Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 326 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 326 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI PISTOIA
nei confronti di:
VESCOVI RENZO
avverso l’ordinanza n. 27/2013 TRIB. LIBERTA’ di PISTOIA, del
10/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 28/11/2013

-1- Il P.M. di Pistoia ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza del tribunale di Pistoia in data
10.7.2013 che,in sede di appello, annullava l’ ordinanza emessa dal gip della stessa città,datata
31.5.2013, che, ripristinava la già disposta misura cautelare interdittiva nei confronti della Vescovi
Renzo s.p.a. del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per sette mesi nelle regioni
della Toscana e della Liguria, misura conseguente al ravvisato illecito amministrativo di cui agli
artt. 5,comma 1 lett. a), 21 e 25 D.Lgs. n. 231/2001 correlato ai reati di cui agli artt. 81 cpv,
110,319,319 bis,321 e 1353 comma 2 c.p. contestati a Vescovi Roberto, quale socio di maggioranza
ed institore della predetta società. Era accaduto che il gip del tribunale di Pistoia„ dopo la
sospensione, alla predetta società per azioni, delle misure cautelari ex art. 49 D.Lgs. per un periodo
di sette mesi al fine di consentirle di poter adempiere alla tre condizioni ostative alla applicazione
delle misure cautelari interdittive elencate nell’art. 17 del D.Lgs. n. 231/2001, le riteneva non
adempiute, ripristinava la misura che però veniva annullata dal giudice di appello con il
provvedimento oggetto di ricorso.
-2- In breve il discorso giustificativo del giudice di appello che, oltre che annullare la citata
ordinanza, disponeva altresì la restituzione della somma di euro 250.000,00 in precedenza prestata a
titolo di fideiussione ai sensi dell’art. 49 D.Lgs. cit.: in adempimento della prima condizione
prevista dalla,lett. a) del citato art. 17 il tribunale ha ritenuto che, nella impossibilità di determinare
l’ entità del danno cagionato dagli amministratori della società a fronte dell’ incolpazione
provvisoria, l’avere però previsto in bilancio la costituzione di un fondo di accantonamento di euro
120.000,00 ( rectius 118.000.00) informando della operazione i Comuni in tesi danneggiati dal
reato – Pistoia e Piteglio- si traduceva in buona sostanza nell’adempimento della prestazione
alternativa al risarcimento integrale del danno ovvero alla eliminazione delle conseguenze dannose
o pericolose da reato, prestazione alternativa tradottasi nell’ essersi la società efficacemente
adoperata per garantirne, del risarcimento e della eliminazione dell’ conseguenze predette, il futuro
adempimento. Non riteneva il giudice di appello che allo stato potessero profilarsi ulteriori fronti
danneggiati, quali le ditte che avevano partecipato alla gara illecita per l’ impossibilità di ravvisare
un danno alle predette tant’è che le stesse non si erano costituite parti civili nel dibattimento in
corso contro l’ imputato. Peraltro la società avrebbe adempiuto anche alla seconda condizione
ostativa alla applicazione di sanzioni interdittive, per aver adottato procedure e protocolli
organizzativi idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi . In proposito veniva
richiamato il profilo oggettivo delle condizioni riparatorie richieste dalla legge per rilevare che
nessun rilievo negativo poteva attribuirsi al fatto che amministratore unico era stato nominato
Vescovi Tommaso ,collegato per stretti vincoli familiari a Vescovi Roberto che si era reso
responsabile, in tesi , dei reati per i quali si procedeva. Anche la terza condizione ostativa alla
applicazione delle sanzioni interdittive si sarebbe realizzata per doversi ritenere l’ accantonamento
di una seconda somma di euro 120.00,00 (rectius 118.000) , pari al 10% degli importi fatturati ed
incassati dalla società per i lavori relativi allegare in contestazione, del tutto corrispondente al
profitto conseguito ai fini della confisca, profitto in questa prospettiva da intendersi in senso stretto
costitutivo dell’ utile netto ricavato.
-3 — Articolato e diffuso il ricorso del P.M. che sottolinea, per escludere che l’ente si sia adoperato
efficacemente per risarcire il danno, l’ esiguità, il ritardo, alla scadenza del periodo di sospensione,
e I `inconcludenza del mero accantonamento , in ogni momento revocabile, della somma messa a
siàeitic a

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso e la memoria a sostegno depositata il 13.11.2013;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Giuseppe Volpe, per l’ annullamento con rinvio del
provvedimento.
Udito il difensore della società Vescovi s.p.a., avv. Enrico Panelli, che chiede che venga dichiarata
l’inammissibilità del ricorso del P.M.

