Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32598 del 08/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32598 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 08/05/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MIDOI GEORGIAN N. IL 04/01/1985
avverso la sentenza n. 2571/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 13/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

ÌP/7

Osserva
Ricorre per cassazione Midoi Georgian avverso la sentenza emessa in data
13.10.2011 dalla Corte di Appello di Bologna che confermava quella del Tribunale
di Bologna in data 18.10.2010 con la quale il predetto era stato riconosciuto
colpevole del delitto di cui di tentato furto in abitazione e resistenza a pubblico
ufficiale e condannato, con la continuazione e la diminuente per il rito, alla pena di
mesi sei di reclusione ed C 200,00 di multa.

circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata.
In tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti
generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la
dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita
(Cass. pen. Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo
“si ritiene congrua” v. Cass. pen. Sez. VI 4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), ma
afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze
aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p.,
sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o
ragionamento illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n. 26908 rv. 229298); e
certamente, nel caso di specie, non può sostenersi che il diniego delle attenuanti
generiche sia frutto di arbitrio attesa la congrua motivazione addotta dal Giudice a
quo sul punto, con il richiamo alla stato di detenuto per altra causa che ne

denunciava la non occasionalità della sua attività criminosa.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma, che si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 8.5.2013

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al diniego delle

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