Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32575 del 04/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32575 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
JOVANOVIC MIRA N. IL 01/01/1988
avverso la sentenza n. 1843/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
10/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 04/06/2014

Osserva
Ricorrono per cassazione con distinti atti i difensori di fiducia di lovanovic Mira
avverso la sentenza emessa in data 10.12.2012 dalla Corte di Appello di Ancona che
confermava quella in data 9.7.2012 del Tribunale di Pesaro con cui la predetta era
stata condannata, con attenuanti generiche, alla pena di un anno di reclusione ed C
300 di multa, con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della
condanna, per il reato di furto aggravato in abitazione (fatto del 27.6.2012).
L’avv. Luciano Bason deduce la violazione di legge e la mancata assunzione di una

l’imputata era minorenne al momento del fatto. La medesima circostanza
rappresenta, sotto il profilo del vizio motivazionale, l’avv. Antonio Gugliotta. Entrambi
i difensori rappresentano che, in caso di dubbio circa l’età anagrafica, s’imponeva la
trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i
minorenni.
I ricorsi sono inammissibili essendo le censure mosse manifestamente infondate ed
aspecifiche.
Invero i motivi di ricorso consistono nella pedissequa ed insistente riproposizione delle
doglianze rappresentate dinanzi al giudice di appello che le ha disattese con congrua e
corretta motivazione al pari di quello di primo grado. Infatti, “è inammissibile il ricorso
per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art.
591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv.
216473 e successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
In particolare va evidenziato che la Corte territoriale ha rilevato, con osservazioni
concrete e connotate da stringente logica, come l’imputata fosse al momento del fatto
più che maggiorenne argomentando ciò dal certificato medico relativo
all’accertamento osseo che lo affermava senza incertezza, in una ai certi precedenti
penali della ragazza dai quali si evinceva, fra l’altro, che il 12.4.2008 aveva 14 anni.
Consegue l’inammissibilità dei ricorsi e, con essa, la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro
1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

prova decisiva in relazione all’art. 67 c.p.p., avendo invano rappresentato che

DICHIARA INAMMISSIBILI I RICORSI E CONDANNA LA RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

Così deciso in Roma, il 4.6.2014

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