Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32645 del 18/06/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32645 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI CECCA VINCENZO N. IL 08/03/1946
avverso la sentenza n. 1374/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
05/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. “FiA uxe”c.0 S g2ka.v..0
che ha concluso per L n,z. zekko
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Data Udienza: 18/06/2013

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RITENUTO IN FATTO
I. Il Tribunale di Matera in composizione collegiale, con sentenza
resa in data 14 dicembre 2005, aveva dichiarato VINCENZO DI CECCA
colpevole del reato di cui agli artt. 81, comma 2, c.p. – 73, commi 1 e 4
/ 80, comma 2, cl.P.R. n. 309 del 1990 (per avere illecitamente
acquistato ingenti quantitativi di cocaina, hashish e marijuana, che poi
deteneva per la vendita all’ingrosso ed al dettaglio: fatti commessi in

Matera dal 1988 al 1996), e, ritenuta la continuazione con fatti
separatamente giudicati, lo aveva condannato, con le attenuanti
generiche equivalenti alle aggravanti contestate, alla pena ritenuta di
giustizia, computando anche l’aumento di pena relativo ai reati
separatamente
1.1. La Corte di appello di Potenza, in data 19 dicembre 2008, aveva
confermato la sentenza resa dal Tribunale di Matera.
1.2. La VI sezione penale di questa Corte Suprema, con sentenza n.
31104 del 24 marzo 2010, dep. 5 agosto 2010, ha annullato la sentenza
della corte di appello di Potenza «limitatamente all’attenuante dell’art.

73, comma 7, d.P.R. n. 309/90 [che era stata ritenuta dalla sentenza
impugnata non configurabile]

e alla determinazione della pena»,

ritenendo assorbitil da tale statuizione gli ulteriori motivi di ricorso, così
riepilogati in premessa:

.«mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento
alla mancata concessione della prevalenza delle già concesse attenuanti
generiche, laddove la sentenza, pur riconoscendo la proficua
collaborazione dell’imputato, ha finito per confermare il giudizio di
equivalenza, svuotando di contenuto effettivo Il comportamento positivo
adottato dal ricorrente»;
«omessa motivazione in ordine alla mancata riduzione della pena-

,_…._i

base e dell’aumento per la continuazione; non essendo sufficiente il
mero richiamo alla motivazione della sentenza di primo grado».

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1.3. All’esito del giudizio di rinvio, la Corte di appello di Salerno, con

la sentenza indicata in epigrafe, ha riconosciuto all’imputato la predetta
circostanza attenuante, ha ritenuto la prevalenza delle circostanze
attenuanti riconosciute sulle circostanze aggravanti concorrenti, ed ha
conseguentemente rideterminato in termini meno afflittivi la pena.
2. Avverso il provvedimento indicato in epigrafe, ha proposto ricorso

l’imputato, con l’ausilio del difensore, avv. Sante Foresta, iscritto

nell’apposito albo speciale, deducendo i motivi di seguito enunciati nei
limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art.
173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e
manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione (in ordine alla
determinazione della pena, con specifico riferimento alle attenuanti di
cui agli aitt. 73, cOmma 7, d.P.R. n. 309 del 1990 e 62-bis c.p., nonché
agli artt. 81, comma 2, e 133 c.p.), anche in relazione alla sostanziale
reformatio in peju$ operata dalla Corte di appello con riguardo al minimo
edittale inerente alla pena base ed alla mancata specificazione degli
aumenti di pena operati a titolo di continuazione.
Ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso con ogni
conseguente provedimento di legge.
Nell’interesse 4e1 ricorrente è stata depositata, in data 19 febbraio
2013, una memoria illustrativa, che ha reiterato le doglianze inerenti
alla violazione dell’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990, ed al
relativo vizio di motivazione, poiché il parametro della gravità del fatto
(valorizzato dalla sentenza impugnata per contenere l’attenuazione della
pena) esulerebbe da quelli rilevanti ai fini della quantificazione della
riduzione di pena prevista per detta attenuante.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come
da epigrafe, e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in
atti, pubblicato mediante lettura in udienza.

