Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32598 del 16/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 32598 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto dal P.G. presso la Corte d’Appello di Trieste nel
procedimento nei confronti di :
Guercio Gianni, n. a Trieste il 02/03/1951;

avverso la sentenza del Tribunale di Trieste in data 27/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale S. Spinaci, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;

RITENUTO IN FATTO

1.11 P.G. presso la Corte d’Appello di Trieste ha proposto ricorso per cassazione
per saltum

avverso la sentenza del Tribunale di Trieste che ha assolto per

insussistenza del fatto Guercio Gianni dal reato di cui agli artt. 81 c.p. e 2,
comma 1 bis, I. n. 638 del 1983 in relazione alli omesso versamento di ritenute
previdenziali ed assistenziali per i mesi di settembre 2008, febbraio 2009 e aprile
2009 per un complessivo ammontare di euro 933,00.

Data Udienza: 16/05/2014

Il Tribunale è pervenuto a sentenza assolutoria esponendo che l’imputato, prima
di ricevere da parte dell’Inps notifica dell’accertamento della violazione in esame,
pacificamente sussistente, aveva concordato con Equitalia la rateizzazione del
complessivo debito maturato nei riguardi dell’Inps anche ad altro titolo,
successivamente estinguendo, in esecuzione di tale accordo, il debito stesso; né
si sarebbe potuto valorizzare in senso contrario il mancato versamento di detto

dell’accertamento della violazione da parte dell’Inps posto che l’accordo
intervenuto con Equitalia avrebbe comportato la sostanziale novazione della
pretesa dell’ente. Il Tribunale ha in ogni caso evidenziato che la condotta
dell’Istituto, che, dopo aver aderito al piano di rateizzazione, ha ugualmente
formulato la contestazione, avrebbe dovuto quantomeno comportare l’esclusione
della responsabilità per mancanza di dolo.

2. Con un unico motivo lamenta la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la
sentenza impugnata.
Premesso anzitutto che, con riguardo alla mancanza dell’elemento soggettivo,
cui il giudice si è richiamato in via subordinata, lo stesso dovrebbe essere
valutato in relazione al momento consumativo del reato, coincidente con la
scadenza del termine ultimo concesso al datore di lavoro per il versamento,
sicché nessuna incidenza può avere quanto accaduto in relazione a fatti e
comportamenti successivi, osserva come la previsione dell’art. 2, comma 1 bis,
cit. integri non già un condizione di procedibilità del reato bensì una causa di non
punibilità di tipo sostanziale posto che, se da un lato il termine di tre mesi
concesso per la regolarizzazione non inizia a decorrere prima della
comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione, dall’altro, una volta
effettuato tale adempimento, nessuna disposizione di legge consente di derogare
alla tassatività del termine trimestrale stabilito per l’integrale versamento di
quanto dovuto, potendo i pagamenti tardivi spiegare efficacia soltanto ad altri
effetti (quali quelli civilistici, di recupero coattivo, di attestazione di regolarità
contributiva ecc.). Evidenzia in altri termini che, mentre il versamento delle rate
previste dal piano di ammortamento definito con l’agente di riscossione rileva sul
piano degli effetti patrimoniali ed amministrativi, l’intervento della causa di non
punibilità resta subordinato all’integrale regolarizzazione del termine di legge di
tre mesi.

3. Ha presentato memoria il Difensore dell’imputato chiedendo il rigetto del
ricorso.
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debito nel termine di tre mesi decorrente dal 25/01/2010 quale data di notifica

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso non è fondato.

