furto semplice, non
perseguibile in assenza di querela, l’azione penale non avrebbe potuto essere iniziata.
La richiesta, peraltro, era stata tempestivamente formulata dalla difesa nel verbale di
udienza del 28 settembre 2010.
6. Quanto precede risulta assorbente rispetto alle censure oggetto del secondo motivo.
7. Attesa la sostanziale soccombenza della parte civile alcun provvedimento va adottato in
favore della stessa in ordine alle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché, esclusa l’aggravante di cui all’art. 625 n. 2
c.p., l’azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela.
Così deciso in Roma il 17/02/2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

pianta di percorrere egualmente il suo ciclo vegetativo: si verifica, in tal caso, la mutata

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