Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32596 del 08/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32596 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NEBBIOSO GIUSEPPE N. IL 19/01/1952
avverso la sentenza n. 513/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
29/04/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 08/05/2013

(e
Motivi della decisione

Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che, ritenuta la
responsabilità di Nebbioso Giuseppe in ordine al reato di furto
con strappo, in parziale riforma della sentenza impugnata,
riconfermata la concessione delle attenuanti generiche e quella di
cui all’art.62 n.4 con criterio di equivalenza rispetto alla

Nebbioso in anni uno e mesi tre di reclusione ed euro 500 di
multa, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato chiedendone
l’annullamento per difetto di motivazione in punto di
responsabilità in quanto il giudice di appello non avrebbe
risposto alle doglianze difensive che rimarcavano l’insussistenza
del delitto di furto con strappo, ritenendo invece al più
configurabile quello di tentata truffa. Lamentava altresì omessa
motivazione con riferimento alla richiesta di concessione delle
attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravante
contestata e con riferimento alla richiesta di contenimento della
pena nel minimo edittale.
Il primo ricorso è inammissibile,

ex

articolo 606, comma 30 ,

cod.proc.pen., perché proposto per motivi generici oltre che
manifestamente infondati, in quanto ripropone questioni di merito
a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e
mira ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di
legittimità. Una volta infatti che il giudice di merito abbia
chiarito la dinamica del fatto con motivazione congrua, non

contestata aggravante, ha rideterminato la pena inflitta al

compete alla Corte di legittimità valutare gli atti. La Corte di
appello di Bologna ha invero adeguatamente ed esaustivamente
motivato, evidenziando in punto di responsabilità che lo stato di
confusione mentale dell’ottantaseienne Fietta Mario rendeva
pienamente spiegabile la condotta del Nebbioso, che prima
sfruttava tale situazione per commettere il furto e poi per
circonvenire la persona offesa.
Per quanto poi attiene al secondo motivo riguardante il
trattamento sanzionatorio, si rileva che la decisione impugnata

P1

risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che
soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto
concerne la dosimetria della pena. E appena il caso di considerare
che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione
delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di
comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i
limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la

motivazione implicita (Cass., Sez.6, 22 settembre 2003 n.227142) o
con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass.,
sez.6, 4 agosto 1998, Rv.211583), ma afferma anche che le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze
aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di
cui all’art.133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando
siano frutto di mero arbitrio o ragionamenti illogico (Cass.,
sez.3, 16 giugno 2004 n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza
che certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la Corte di
appello di Bologna espressamente chiarito le ragioni in base alle
quali ha ritenuto di formulare un giudizio di equivalenza tra le
circostanze attenuanti generiche e l’aggravante contestata e di
irrogare la pena indicata in dispositivo.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento, a favore della Cassa delle ammende, della somma di euro
1.000 a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7
– 13 giugno 2000 ).

P

Q

M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00
in favore della Cassa delle ammende.

giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.

Così deciso in Roma 1’8 maggio 2013

Il Presidente

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