Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32579 del 04/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32579 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 04/06/2014

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
OTRANTO ALFREDO N. IL 10/11/1966
avverso la sentenza n. 342/2013 TRIBUNALE di TERNI, del
05/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

of

Osserva

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia

Otranto Alfredo avverso la sentenza emessa

ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 5.4.2013 Giudice monocratico del Tribunale di Terni che
applicava al predetto la pena concordata di mesi 8 di reclusione ed C 300,00 di multa per il
delitto di furto in abitazione.
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla mancata valutazione della sussistenza di
eventuali cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p..
Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa aspecifica e manifestamente infondata.

questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372
del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso
di specie, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza
dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di
eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena) e di quelli
negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
Peraltro, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo
129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso
contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia
di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI
E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma, il 4.6.2014

A parte la mancata indicazione delle concrete ragioni a sostegno della doglianza, come

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