Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3268 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3268 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAPASERGIO Rosario, nato a Palmi (RC) il 30.3.1993;
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria
1’8.4.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Alfredo Viola, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Antonio Strillacci, in qualità di sostituto
processuale dell’avv. Domenico Alvaro, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del 9.3.2013, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Palmi dispose la custodia cautelare in carcere di Papasergio
Rosario, indagato per il reato di cui agli artt. 611 cod. pen. e di tentata
estorsione.

Data Udienza: 05/12/2013

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed
il Tribunale di Reggio Calabria, con ordinanza dell’8.4.2013, confermò il
provvedimento impugnato.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo:
1) la violazione degli artt. 273 cod. proc. pen. e 611 cod. pen., con
riferimento alla ritenuta gravità indiziaria in ordine al delitto di minaccia
per costringere a commettere un reato, contestato al capo 1) della

rivolta dall’indagato alla persona offesa (già vittima di un precedente
reato di lesioni personali ascritto all’odierno indagato, per il quale
dovevasi celebrare il processo) “non venire al processo, se no ti scanno”,
espressione che invece – a dire del ricorrente – sarebbe stata volta, non
a costringere la vittima a commettere il reato di falsa testimonianza, ma
solo ad indurla a non presentarsi in Tribunale per testimoniare;
2) la violazione degli artt. 273 cod. proc. pen. e la mancanza e
manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla ritenuta gravità
indiziaria in ordine al delitto di estorsione contestato al capo 2) della
rubrica, per avere il Tribunale ritenuto sussistente la minaccia, quale
elemento costitutivo della condotta estorsiva, considerando il timore che
l’indagato incuteva nei ragazzi del quartiere, piuttosto che una condotta
realmente minacciosa del medesimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Invero, con riferimento al primo motivo di ricorso, il Tribunale ha
spiegato le ragioni per cui l’espressione rivolta dall’indagato alla p.o. “non
venire al processo, se no ti scanno” ha avuto il significato di indurre la
vittima a non testimoniare contro di lui e, pertanto, a sottrarsi al dovere
di dire la verità che grava su ciascun testimone; e ha posto in luce come
la minaccia fosse seria sia per l’entità del male minacciato
(l’accoltellamento e la morte) sia per la provenienza da persona violenta,
molto temuta nel quartiere.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, il Tribunale ha spiegato
l’atteggiamento violento e prevaricatore del Papasergio verso la persona
offesa e il timore che l’indagato – per la sua condotta aggressiva –

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rubrica, per avere il Tribunale qualificato quale minaccia l’espressione

incuteva in tutto il quartiere, cosicché la richiesta perentoria da lui rivolta
alla p.o. sottintendeva una minaccia, neanche tanto velata, di danno
ingiusto.
Peraltro, gli apprezzamenti compiuti dal Tribunale in ordine alla prova
della sussistenza della minaccia, sia ai fini del delitto di tentata estorsione
che ai fini del delitto di cui all’art. 611 cod. pen., costituiscono questioni
di fatto insindacabili in cassazione, se congruamente motivati.

Corte, «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione
ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve
essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu ocu/i”,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le
ragioni del convincimento» (Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv
214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
Avendo il Tribunale giustificato la sua decisione con una motivazione
completa e immune da vizi logici, il suo convincimento non è sindacabile
in cassazione.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato
trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del
citato articolo 94.

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Invero, come hanno statuito più volte le Sezioni Unite di questa

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione

Penale, il 5.12.2013.

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