Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32630 del 21/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 32630 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
FALCONE Andrea n. Gagliano del Capo il 28 aprile 1988
avverso la sentenza emessa il 10 febbraio 2013 dalla Corte di appello di Lecce

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Gianluigi Pratola, che
ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente alla mancata motivazione circa il
beneficio della sospensione condizionale della pena e il rigetto nel resto;
sentito il difensore, avv. Silvio Caroli del foro di Lecce, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 21/05/2014

i
Considerato in fatto
1. Con sentenza in data 10 febbraio 2013 la Corte di appello di Lecce ha
confermato la sentenza emessa il 30 settembre 2010 dal giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Lecce con la quale Falcone Andrea, all’esito del giudizio
abbreviato, era stato dichiarato colpevole del delitto di tentata rapina impropria
aggravata, commesso in Gallipoli il 29 dicembre 2009, ed era stato condannato, con la

2. Avverso la predetta sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto
ricorso per cassazione deducendo:
1) la violazione di legge, in relazione agli artt.624 e 628 cod.pen., per la mancata
qualificazione giuridica del fatto come tentativo di furto, risultando pacificamente che
il comportamento violento era stato posto in essere dal Falcone in un momento in cui
non aveva ancora portato a compimento la sottrazione della merce; la difesa non
condivide la pronuncia delle Sezioni Unite n.34952 del 12 settembre 2012 che ha
riconosciuto la compatibilità tra il tentativo e la rapina impropria e, richiamando il dato
testuale dell’art.628, comma secondo, cod.pen. (“dopo la sottrazione”), evidenzia la
distinzione tra sottrazione ed impossessamento e il riferimento del legislatore, quanto
alla rapina impropria, solo alla sottrazione; rileva, inoltre, l’impossibilità di configurare
un dolo di rapina impropria tentata, reato a struttura bifasica in cui la coscienza e la
volontà iniziali sono riferite al furto e quelle successive alla violenza alla persona o alla
minaccia; il tentativo del reato complesso e a formazione progressiva di rapina
impropria richiederebbe atti che rappresentino, sin dall’inizio, la condotta tipica di
violenza o minaccia;
2)

la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione al negato

riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con riferimento alla mancata
confessione, e del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Ritenuto in diritto
3. Il primo motivo è infondato.
La Corte rileva che nel ricorso vengono riprese, a sostegno della tesi secondo la
quale il tentativo di rapina impropria sarebbe ipotizzabile solo quando la sottrazione
della cosa si sia già realizzata, le argomentazioni sulle quali era fondata la
giurisprudenza minoritaria della Corte prima della sentenza delle Sezioni Unite n.

diminuente per il rito, alla pena di anni due di reclusione ed euro 600,00 di multa.

3

34952 del 19 aprile 2012 che ha, invece, ritenuto configurabile il tentativo di rapina
impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non
equivoco alla sottrazione della cosa altrui, adoperi violenza o minaccia per procurare a
sé o ad altri l’impunità. Le Sezioni Unite, quanto al dato testuale del capoverso
dell’art.628 cod.pen., hanno chiarito che, sulla base di una lettura logico-sistematica e
non meramente letterale della norma, il legislatore, con l’espressione

tra i segmenti dell’azione criminosa complessa (condotte di aggressione al patrimonio
e di aggressione alla persona), ma non anche definire le caratteristiche, consumate o
tentate, di tali segmenti, essendo necessario e sufficiente ai fini della configuravbilityà
della rapina impropria che tra le due diverse attività concernenti il patrimonio e la
persona intercorra un arco temporale tale da non interrompere il nesso di
contestualità dell’azione complessiva posto in essere. Le Sezioni Unite hanno inoltre
escluso che la sottrazione possa configurarsi come un mero presupposto del reato di
rapina, “trattandosi pur sempre di una condotta consapevole e già illecita dello stesso
agente e non certo di un elemento naturale o giuridico anteriore all’azione delittuosa
ed indipendente da essa”. Ammessa concettualmente l’ipotizzabilità del tentativo con
riferimento alla fase della sottrazione, “la successiva violenza esercitata per procurarsi
l’impunità non resta avulsa dal modello legale prefigurato nell’art.628, comma
secondo, cod.pen., ma ad esso si coniuga a perfezione, dando così vita alla figura
tentata di rapina impropria, senza alcuna illogica scansione del reato complesso in
autonome figure di tentato furto e violenza o minaccia”. Nella citata sentenza, che il
collegio integralmente condivide, si afferma inoltre che il dolo nel tentativo di rapina
impropria “è integrato dal dolo del furto, implicitamente richiamato, e dall’ulteriore
scienza e volontà di usare la violenza o minaccia al fine di assicurare a sé o ad altri il
possesso della cosa sottratta o di procurare a sé o ad altri l’impunità”.

Le

argomentazioni del ricorrente risultano, a fronte della complessa ed articolata
motivazione della sentenza delle Sezioni Unite che le ha già compiutamente analizzate
ritenendole infondate, meramente assertive.
4. Il secondo motivo è solo parzialmente fondato.
Quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la
Corte rileva che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con
motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché

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“immediatamente dopo”, intendeva stabilire il nesso temporale che deve intercorrere

4
la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata
in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei
pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. sez.VI 24
settembre 2008 n.42688, Caridi; sez.VI 4 dicembre 2003 n.7707, Anaclerio). Pertanto
il diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente fondato
anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia

Milenkovic), come nel caso di specie un comportamento processuale non lineare
(l’aver reso “una versione degli accadimenti del tutto contrastante con la realtà,
avendo affermato di essere entrato in quell’esecizio commerciale perché aveva trovato
la porta aperta”), mentre la genericità sul punto delle censure difensive (che si
appuntavano, sostanzialmente, solo sull’asserito stato di incensuratezza dell’imputato)
non richiedeva alcuna specifica motivazione.
Effettivamente, invece, la motivazione della sentenza impugnata difetta in
ordine alla censura difensiva relativa al mancato riconoscimento del beneficio della
sospensione condizionale, formulata a pagina 4 dei motivi di appello (in cui, tra l’altro,
si fa rilevare che il certificato del casellario giudiziale presente nel fascicolo era
negativo).
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad
altra sezione della Corte di appello di Lecce, limitatamente all’omessa pronuncia sulla
richiesta sospensione condizionale della pena, per nuovo giudizio sul punto. Nel resto
il ricorso va invece rigettato.
P.Q.M.
annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla omessa pronuncia sulla
richiesta sospensione condizionale della pena, dispone trasmettersi gli atti ad altra
sezione della Corte di appello di lecce per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il
ricorso.

ritenuto prevalente rispetto ad altri (Cass. sez.VI 28 maggio 1999 n.8668,

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