Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32661 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32661 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
De Pascalis Michele, nato a Policoro il 29/09/1973,
avverso la sentenza del 16/11/2012 della Corte d’appello di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Vittorio Faraone che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19.1.2012 il Tribunale di Matera dichiarò De Pascalis
Michele responsabile di truffa aggravata in danno dell’I.N.P.S. e lo condannò alla
pena di anni 1 mesi 1 di reclusione ed C 600,00 di multa.

2. L’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Potenza, con
sentenza del 16.11.2012, confermò la pronunzia di primo grado.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, deducendo:

Data Udienza: 15/07/2014

1. violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione
dei reati commessi negli anni 2003, 2004 e 2005, sicché la prescrizione
era già maturata al momento della pronunzia della sentenza di appello;
2. violazione di legge in relazione alla qualificazione dei fatti come truffa
anziché come illecito amministrativo di cui all’art. 116 R.D.L. n.
877/1935; l’imputato si era limitato a dichiarare all’I.N.P.S. la propria
attività agricola e mancherebbero gli artifizi e raggiri; peraltro
mancherebbe la prova della falsità delle dichiarazioni e la sussistenza del
rapporto di lavoro sarebbe attestata dalla sentenza irrevocabile (n.

condanno per l’omesso versamento di contributi;
3. violazione della legge processuale in quanto quello relativo alla condanna
sopra indicata sarebbe lo stesso fatto con conseguente improcedibilità ai
sensi dell’art. 649 cod. proc. pen. per divieto di bis in idem;
4. vizio di motivazione per l’omesso esame della richiesta di concessione
delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è generico.
Il termine di prescrizione di anni 6, prorogato ad anni 7 mesi 6, è stato
sospeso in primo grado per mesi 8 giorni 28, sicché è di anni 8 mesi 2 giorni 28.
Tale termine decorre però non dalla condotta, ma dalla percezione da parte
dei dipendenti, che si assumono fittiziamente assunti, delle prestazioni
assistenziali da parte dell’I.N.P.S., come precisato nel capo di imputazione.
Il motivo di ricorso è sul punto non autosufficiente dal momento che non solo
non indica tali momenti, ma neppure allega documentazione da cui gli stessi
siano individuabili.

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Integra il reato di truffa aggravata e non l’ipotesi di illecito amministrativo di
cui agli artt. 115 e 116 del R.D.L. n. 1827 del 1935 il fatto di chi, mediante
dichiarazioni false, indebitamente ottenga prestazioni erogate da istituti
previdenziali o assistenziali, così indotti in errore.(Cass. Sez. 2, Sentenza n.
45365 del 05/11/2008 dep. 05/12/2008 Rv. 241969, ‘già citata nella sentenza
impugnata. Nella fattispecie, l’INPS era stato indotto, tramite fittizie assunzioni
di braccianti agricoli, a erogare prestazioni previdenziali).

3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

2

331/11 della Corte d’appello di Potenza) con la quale l’imputato è stato

Si deve infatti ricordare che, secondo l’orientamento di questa Corte,
condiviso dal Collegio, per medesimo fatto, ai fini dell’applicazione del principio
del “ne bis in idem” di cui all’art. 649 cod. proc. pen., deve intendersi identità
degli elementi costitutivi del reato, e cioè di condotta, evento e nesso causale,
considerati non solo nella loro dimensione storico-naturalistica ma anche in
quella giuridica, potendo una medesima condotta violare contemporaneamente
più disposizioni di legge. (Cass. Sez. 6^ sent. n. 459 dell’ 8.11.1996 dep.
24.1.1997 rv 207729).

La Corte territoriale ha motivato il diniego delle attenuanti generiche
richiamando e condividendo la motivazione del giudice di primo grado.

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 15/07/2014.

4. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.

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