che le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle
retribuzioni dei lavoratori dipendenti debbono essere comunque versate e non
possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate dal datore di
lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali; al
comma 1 bis prevede, poi, che l’omesso versamento delle ritenute è punito con
la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032 e che il datore di
lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi
dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento delle violazioni.
Peraltro, dapprima con delibera del Consiglio di Amministrazione n. 288 dell’Il
aprile 1995 e successivamente con le circolari n. 106 del 03/08/2010 e n. 148
del 24/11/2010, si è regolamentata, da parte dell’Inps, la possibilità, per il
datore di lavoro, in quanto unico ed esclusivo responsabile dell’adempimento
dell’obbligazione contributiva, di assolvere, anche in forma rateale, all’obbligo del
versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni
corrisposte ai lavoratori, specificandosi, tuttavia, come la concessione di
rateazione non escluda l’obbligo, per l’Inps, di effettuare la denuncia di cui
all’art. 2 cit.; di qui, sempre secondo tale disciplina, la sussistenza, comunque
dell’obbligo, per potere fruire della causa di non punibilità prevista per legge, di
versamento delle ritenute complessivamente omesse ab origine

nel termine di

tre mesi dalla notifica dell’accertamento, essenziale dunque essendo che,
rispetto al piano di ammortamento concordato, venga corrisposto
anticipatamente il numero di rate fino alla concorrenza dell’importo necessario
per coprire l’intero ammontare delle quote a carico dovute.
Da ciò deriverebbe che, pur a fronte di concessa rateizzazione, dovrebbe
permanere la punibilità del datore di lavoro ove lo stesso non provveda al
versamento nel termine di tre mesi delle ritenute in oggetto, non versate
mensilmente in costanza del rapporto di lavoro e a fronte della corresponsione
della retribuzione.

5. Tanto premesso, è incontestato, come già ricordato dal giudice dell’impugnata
sentenza, che, nella specie, l’imputato, dopo avere omesso il versamento delle
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L’art.2 del d.l. n. 463 del 1983 conv. in I. n. 638 del 1983, prevede, al comma 1,

ritenute previdenziali di cui alla contestazione, venne ammesso da Equitalia, con
provvedimento del 18/12/2009, alla da lui richiesta rateazione del debito
complessivamente maturato mediante la possibilità di estinzione dello stesso in
trentasei rate mensili e che, successivamente, ovvero con raccomandata ricevuta
il 25/01/2010, ebbe a ricevere da parte dell’I.n.p.s. l’avviso di contestazione del
mancato versamento delle ritenute con contestuale comunicazione di possibilità

Alla stregua di quanto sopra, deve anzitutto ritenersi corretto l’assunto del
Tribunale secondo cui la rateazione ottenuta dall’imputato ha comportato
novazione dell’obbligazione di versamento delle ritenute.
Va, infatti, ritenuto che la rateizzazione, che rappresenta una manifestazione del
favore legislativo verso i contribuenti in temporanea difficoltà economica, ai quali
viene offerta la possibilità di regolarizzare la propria posizione tributaria senza
incorrere nel rischio di insolvenza, comporti la sostituzione del debito originario
con uno diverso, conseguendone un effetto novativo non dissimile da quello che
si produce in seguito all’accoglimento della domanda di condono (posto che detta
accettazione, se seguita dal pagamento della prima rata, comporta la definitiva
sostituzione dell’obbligazione assunta dal contribuente all’obbligazione tributaria
originaria : cfr. Sez. 5 civ., n. 16984 del 5/10/2012, Rv. 623832).
Sul punto vale la pena infatti rammentare come anche il Consiglio di Stato, con
la pronuncia, da ultimo, in sede di adunanza plenaria n. 15 del 05/06/2013,
confermativa di indirizzo già espresso da precedenti pronunce (cfr. Sez. 4, n.
1633 del 22/03/2013; Sez. 5, n. 6084 del 18/11/2011), abbia precisato che, sul
versante tecnico, la rateizzazione del debito, sia pure di natura tributaria e non,
come nella specie, previdenziale, si traduce in un beneficio che, una volta
accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso,
secondo un meccanismo di stampo estintivo-costitutivo che dà la stura a una
novazione dell’obbligazione originaria. In particolare, si è aggiunto come
l’ammissione alla rateizzazione, rimodulando la scadenza dei debiti e
differendone l’esigibilità, implichi la sostituzione dell’originaria obbligazione a
seguito dell’insorgenza di un nuovo rapporto obbligatorio secondo i canoni della
novazione oggettiva di cui agli artt. 1230 e ss. c.c..
Ciò tanto più non potendosi considerare di ostacolo la apparente non coincidenza
tra le parti dell’atto novativo (datore di lavoro ed Equitalia) e le parti della
originaria obbligazione (datore di lavoro ed I.n.p.s.) in considerazione della veste
di Equitalia di mero agente della riscossione, competente in relazione ai debiti
già iscritti a ruolo (vedi la menzionata circolare n. 106 del 2010), e della
conseguente e fisiologica riconducibilità degli effetti anche in capo all’Inps.
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di regolarizzazione nel termine di tre mesi.

