Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32634 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32634 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BORELLI GIANLUCA N. IL 08/11/1966

avverso la sentenza n. 2741/2007 CORTE APPELLO di BRESCIA,
del 23/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO PRESTIPINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.ANTONIO
GIALANELLA
che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

Udito il difensore Avv. Giuseppe Rossodivita in sostituzione dell’avv.
Marcello Elia, che si riporta al ricorso.

Data Udienza: 11/06/2014

Ritenuto in fatto
1. Ha proposto ricorso per cassazione Borelli Gianluca, per mezzo del proprio difen s ore,
avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 23.10.2012, che in riforma della più
severa sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Bergamo, sez.
distaccata di Clusone, il 20.6.2007, all’esito di giudizio abbreviato, per il reato di ricettazione di
due assegni bancari, escluse la continuazione e ridusse la pena.
2. Deduce la difesa Violazione di legge e carenza o illogicità della motivazione con riferimento
alla determinazione della pena. La Corte territoriale, pur riconoscendo l’ipotesi attenuata di cui
all’art. 648 co 2 c.p., non avrebbe spiegato la decisione di lasciare sostanzialmente immutata
la pena base.
3. Violazione di legge in riferimento alla mancata dichiarazione della prescrizione del reato. Il
riconoscimento dell’ipotesi lieve avrebbe ridotto secondo il ricorrente, il termine prescrizionale.
La deduzione si innesta sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente con
riguardo all’esclusione della rilevanza delle attenuanti ai fini del calcolo del termine
prescrizionale. La difesa rileva, a sostegno della questione, numerosi esempi delle presunte
anomalie derivanti dall’applicazione dell’attuale regime normativo, che finirebbe per favore più
rapidi termini prescrizionali per reati più gravi di quello previsto dall’art. 648 co 2 c.p.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.La difesa parte dall’erroneo presupposto che la sentenza di appello abbia ritenuto la
sussistenza dell’attenuante speciale di cui all’art. 648 co 2 c.p., ma anzitutto non c’è traccia di
una corrispondente statuizione nel dispositivo, e in secondo luogo l’espressione “vuoi per il
riconoscimento dell’ipotesi attenuata”, che figura nel corpo motivazionale della sentenza, è
logicamente riferibile al “riconoscimento” delle attenuanti generiche già effettuato dal giudice
di primo grado, sia per il coordinamento dell’espressione con il dispositivo, sia per l’assenza,
nell’inciso in esame, di ogni qualifica di “specialità” dell’ “ipotesi attenuata”, sia infine, per la
strutturazione del trattamento sanzionatorio, che muove esplicitamente dalla considerazione
della pena edittale (minima) prevista dal primo comma dell’art. 648 c.p.
2. L’errore di partenza in cui è incorsa la difesa, già renderebbe del tutto superflua, per
manifesta irrilevanza, l’analisi della questione di legittimità costituzionale sollevata con il
secondo motivo, che ha per presupposto proprio la mancata perequazione legislativa, ai fini
della prescrizione, delle attenuanti “speciali rispetto alle aggravanti speciali; ma la questione
è stata già affrontata dal giudice delle leggi, che l’ha dichiarata non fondata (Cort.
Cost. num. 0324 del 2008 dove il rilievo che l’art. comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n.
251 non è in contrasto con gli
artt.
3
e
111,
secondo
comma,
Cost.,
nella
parte
in
cui
non
prevede
che,
per
determinare
il
tempo
necessario
a
prescrivere,
si
tenga
conto
anche
delle
aggravanti
comuni
e
delle
attenuanti. In motivazione, la Corte osserva che tale scelta è espressione del legittimo
esercizio
della
discrezionalità
legislativa
e
non
trasmoda
in
una
violazione
del
principio
di
ragionevolezza,
in
quanto
volta
a
stabilire
tempi
certi
e
predeterminati di prescrizione dei reati).
Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagame to delle spese processuali
e della so
a di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deci
Ro a, nella c
lio, il 0.10014.
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Il Pr sidente

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