Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3264 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3264 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GENTILE DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONILLO MAURIZIO N. IL 01/01/1974
avverso l’ordinanza n. 241/2013 TRIB. LIBERTA’ di TARANTO, del
30/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GENTILE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor

v.;

Data Udienza: 28/11/2013

Udito il Sostituto Procuratore Generale dott. Volpe Giuseppe che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso ;
Letti il ricorso ed i motivi proposti;
CONSIDERATO IN FATTO
1.1)41 GIP presso il Tribunale di Taranto , con ordinanza del 28.11.2012
applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di :

perché indagato , unitamente a Zacometti Giuseppe per concorso nel reato di tentata
estorsione , ex arti 56-629 CP avendo tentato , con minaccia e violenza, di
costringere Costantino Francesco a riassumere quale propria dipendente Torino
Tiziana , moglie del Bonillo, non riuscendo nell’intento per la reazione della persona
offesa;
1.2)-11 reclamo avverso tale misura veniva rigettato;
successivamente, con richiesta del 29.04.2013 il Bonillo chiedeva al Gip la revoca
della misura ed in subordiné la sua soStituzione Con gli arresti dómiciliari;
1.3)-Avverso il rigetto, veniva proposto appello, rigettato dal Tribunale per il
riesame con ordinanza del 30.05.2013 ;
2.0)-Ricorre
deducendo:

per cassazione l’indagato a mezzo del difensore di fiducia ,

MOTIVI ex art. 606,1° co , lett. b) e) c.p.p.
2.1)-Violazione di legge per avere inquadrato la fattispecie nell’ipotesi ex art. 56-629
CP mentre l’indagato si era limitato ad esercitare un proprio diritto, sicchè il fatto
andava qualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ai sensi dell’art.
393 CP;
a)-il ricorrente censura la decisione impugnata per avere trascurato di considerare che
il Bonillo aveva agito nella convinzione che la moglie Torillo Tiziana fosse stata
vittima di un licenziamento ingiusto in quanto ritenuta erroneamente autrice di un
furto ai danni del datore di lavoro, e tale convinzione si fondava sull’assunto che il
licenziamento era scaturito da una ripresa televisiva effettuata all’interno del luogo
di lavoro in violazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori che vieta l’uso di
impianti audiovisivi per finalità di controllo dei dipendenti;
-a parere del ricorrente le immagini così illegittimamente registrate non potevano
essere utilizzate a fini probatori sicché l’azione giudiziaria in sede civile era
pienamente ammissibile;
-l’azione civile era esperibile anche per violazione del principio di proporzionalità
in quanto si era adottata la misura disciplinare di massimo rigore
del
licenziamento a fronte del trattenimento di una somma assai modesta;
-l’ordinanza era da censurare per avere trascurato di considerare la configurabilità
dell’esercizio arbitrario anche laddove il preteso diritto apparteneva a soggetto
diverso dall’agente;

1

BONILLO MAURIZIO

-il Tribunale aveva trascurato di considerare che , ai fini dell’art. 393 CP non
rilevava la fondatezza della pretesa civilistica azionabile in sede giudiziaria ,
bastando che almeno vi fosse una contesa di fatto o potenziale, dovendosi
prescindere dalla fondatezza del diritto preteso;
CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3.1)-Le doglianze mosse dal ricorrente rion tengono conto del fatto che il
provvedimento impugnato contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati
fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.
Infatti il Tribunale del riesame ha con esaustiva e non contraddittoria motivazione,
evidenziato tutte le ragioni , fattuali e giuridiche, che sostengono il provvedimento
restrittivo impugnato, rilevando in via preliminare , che dagli atti emergeva in
maniera chiara il grave quadro indiziario in ordine al contestato furto compiuto dalla
moglie dell’indagato ai danni del datore di lavoro, stanti le dichiarazioni della
persona offesa e le conferme fornite dagli altri dipendenti dello stesso esercizio,
Capuano, Gallone, Malagnino ;
Il ricorrente deduce, al contrario, che tali testimonianze non sarebbero utilizzabili
perché, a loro volta, fondate sull’osservazione del contenuto delle riprese televisive
sistemate all’interno dell’esercizio commerciale-bar in cui si era svolta l’azione
appropriativa della Toriello, riprese che, essendo state illegittimamente effettuate,
non erano utilizzabili.
Si tratta di una censura infondata atteso che il ricorrente trascura di considerare
che il luogo di lavoro in esame è un esercizio commerciale aperto al pubblico ,
sicchè in tale contesto le prove di reato acquisite nei confronti di un dipendente,
mediante videoriprese effettuate con telecamere installate sul luogo di lavoro sono
utilizzabili nel procedimento penale, non rientrandosi nella fattispecie del “controllo
a distanza” dell’attività dei lavoratori, vietato, in assenza di autorizzazione sindacale
o amministrativa, dagli art. 4 e 38 st. lav., bensì in quella dei controlli c.d. difensivi,
legittimi in quanto finalizzati alla tutela del patrimonio aziendale da condotte illecite
esulanti dallo svolgimento di attività lavorativa, circostanza che sembra ricorrere
nella specie ove la telecamera è predisposta in luoghi aperti al pubblico -(esercizio
di bar – .
Cassazione penale, sez. V, 18/03/2010, n. 20722
Né può ritenersi fondata la censura relativa alla proporzionalità della misura
disciplinare atteso, per un verso, il corretto richiamo da parte del Tribunale al
principio per il quale nel licenziamento disciplinare, la gravità del fatto va valutata,
al fine di verificare il rispetto della proporzionalità, sulla base di una serie di elementi
che nòn possono esaurirsi nelle dirette conseguenze meramente economiche prodotte
al datore di lavoro dalla condotta contestata
(Cassazione civile, sez. lav.,
11/02/2000, n. 1558) e, per altro verso, che si tratta di questione di merito che
sfugge al sindacato di legittimità in presenza di una congrua motivazione.

2

3.0)-1 motivi di ricorso sono totalmente infondati.

Consegue il rigetto del ricorso e la condanna alle spese processuali a norma
dell’art. 616 c.p.p. .
Si provveda a norma dell’art.94/1ter disp. att. cpp
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali;
Si provveda a norma dell’art. 94 comma 1 ter disposiz. attuaz. c.p.p.
Così deliberato in camera di consiglio , il 28.11.2013

In ogni caso, dal contesto della motivazione impugnata , ed in specie, dalla
descrizione della gravità delle minacce e della violenza esercitata dall’indagato, che
ha affrontato la persona offesa spalleggiato da altri due soggetti, uno dei quali ha
ripetutamente colpito la persona offesa Costantino, emerge l’applicazione di un altro
principio costantemente affermato da questa Corte , per il quale ricorre il reato di
estorsione – e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni – allorché la
minaccia si estrinsechi in forme di tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni
ragionevole intento di far valere un proprio (preteso) diritto, e la coartazione
dell’altmi volontà assume “ex se” i caratteri dell’ingiustizia, con la conseguenza che,
in tal caso, anche la minaccia tesa a far valere quel diritto si trasforma in una
condotta estorsiva.
Cassazione penale, sez. V, 14/04/2010, n. 28539 vedi anche: Sez. II, 1° ottobre
2004, n. 47972,

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