Il risultato è, allora, tanto più ove, come nella specie, la rateizzazione si collochi
a monte dell’atto di accertamento, quello della nascita di una nuova
obbligazione, caratterizzata da un preciso piano di ammortamento e soggetta a
una specifica disciplina per il caso di mancato pagamento delle rate, che viene a
sostituirsi all’originario regime.

La suddetta novazione non può, però, comportare, come ritenuto dal

Tribunale triestino, che le omissioni obiettivamente poste in essere dall’imputato
vengano ad essere private di rilevanza penale, non potendo l’elemento oggettivo
del reato, irreversibilmente perfezionatosi alle scadenze originariamente previste
e non rispettate, venire meno per effetto di un provvedimento che, pur avendo
effetto novativo sul piano civilistico, non può certo vanificare ex tunc il disvalore
penale del fatto.

7. E tuttavia, pur considerato tutto ciò, non può non tenersi conto, nella specie,
del fatto che il provvedimento di ammissione alla rateazione del 18/12/2009,
provvedendo a rimodulare le scadenze dei versamenti, e senza specificare in
alcun modo la persistenza dell’obbligo sotto il profilo penale, ha evidentemente
ingenerato, in capo all’imputato, il ragionevole, seppure errato, convincimento
che lo stesso rappresentasse, non essendo in quel momento ancora intervenuta
alcuna contestazione, anche una causa di “anticipata” (rispetto a quella di cui
all’art.2, comma 1 bis, cit.) esclusione della punibilità, rilevante ex art. 59,
comma 4, c.p., per gli omessi versamenti collegati a scadenze mensili ritenute
cronologicamente superate proprio per effetto della rateazione, di per sé
introduttiva di nuove e diverse scadenze.
Sicché, se va escluso che l’imputato non abbia avuto consapevolezza di omettere
i versamenti, posto che l’elemento soggettivo del reato, caratterizzato dal dolo
generico, non può che essere riguardato se non con riferimento al momento
consumativo, coincidente con la scadenza del termine mensile previsto per il
versamento, a nulla valendo in senso contrario eventuali convincimenti indotti da
fatti successivi, non può però escludersi (il che è già di per sé sufficiente ex art.
530, comma 3, c.p.p.), sulla base degli incontroversi dati di fatto emergenti dalla
sentenza impugnata, che lo stesso si sia legittimamente convinto della
superfetazione del successivo avviso di contestazione, tanto più in quanto non
proveniente da Equitalia, così rinunciando ad avvalersi dei termini di legge da
esso decorrenti per la regolarizzazione dell’illecito, erroneamente ritenuta,
appunto, come già verificatasi.

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6.

Né d’altra parte può risolversi a danno dell’interessato il fatto che l’avviso di
contestazione sia stato emesso, nella specie, solo dopo l’intervenuta ammissione
al provvedimento di rateizzazione.

7. In definitiva, dunque, corretta in tal modo la motivazione del provvedimento
impugnato secondo quanto previsto dall’art. 619, comma 1, c.p.p., il ricorso

P.Q.M.
Rigetta il ricorso del P.M..
Così deciso in Roma il 16 maggio 2014

Il Presidente

deve essere rigettato.

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