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,….-

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è in parte fondato, e va accolto per quanto di ragione.
t L’imputato lamenta:
1) il mancato adeguamento della pena base irrogata per il più grave
reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990 contestatogli nell’ambito del presente procedimento – alla novella
otto di reclusione ad anni sei di reclusione il limite edittale minimo
previsto per il predetto reato: per effetto di ciò, risulterebbe in concreto
operata una vera e propria reformatio in pejus, senz’altro illegittima;
2) il mancato computo nella sua massima estensione della riduzione
della pena base conseguente al riconoscimento della circostanza
attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990, che la
Corte di appello ha ritenuto di giustificare richiamando la gravità del
fatto (desunta dai notevoli quantitativi di droghe trafficate), evocando
un parametro in realtà non attinente alla valutazione de qua, che
avrebbe al contrario dovuto considerare unicamente il grado di proficuità
della collaborazione prestata dall’imputato;
3) la minima riduzione operata per le circostanze attenuanti
generiche, in difetto di adeguata motivazione;
4) l’omessa mdtivazione in ordine alle ragioni che avevano indotto la
Corte di appello a quantificare gli operati aumenti ex art. 81, comma 2,
c.p.
1.1., La prima doglianza non è deducibile perché sollevata per la
prima volta in questa sede.
L’invocata modifica normativa è intervenuta dopo la sentenza di
primo grado, ma prima della sentenza della Corte di appello di Potenza:
ciononostante, le conseguenze che da essa il ricorrente pretenderebbe in
questa sede di trarre non hanno costituito (come sarebbe stato
necessario) oggetto dell’originario ricorso per cessazione, come è
desumibile all’evidenza dal riepilogo dei motivi di ricorso in quella
occasione articolati, operato dalla sentenza n. 31104 del 2010 di que

introdotta con legge n. 49 del 2006, che ha, tra l’altro, ridotto da anni

1777

Corte Suprema (la cui correttezza ed esaustività non è stata mai
contestata dal ricorrente).
Né può ritenerSi che la pena de qua sia di per sé illegale, rientrando
pur sempre nell’ambito dei limiti edittali previsti, sia in precedenza che
attualmente, per il reato contestato ed accertato.
La doglianza in esame, non formulata tempestivamente, non era
quindi deducibile per la prima volta nel corso del giudizio di rinvio, ed a

a fondamento della ritenuta necessità di fare riferimento alla stessa pena
base cui aveva fatto riferimento il primo giudice: il vizio di motivazione
denunciabile nel giudizio di legittimità è, infatti, solo quello attinente alle
questioni di fatto e non anche di diritto, poiché, ove queste ultime,
anche se in maniera immotivata o sulla base di una motivazione
contraddittoria od illogica, siano comunque esattamente risolte, non può
sussistere ragione alcuna di doglianza (Cass. pen., sez. IV, n. 6243 del
7 marzo 1988, Tummarello, rv. 178442; sez. V, n. 4173 del 22 febbraio
1994, Marzola ed altri, rv. 197993; sez. II, n., 3706 del 21 gennaio
2009, P.civ. in proc. Haggag, rv. 242634; sez. II, n. 19696 del 20
maggio 2010, Maugeri ed altri, n/. 247123).

1.2. E’ fondata la doglianza inerente alla erronea applicazione
dell’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990 ed al vizio della
i •
motivazione posta a fondamento del mancato computo nella sua
massima estensione della riduzione della pena base conseguente al
riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7,
d.P.R. n. 309 del 1990, che la Corte di appello ha giustificato
richiamando la gravità del reato (desunta dai notevoli quantitativi di
droghe trafficate). 1
1.2.1.

La circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R.

n. 309 del 1990 (come quella di cui all’art. 8 I. n. 203 del 1991, in
relazione alla quale cfr. Cass. pen., sez. I, n. 2137 del 5 novembre
1998, dep. 19 febbraio 1999, Favaloro, rv. 212531, e n. 14527 del 3
febbraio 2006, Cariolo ed altri, rv. 233938: sez. VI, n. 10740 del 16
dicembre 2010, deo. 16 marzo 2011, Casano ed altri, rv. 249373)
fonda sul riconoscimento della proficuità del contributo for rtt u

4

nulla rileva la diversa motivazione posta dalla Corte di appello di Salerno

dall’imputato allo sviluppo delle indagini, ovvero per evitare
conseguenze ulteriori dell’attività delittuosa.
Ove l’obiettiva utilità della collaborazione sia stata riconosciuta, la
sua incidenza sul calcolo della pena non può quindi essere
ridimensionata in virtù di valutazioni inerenti alla gravità del reato.

«In tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, la
circostanza attenuante speciale della collaborazione prevista dall’art. 73,
comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990 si fonda sul mero presupposto
dell’obiettiva profIcuità della collaborazione prestata dall’imputato e, se
riconosciuta, la sua incidenza sul calcolo della pena non può essere
ridimensionata in ragione di valutazioni inerenti alla gravità del reato> >.

1.2.2. Questo capo della sentenza deve, pertanto, essere annullato,
perché il giudice di rinvio (che va individuato nella Corte di appello di
Napoli) proceda a nuovo giudizio in relazione alla riduzione conseguente
al riconoscimento dell’attenuante in parola, conformandosi al principio di
diritto innanzi enunciato.

1.3. La statuizione che precede assorbe gli ulteriori due motivi di
ricorso.

P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio
sul punto.
Così deciso in Roma, udienza 18 giugno 2013.

Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto:

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