-4- Il ricorso del P.M. è fondato, ma non per tutte le argomentazioni svolte con riferimento a tutti i
profili afferenti alle dedotta mancanza delle tre e condizioni previste dall’art. 17 D.Lgs. n. 231/2001
come ostative alla applicazione delle misure interdittive. E’ fondato il ricorso per l’ assorbente ed
esaustivo profilo di non essersi la società” efficacemente”, come impone l’art. 17 lett. a) D.Lgs. n.
231/2001, adoperata a risarcire integralmente il danno, ad eliminare le conseguenze dannose o
pericolose del reato..
Si deve premettere che l’art.50 del D.Lgs. n. 231 del 2001 prevede la revoca delle sanzioni
interdittive disposte ai sensi del precedente art. 45, quando le correlative esigenze cautelari risultino
mancanti anche per fatti sopravvenuti (non tipizzati dalla norma), ovvero in presenza delle ipotesi
previste dall’art. 17, disposizione che disciplina la riparazione delle conseguenze del reato
prevedendo che essa possa ritenersi attuata nella concorrenza di tre condizioni, che devono essere
adempiute prima dell’apertura del dibattimento di primo grado e concorrere tutte, le seguenti: a)
che l’ente abbia risarcito integralmente il danno e abbia eliminato le conseguenze dannose del reato,
ovvero si sia comunque efficacemente adoperato in questo senso; b) che abbia eliminato le carenze
che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a
prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi; c) che abbia messo a disposizione il
profitto conseguito ai fini della confisca. Dette condizioni devono peraltro necessariamente
concorrere sia al fine di evitare la stessa applicazione delle sanzioni interdittive che per giustificarne
la revoca.
-5- Vi è da premettere, ancora, che il ricorso per cassazione de quo, in forza del disposto dell’art. 52
comma 2 D.Lgs cit, è consentito per violazione di legge, e non per manifesta illogicità della
motivazione. Sul versante motivazionale, la violazione di legge, per giurisprudenza che non registra
arresti di sorta, potrà ricorrere solo quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del
tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere
comprensibile la vicenda contestata e l'”iter” logico seguito dal giudice nel provvedimento
impugnato. Una tale limi azione di indagine preclude al giudice di legittimità di prendere posizione
sulla asserita violazione della necessità di predisporre validi ” compliance programs” o valide
messe a disposizione del profitto funzionale alla confisca e tanto meno la congruità del valore del
profitto accantonato. Sul punto il tribunale ha redatto una motivazione, quale che sia il suo valore
euristico sul piano del merito, che esiste, costitutiva di criteri di ragione, anche se opinabili, che
impediscono alla corte di tracimare i rigidi steccati posti dalla legge alla sua competenza
conoscitiva. Così, ai fini della decisione, non è possibile, nel caso di specie, prendere posizione,
sul versante della predisposizione dei modelli organizzativi finalizzata alla prevenzione, della
nomina quale amministratore unico di Vescovi Tommaso, figlio di Vescovi Roberto e fratello di
Vescovi Michele, a fronte di predisposte barriere a carattere oggettivo funzionali allo scopo, dal
momento che sarebbe azzardato dare rilevanza di per sé, isolandolo dal più generale ed oggettivo
contesto organizzativo, ai meri collegamenti personali, non ulteriormente caratterizzati da elementi
di disvalore, tra gli amministratori e soci della società prima e dopo la commissione del reato. E
peraltro la valutazione della adeguatezza o meno di un sistema che, a prescindere che certi poteri
siano o non siano formalmente delegati, garantisca l’ effettiva e concreta ripartizione dei compiti
all’ interno della impresa,tale da consentire una scoperta immediata, ed una altrettanto immediata
segnalazione, degli eventuali illeciti societari, di regola, richiede competenze tecniche di
sindaca

