Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32637 del 11/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32637 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Gaeta Anna Maria nata a Vico Equense il 16/6/1952
avverso la sentenza del 22/2/2013 della Corte d’appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile;
udito per l’imputata l’avv. Temistocle Golemme che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 22/2/2012, la Corte di appello di confermava la

sentenza del Tribunale di Genova del 5/11/2010 con la quale Gaeta Anna
Maria stata condannata alla pena di mesi sei di reclusione ed € 700,00 di
multa per il reato di cui agli artt. 110 646 cod. pen.

Data Udienza: 11/07/2014

1.1.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

in punto di riconosciuta responsabilità dell’imputata in ordine al reato alla
stessa ascritto.
2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputata, per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. erronea applicazione di legge ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b)
cod. proc. pen., in relazione agli artt. 646 cod. pen. e 178, 180, 185 cod.

reato, in quanto la ricorrente non era neppure a conoscenza della volontà
della persona offesa di riavere il bene nonché la circostanza che l’imputata
non aveva mai avuto il possesso del bene, essendosi limitata a
sottoscrivere il contratto come delegata dell’ente CDRD Chiesa del Regnum
Dei.
2.2. Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. per non essere stati notificati
il decreto di citazione per il giudizio di primo grado e quello per il giudizio di
secondo grado all’indirizzo presso il quale l’imputata aveva eletto domicilio.
2.3. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., con riferimento alla
motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto basato su

motivi manifestamente infondati. Segnatamente e con specifico riferimento
alla doglianza sollevata nel primo e nel terzo motivo di ricorso, la Corte
territoriale ha dato atto, con considerazione in punto di fatto non
censurabile in questa sede, che all’attuale ricorrente, in data, 12/4/200, era
stata comunicata la risoluzione del contratto con contestuale intimazione a
restituire immediatamente l’autovettura. Ciò non è avvenuto ed ha
comportato, sulla base della consolidata giurisprudenza di questa Corte,
l’esercizio di un potere di fatto sulla cosa al di fuori dalla sfera di
sorveglianza del titolare, qualificabile in termini di interversione nel
possesso dell’autovettura (sez. 2 n. 38604 del 20/9/2007, Rv. 238163; sez.
2 n. 13347 del 7/1/2011, Rv. 250026), costituente l’elemento oggettivo del
delitto contestato. Quanto, poi, all’elemento soggettivo, consistente nella
coscienza e volontà di appropriarsi della cosa mobile altrui (sez. 2 n. 27023
del 27/3/2012, Rv. 253411), dalla sentenza impugnata e da quella di primo

2

proc. pen. In particolare fa rilevare l’assenza dell’elemento psicologico del

grado risulta in modo evidente che la ricorrente, all’esito dell’intimazione a
restituire l’autovettura, era consapevole di avere mutato il titolo del
possesso dell’autovettura, omettendo di restituirla o di dare disposizioni,
nella sua qualità, affinchè venisse restituita all’avente diritto.
Quanto poi alle questioni inerenti la notifica dei decreti di citazione
per il giudizio di primo grado e per quello di appello, di cui al secondo
motivo proposto, la doglianza, che per il giudizio di primo grado reitera

infondata, essendo gli atti in questione ritualmente notificati presso il
domicilio eletto in Genova via Cadamosto 22/1.

4.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi

dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputata che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento della
somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso, 11 luglio 2014

l’analoga questione proposta con i motivi di appello, si rivela palesemente

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