Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32712 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32712 Anno 2013
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIGREGORIO AGOSTINO N. IL 22/12/1971
avverso la sentenza n. 6964/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
03/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 3/5/2012, confermava la
sentenza del G.U.P. del Tribunale di Milano di condanna di Di Gregorio Agostino
alla pena di anni uno di reclusione per il reato di cui agli artt. 81, comma 2, cod.
pen., 9, comma 2, legge 1423 del 1956 e 99, comma 4, cod. pen.
L’imputato, sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di dimora a
Milano, non era stato trovato nella sua abitazione in diverse occasioni,
nonostante l’obbligo di rientrare entro le ore 21’00. L’appellante aveva invocato

esatta la condanna e pacifiche le violazioni, così come era pacifico l’elemento
soggettivo del reato, atteso che l’istanza di revoca della misura era stata
avanzata solo dopo l’accertamento delle violazioni.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Agostino Di Gregorio, deducendo
vizio di motivazione.
Le modifiche apportate all’obbligo di dimora, prima peggiorative e poi
migliorative, e le autorizzazioni temporali concesse creavano incertezza nel
soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale: in sede di appello, la difesa aveva
chiesto alla Corte di accertare se il Di Gregorio avesse coscientemente violato gli
obblighi o non fosse semplicemente giunto presso la sua abitazione con pochi
minuti di ritardo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile per genericità.

È infatti inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi siano generici,
ovvero non contenenti la precisa prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto
da sottoporre a verifica (Sez. 3, n. 16851 del 02/03/2010 – dep. 04/05/2010,
Cecco e altro, Rv. 246980), nonché quello fondato su motivi che ripropongono le
stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che
risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. (Sez.
4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849)

Nel caso di specie il ricorrente si limita a ricordare quale fosse la posizione
difensiva esposta nell’atto di appello e non analizza in alcun modo la motivazione
della sentenza impugnata: in particolare, non confuta il dato della reiterazione

2

la sua buona fede, essendo gli orari concessi troppo limitati. La Corte riteneva

dei ritardi all’obbligo di rientro, mancando quindi l’impugnazione di correlazione
con la ratio decidendi della sentenza impugnata: proprio dalla reiterazione dei
ritardi, infatti, la Corte deduce la sussistenza degli elementi oggettivo e
soggettivo del reato.

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non

Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 alla cassa delle ammende.

Così deciso il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Pr sidente

esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte

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