disposizione ai fini della confisca, peraltro considerata solo ai fini del risarcimento del danno
subito dai Comuni, e non invece anche dalle ditte partecipanti alla gara di appalto, alterate dalla
condotta costitutiva del reato ex art. 353 c.p.. Le violazioni di legge, come sopra denunciate,
riguarderebbero anche l’ omessa predisposizione di moduli organizzativi funzionali a prevenire
futuri illeciti dello stesso tipo di quello commesso. Da qui, ad avviso del ricorrente la denuncia di
una motivazione giudiziale affetta da vizi così radicali da rendere l’apparato argomentativo
mancante, apparente o illogico.

-6 — Il ricorso rinviene la sua più piana soluzione, invece, nella registrazione di una violazione di
legge sul versante del risarcimento del danno che, a prescindere dalla sua determinazione
quantitativa, contestata genericamente dal P.M, è stato ritenuto dai giudici di merito effettivo
attraverso la costituzione di un accantonamento costitutivo di una riserva indisponibile, certificata
dal collegio sindacale, accantonamento comunicato agli enti comunali, persone danneggiate dal
reato, solo dieci giorni prima della scadenza del periodo di sospensione di sette mesi come concesso
dal gip. Correttamente il P.M. ricorrente contesta che si sia realizzata la condizione imposta dalla
legge perché si possa dar luogo alla revoca della misura interdittiva.
Invero il sistema punitivo della responsabilità da reato degli enti assume un carattere prettamente
preventivo, volto a prescegliere sanzioni e misure cautelari funzionali a prevenire per il futuro la
commissione dei reati attraverso la strutturazione regolativa dell’ organizzazione capace di
controllare, da sè, se stessa. Ne consegue che le disposizioni funzionali alla regolarizzazione,
attraverso schemi rigorosi, dell’ organizzazione dell’ente tali da impedire la reiterazione dei
reati,devono essere interpretate con il massimo rigore per poter perseguire la massima efficacia. Il
che si traduce nella diretta consegna alle persone danneggiate, nella specie agli enti locali
danneggiati dalla attività di corruzione, della somme costitutive del risarcimento del danno prodotto
ovvero con modalità che garantiscano la presa materiale della somma risarcita su iniziativa del
danneggiato senza la necessità di una ulteriore collaborazione per la traditio dell’ente risarcente.
Con argomento a contrario, poi, può rilevarsi che mentre per il profitto funzionale alla confisca la
disposizione di legge prescrive la “messa a disposizione” del danneggiato, per l’ integrale
risarcimento non impone la medesima modalità di condotta, ma rimarca che la sua prestazione sia
efficace, come efficace l’ attività tesa al suo adempimento. Ora la previsione nel bilancio della
società di un fondo di accantonamento di euro 120.000 euro, anche nella forma di riserva
indisponibile certificata dal collegio sindacale, non garantisce certo l’ “efficacia” del risarcimento
per le possibili incerte vicende societarie tanto che la somma accantonata, ma rimasta sempre nel
possesso materiale e nella disponibilità, pur condizionata, dell’ente, potrebbe, in caso di perdita o di
decozione della società, volatizzarsi, ridursi, esemplificando in caso di fallimento, per i concorrenti
crediti di altri. In tali casi verrebbe frustrata la volontà della legge che pretende, per la revoca della
sindaca

