Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32631 del 21/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32631 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VISCONTI ALFREDO N. IL 14/07/1947

avverso la sentenza n. 721/2005 CORTE APPELLO di BARI, del
18/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO PRESTIPINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.GIANLUIGI
PRATOLA
che ha concluso per il rigetto del ricorso

Udito il difensore Avv. Giulitto Giuseppe , in sostituzione
dell’avv.Lerario Nicola, che si riporta al ricorso.

Data Udienza: 21/05/2014

Ritenuto in fatto
Ha proposto ricorso per cassazione Visconti Alfredo, per mezzo del proprio difensore, avverso
la sentenza della Corte di Appello di Bari del 18.2.2013, che in riforma della sentenza di
condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale 1’1.12.2004, per vari fatti di
ricettazione e falso e per i reati di riciclaggio consumato e tentato, come allo stesso contestati
ai capi da A ad I della rubrica accusatoria, dichiarò prescritti i reati di ricettazione e falso di cui
ai capi da B) ad H), e rideterminò la pena per i residui reati in anni cinque e mesi sette di
reclusione ed C 1.800,00 di multa.
Deduce la difesa:
1.Violazione dei criteri stabiliti dall’art. 192 cod. proc. pen in materia di valutazione delle
prove. Il motivo è incentrato sui modi in cui si è pervenuti all’identificazione del ricorrente
come autore dei fatti, cioè sulla base della fotocopia della fotografia che ne ritrarrebbe
l’immagine apposta sul documento d’identità del fantomatico Angelillo Vittorio, risultato
soggetto inesistente. Il riconoscimento del ricorrente nella fotografia da parte degli
investigatori corrisponderebbe ad una mera attività investigativa e non probatoria„ e la Corte
territoriale avrebbe finito ingiustificatamente con l’avvalorare una semplice intuizione
investigativa.
2. Omessa motivazione sulle doglianze difensive esposte nell’atto di appello. La Corte
territoriale, in particolare, non avrebbe dato conto della circostanza che le indagini introduttive
del presente procedimento avevano interessato altri soggetti; non avrebbero inoltre tenuto
conto delle perplessità emergenti dalla deposizione del verbalizzante Gentile sulla plausibilità
del riconoscimento del ricorrente
3.Violazione di legge in relazione all’art. 597 co 3 c.p.p. in punto di valutazione del trattamento
sanzionatorio. Nel rideterminare la pena, il giudice di appello avrebbe deciso per il reato di cui
al capo I, un aumento per continuazione superiore a quello fissato nella sentenza di primo
grado.
4. La prescrizione di tutti i reati.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato
1.11 primo e il secondo motivo affrontano in modo alquanto superficiale e generico la questione
della identificazione dell’imputato come il soggetto che aveva la disponibilità del box all’interno
del quale vennero rinvenute due autovetture di provenienza furtiva, una delle quali munita di
carta di circolazione contraffatta, numerosi documenti di circolazione o assicurativi del pari di
provenienza delittuosa e due carta di identità falsificata. Nella sentenza di appello (pagg. 13 e
14) si ricorda tra l’altro che all’interno del locale venne rinvenuta anche una nota Omnitel
indirizzata al Visconti, elemento che si aggiunge al contenuto di alcune deposizioni testimoniali
in alcuni casi supportate dal riconoscimento fotografico dell’imputato, nel caso del teste
Brancale dall’identificazione del ricorrente nell’aula dibattimentale. A tanto la difesa oppone
qualche vaga indicazione su incertezze e perplessità, senza in alcun modo insidiare la tenuta
logica del percorso argomentativo delle sentenze di merito.
2. Il quarto motivo non tiene conto dell’applicabilità al caso di specie del più severo regime
prescrizionale anteriore a quello introdotto dalla L. 251/2005. Considerata la recidiva reiterata,
specifica ed infraquinquennale contestata ed applicata, i termini prescrizionali sono quindi ben
lungi dall’essere maturati.
3. Il motivo sul trattamento sanzionatorio si fonda in sostanza su un equivoco. La difesa
lamenta che l’aumento di mesi sette di reclusione ed euro 400,00 di multa sulla pena base di
anni cinque di reclusione ed euro 1400,00 di multa determinata per il reato di cui al capo A),
sarebbe superiore ai singoli aumenti per continuazione a suo tempo calcolati dal giudice di
primo grado nella misura di mesi tre di reclusione ed C 200 di multa, ma in realtà dal computo
bisogna scorporare il distinto aumento per la recidiva, pari a mesi quattro di reclusione ed euro
200 di multa. La sentenza di appello fa solo una certa confusione al riguardo, quando riferisce
unitariamente l’aumento della pena base alla continuazione senza tener conto della recidiva,
la cui influenza risulta peraltro confermata in dispositivo. Non può quindi ravvisarsi, nella
specie, alcuna violazione del divieto della reformatio in peius.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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orna, nella camera-d~iglio, il 21.5.2014.
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