Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32646 del 11/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32646 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Fadale Salvatore nato a Palermo il 17/3/1986
avverso la sentenza del 13/5/2012 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 13/5/2012, la Corte di appello di Palermo

confermava la sentenza del Tribunale di Palermo del 16/2/2012, che aveva
condannato Fadale Salvatore alla pena di mesi sei di reclusione ed € 300,00
di multa per i reati di cui agli artt. a) 110 648 cod. pen. b) 61 n. 2, 81 cpv.,
110 cod. pen., 189 commi 6 e 7 d. Igs. n. 285 del 1992, c) 110, 582, 585 in

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Data Udienza: 11/07/2014

relazione all’art. 576 e 61 n. 2 cod. pen.
1.1.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

in punto di sussistenza di riconosciuta responsabilità dell’imputato in ordine
ai reati allo stesso ascritti ed in punto di trattamento sanzionatorio.

2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, sollevando

i

seguenti motivi di gravame:

dell’imputato in ordine ai reati allo stesso ascritti. Rappresenta, al riguardo,
che il mezzo era condotto dal Lucchese, che era l’effettivo possessore dello
stesso.
2.2. lamenta la qualificazione giuridica del fatto, dovendo lo stesso, in via
subordinata rispetto a quanto eccepito nel primo motivo di ricorso, essere
inquadrato nell’ambito della violazione dell’art. 712 cod. pen.
2.3. Si duole, infine, della mancata concessione delle attenuanti generiche
e del trattamento sanzionatorio irrogato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso deve essere rigettato, in quanto basato su motivi infondati.
Segnatamente, con riguardo all’affermazione di penale responsabilità
dell’imputato in ordine al reato di ricettazione, di cui al primo motivo
proposto, la Corte territoriale, attraverso il richiamo della decisione di primo
grado, ha, ragionevolmente, ravvisato nel comportamento assunto
dall’attuale ricorrente, quale risultante dalle indagini preliminari espletate,
un ipotesi di concorso nel delitto di ricettazione, ascrivibile al coimputato
Lucchese Giuseppe, che si trovava alla guida del motociclo risultato di
provenienza delittuosa. In tale direzione si è dato atto che il Fadale si
trovava a bordo del motociclo condotto dal Lucchese ed aveva fornito a
quest’ultimo informazioni sulla posizione degli agenti che li stavano
inseguendo fino a cagionare l’incidente descritto nel capo d’imputazione ed
a darsi, successivamente, a precipitosa fuga a piedi. E tali circostanze
vengono, legittimamente, ritenute idonee a provare la consapevolezza da
parte dell’imputato della provenienza illecita del mezzo. Ed in ciò la Corte
territoriale si è adeguata al costante orientamento della giurisprudenza di
legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del delitto di
ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del

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LPfl,

2.1. difetto di motivazione sull’affermazione di penale responsabilità

bene ricevuto, senza che sia indispensabile che tale consapevolezza si
estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di
modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da
prove indirette, allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media
levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della
provenienza illecita di quanto ricevuto. In tal senso questa Corte ha più
volte affermato che la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa

comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza della
provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non
attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente
spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008,
Nardino, Rv. 241458; sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv.
248265). Nella sentenza impugnata il comportamento tenuto dall’imputato,
così come descritto nella sentenza impugnata, si pone come coerente prova
della consapevolezza della provenienza delittuosa del motociclo rinvenuta in
suo possesso unitamente al complice Lucchese.
Tutto ciò vale ad escludere, con specifico riferimento a quanto
eccepito nel secondo motivo di ricorso, anche attraverso il richiamo alla
sentenza di primo grado, qualsiasi vizio della motivazione anche in ordine
alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 648 cod. pen., non
potendo il fatto, per le considerazioni sopra svolte, essere inquadrato
nell’ipotesi dell’incauto acquisto di cui all’art. 712 cod. pen. Difatti, sulla
base di quanto sopra detto, la Corte territoriale ha dato atto, con
argomentazioni prive di contraddittorietà logiche e conformi alle risultanze
processuali, che la qualificazione giuridica operata dal giudice di primo
grado era corretta, sussistendo l’elemento materiale e quello psicologico del

può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal

delitto di ricettazione. E la scelta effettuata dai giudici di merito si pone in
linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio,
in base alla quale in tema di ricettazione, il dolo può ricorrere anche nella
forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio
che la cosa accettata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi
ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della
cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di
sospetta provenienza (sez. 2 n. 45256 del 22/11/2007, Rv. 238515).
Quanto, poi, al terzo motivo di ricorso afferente il trattamento

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sanzionatorio irrogato, il giudice di appello ha ritenuto adeguata la pena
sopra riportata considerandola bene perequata rispetto al reale disvalore del
fatto alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. riconoscendo l’ipotesi
attenuata di cui all’art. 648 cpv. cod. pen. con giudizio di prevalenza sulle
contestate aggravanti e sulla recidiva e rilevando di non potere concedere le
attenuanti generiche alla luce della personalità dell’imputato già gravato da
pregiudizi penali.

questa Corte, deve rilevarsi che la sussistenza di circostanze attenuanti
rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e
può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni
preponderanti della propria decisione, di talché la stessa motivazione,
purché congrua e non contraddittoria, come è avvenuto nel caso di specie,
non può essere sindacata in Cassazione neppure quando difetti di uno
specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati
nell’interesse dell’imputato (Sez. 6 n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419;
sez. 2 n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163). Ed ancora si è affermato che
nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi
favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione
(Sez. 6 n. 34364 del 16/6/2010, Rv. 248244).

4.

Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc.

pen., la condanna dell’imputato che lo ha proposto al pagamento delle
spese del procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Roma 11 luglio 2014

E sul punto, conformemente all’orientamento espresso più volte da

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