individuazione e rilevazione del rischio e delle misure idonee a prevenirlo, incompatibili con i
giudizi costretti e ristretti dai i rigorosi limiti segnati dalla verifica della mancanza di motivazione o
di una motivazione meramente apparente ovvero ancora di una manifestazione talmente affetta da
vizi e carenze da doversi ritenere mancante.
Parimenti sfugge di regola al giudizio di legittimità la valutazione in merito alla quantificazione
della somme dovute a titolo di risarcimento ovvero costitutive del profitto funzionali alla confisca
laddove siano stati indicati parametri non manifestamente illogici per la correlata individuazione,
peraltro condizionata,nella fase delle indagini preliminari, dalla maggiore o minore concludenza
degli esiti probatori ancora ” in movimento”. Sul punto la ricorrente ha prodotto una relazione
tecnico- contabile alla quale ha fatto riferimento il tribunale il cui ragionamento si è svolto sullo
sfondo di una concezione del profitto finalizzato alla confisca del tutto plausibile nella misura in
cui viene parametrato sull’ utile netto ricavato dalla società da intendere come immediata ed
effettiva conseguenza economica dell’azione criminosa.
Ed ancora deve ritenersi, alla stregua della puntuale lettera della legge, che il profitto funzionale alla
confisca, come supportato da una motivazione giudiziale del tutto plausibile, è stato ” messo a
disposizione” con una operazione,seria anche se non stringente, costituita, non certo da un
accantonamento prudenziale costitutivo di una voce del passivo dello stato patrimoniale, ma da una
riserva indisponibile, voce dell’attivo dello stato patrimoniale, posta sotto il controllo del collegio
sindacale alla stregua dell ‘art. 84 D.Lgs. n. 231/2001. Ed ancora non si traduce di certo in una
violazione di legge l’adesione giudiziale ad un concetto di profitto funzionale alla confisca
commisurato all’ utile netto conseguito dalla società in seguito alla aggiudicazione, pur illecita della
gara ( in tal senso, Sez. 6, 19/21.3.2013, Soc. coop. CMSAm Rv. 2548419).-

-7- Ed ancora, portando alle più doverose conseguenze, giuste le indicazione tassative della
disposizione più volte sopra richiamata, per 1′ effettività, ed ancor più per l’integralità del
risarcimento e delle condotte funzionali a realizzarlo, occorrerà che, in relazione al reato per cui si
procede contro la persona fisica, la società si impegni ad individuare le persone offese e
danneggiate dal reato,a prescindere anche dalla costituzione di parte civile nel giudizio, se
instaurato, nei confronti della persona fisica imputata, ed a risarcirne, ove sussistente, il danno. Ed
occorrerà ancora che, in caso di difficile determinazione dello stesso, la società dia prova di essersi
adoperata per risarcirlo quanto meno attraverso contatti con gli interessati al risarcimento che
possano valere a dimostrare di essa l’ effettiva intenzione riparatoria. Ora la responsabilità da reato
è stata contestata anche con riferimento al delitto di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353
comma 2 c.p.: ne consegue che in relazione a tale tipologia criminosa il privato che assume di
essere, anche se non persona offesa che è solo la P.A., danneggiato dal reato, deve quanto meno ,se
individuato, essere destinatario del risarcimento subito e comunque essere contattato dalla società se
questa vuole dare prova di essersi adoperata a risarcire integralmente il danno ed a eliminare le
conseguenze dannose o pericolose del reato.
Alla verifica degli impegni come sopra individuati dovrà dedicarsi il giudice del rinvio.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al tribunale di Pistoia per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 28.11.2013

misura interdittiva, la effettiva, attuale integrale, hic ed nunc, condotta risarcitoria. E nel caso di
specie può dirsi di più: il risarcimento del danno è misura che, nell impossibilità, come nel caso di
specie, di una determinazione ancorata a parametri rigidi, presuppone una condotta comunicativa
con il danneggiato il quale potrebbe aderire all’ offerta oppure rifiutarla allegando motivazioni non
pretestuose ma oggettive e meritevoli di ogni seria considerazione. In proposito l’ art. 17 lett. a) cit.
richiede, per non dar luogo o revocare le misure interdittive, non solo che si sia risarcito
integralmente il danno, ma che anche si siano eliminato le conseguenze dannose o pericolose del
reato e comunque di essersi efficacemente adoperato in tal senso. Il che presuppone gioco forza una
determinazione del danno e delle conseguenze non per iniziative unilaterali, ma in virtù di una
collaborazione o comunque contatto tra parti contrapposte, tale da doversi ritenere efficace l’essersi
adoperato preteso dalla disposizione richiamata. Nel caso di specie la condotta della società è
consistita nell’ offrire dieci giorni prima della scadenza del tempo di sospensione della misura una
somma determinata unilateralmente,senza alcuna possibile interferenza da parte degli enti
territoriali danneggiati dalla condotta costitutiva di reato.

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