Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32632 del 21/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32632 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCIMONELLI ALFIO N. IL 02/08/1973

avverso la sentenza n. 805/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA,
del 17/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO PRESTIPINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.GIANLUIGI
PRATOLA
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 21/05/2014

Ritenuto in fatto
Ha proposto ricorso per cassazione Scimonelli Alfio, per mezzo del proprio difensore,
avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 17.6.2013, che in riforma della
sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal gup del Tribunale di Bergamo il
21.11.2012, per vari fatti di rapina e reati connessi, applicava al ricorrente la pena
accessoria dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
La Corte rileva, per tutte le rapine, in accordo con le valutazioni del gup, il collante
probatorio dell’identico modus operandi; tutti i crimini erano stati eseguiti da due
soggetti armati di coltello, attesi all’esterno delle agenzie prese di mira da un altro
complice a bordo di un’auto.
I giudici di appello ricordano poi quanto alle singole rapine, la dettagliata ricostruzione
del quadro probatorio da parte del Gup (per la rapina di cui al capo A),immagini estratte
dal sistema video dell’agenzia di Romano del MPS in collegamento con un controllo
effettuato nei confronti del ricorrente mentre si trovava a bordo di un’autovettura Ford
Ka insieme ad altro soggetto coinvolto nei fatti; i riconoscimenti fotografici effettuati dai
dipendenti della banca;le risultanze dei tabulati telefonici; per la rapina di cui al capo C)
in danno dell’agenzia di Carvico della Banca Popolare di Sondrio, analoghi controlli di
polizia e i riconoscimenti fotografici effettuati dalle vittime;per la rapina in danno del
supermercato LG di Villa D’Adda, le dichiarazioni di un testimone oculare e le
propalazioni di una donna coinvolta nei fatti; per le rapina in danno del credito
Bergamasco di Madone e del Veneto Banca di Urgnano, i riconoscimenti fotografici
effettuati dagli impiegati e le circostanze dell’arresto del ricorrente, trovato in stato di
ebbrezza alcolica, cioè nelle stesse condizioni rilevate dai testi).
La Cote di merito rivisita quindi le risultanze istruttorie alla luce delle critiche difensive,
ribadendo il giudizio di univocità del quadro probatorio.
Deduce la difesa:
1.In punto di responsabilità, l’erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. Pen. e
comunque il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta
sufficienza del quadro probatorio. La difesa rileva che i giudici di appello non avrebbero
rettamente applicato i criteri di valutazione della prova indiziaria, attribuendo al
complesso delle risultanze istruttorie i requisiti della gravità, precisione e concordanza
nonostante le numerose incongruenze e contraddizioni nelle varie deposizioni
testimoniali rispetto alla descrizione dei rapinatori. La censura è corredata, in ricorso,
dalla puntuale ricostruzione del materiale probatorio riferibile a ciascuna della rapine.
2. In punto di trattamento sanzionatorio, il vizio di inosservanza e mancata applicazione
dell’art. 62 nr. 4 cod. pen. in riferimento al mancato riconoscimento dell’attenuante del
danno di speciale di tenuità per la rapina in danno del Credito Bergamasco di Madone e
il vizio di erronea interpretazione degli artt. 62 bis e 69 cod. pen, per l’ingiustificato
diniego della attenuanti generiche e dell’art. 81 cpv c.p. per l’eccessività degli aumenti
per continuazione.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.In punto di responsabilità, le censure difensive sono caratterizzate da un’accentuata
connotazione di merito, e non colgono alcun vizio logico-giuridico nella valutazioni della
Corte territoriale. Così, ad es., nessun reale contrasto sembra ipotizzabile tra le
dichiarazioni dei testimoni della rapina di cui al capo A), che descrivono in effetti in
modo sostanzialmente sovrapponibile le fattezze del rapinatore identificato poi nel
ricorrente, a parte marginali divergenze sulla carnagione (quella “chiara” indicata da
uno di essi, essendo comunque più che altro espressiva, come ricorda la Corte di
merito, dell’indicazione di un “tipo europeo”); mentre anche per il restanti episodi la
Corte di merito dà analiticamente conto di tutte le obiezioni difensive (pagg. 8 e ss.
Della sentenza impugnata) sostanzialmente riproposte in ricorso negli stessi termini con
interlocuzioni peraltro soltanto parziali rispetto alle ampie argomentazioni della
sentenza. Senza dire che nemmeno potrebbe parlarsi, nella maggior parte dei casi, di
prove “indiziarie”, rispetto a testimonianze dirette capaci senz’altro di evocare la
storicità dei fatti e le singole responsabilità alla sola condizione del necessario giudizio di
attendibilità soggettiva, correttamente effettuato dai giudici di merito.

2. In punto di trattamento sanzionatorio, le valutazioni della Corte di merito sono
anzitutto condivisibili rispetto alla valutazione dell’insussistenza dell’attenuante di cui
all’art. 62 nr. 4 cod. pen per la rapina di Modane, avendo la Corte correttamente
applicato il criterio della centralità dell’intrinseco valore oggettivo del danno, rispetto al
quale le condizioni della vittima costituiscono criterio sussidiario applicabile soltanto nei
casi-limite (ex plurimis, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16485 del 04/03/2010, Rv. 246767,
che ribadisce il principio anche nel caso di delitti contro il patrimonio commessi in danno
dello Stato o di altro ente pubblico), mentre, per il resto, sono saldamente ancorate,
tanto con riferimento alla pena complessiva che agli aumenti per continuazione, alla
rilevata gravità dei fatti, alla determinazione criminale dimostrata dal ricorrente in
occasione della rapina in danno del supermercato LD, quando lo Scimonelli e i suoi
complici non esitarono ad investire un teste nel corso della fuga dai luoghi, e, infine, ai
numerosi precedenti anche specifici del ricorrente.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato
inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa selle Ammende,
commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nell determinazione
della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara ma missibile il ricorso e condanna il ricorrente al pa mento delle spese
processuali della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Amme de.
Così deciso
Roma, nella camefertft-etrasiefio, il 21.5.2014.

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