Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32652 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32652 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
De Martino Liberato, nato ad Angri il 07/01/1964;
avverso la sentenza del 26/10/2012 della Corte d’appello di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13.5.2009 il Tribunale di Nocera Inferiore dichiarò De
Martino Liberato responsabile di reati di ricettazione di assegni bancari, unificati
sotto il vincolo della continuazione e – con la recidiva e la diminuente per il rito
abbreviato – lo condannò alla pena di anni 2 di reclusione ed C 1.500,00 di
multa.

2. L’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Salerno, con
sentenza del 26.10.2012, confermò la pronunzia di primo grado.

Data Udienza: 15/07/2014

3. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo:
1. violazione di legge, vizio di motivazione ed abnormità del provvedimento
impugnato; non sarebbero state prese in considerazione le doglianze
difensive relative al travisamento dei fatti; la Corte d’appello si sarebbe
limitata a motivare richiamando la pronunzia di primo grado; le
risultanze

probatorie

non

giustificherebbero

l’affermazione

di

responsabilità; non sarebbero stati prodotti in originale gli assegni
oggetto di contestazione, pur richiesti dal primo giudice; in taluno dei

giudice è stata disposta la ricitazione dei testi nonostante il rito
abbreviato; le dichiarazioni di De Martino non possono essere poste a
base della condanna; De Martino non poteva riconoscere gli assegni in
quanto non presenti nel fascicolo; la motivazione sarebbe illogica e
contraddittoria, oltre che insufficientemente motivata;
2. violazione di legge in relazione alla determinazione della pena base in
misura superiore al minimo edittale; con un giudizio di equivalenza delle
attenuanti la pena avrebbe potuto rientrare nei limiti della sospensione
condizionale,
3. violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione
del reato; anche con le sospensioni l’ultimo reato si sarebbe prescritto il
16.11.2012.

Con memoria pervenuta il 24.4.2014 il difensore dell’imputato ha ribadito
che nel fascicolo mancavano gli assegni in contestazione, che non vi era stata
pronunzia sulla richiesta di riunione ad altro procedimento e l’intervenuta
prescrizione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente inammissibile per violazione
dell’art. 606 comma 1 cod. proc. pen., perché propone censure attinenti al
merito della decisione impugnata, congruamente giustificata.
La Corte territoriale ha richiamato le ammissioni dell’imputato ed il suo
rifiuto di indicare da quale persona aveva ricevuto gli assegni, oltre alle altre
risultanze.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore

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fascicoli riuniti mancavano anche le copie dei titoli; per mutamento del

possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti

degli enunciati che la compongono.
Quanto alla necessità di acquisire gli assegni non ne è precisata la ragione,
tanto più che l’imputato aveva richiesto il giudizio abbreviato.
In ordine all’attività di istruzione avvenuta nel giudizio abbreviato è
sufficiente ricordare che la stessa è comunque consentita al giudice.

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una
valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti
dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice
dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione
alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione
della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non
eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e
globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli
specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del
20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. n. 155508; n. 14876f; n.
117242).

3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L’imputato è recidivo specifico nel quinquennio, sicché la prescrizione non era
maturata al momento della sentenza di appello.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

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2).

6. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al

nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 15/07/2014.

pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa

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