Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32562 del 04/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 32562 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALLEGRO ANGELO N. IL 02/10/1953
avverso la sentenza n. 2641/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 17/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 04/06/2014

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Allegro Angelo avverso la sentenza
emessa in data 17.12.2012 dalla Corte di appello di Palermo che confermava quella
in data 11.12.2012 del Tribunale di Agrigento con la quale il predetto era stato
condannato, all’esito del giudizio abbreviato, alla pena di anni uno e mesi sei di
reclusione per il delitto di omicidio colposo (artt. 40 cpv. e 589 co. 2 c.p.) in danno di
Gatì Giuseppe Savio (commesso il 31.01.2009).
Secondo l’imputazione, l’Allegro, in qualità di titolare della ditta individuale esercente

elettrico a norma di legge e comunqueron provvedendo a curare la manutenzione
dello stesso nonché del refrigeratore utilizzato per la conservazione del latte,
cagionava per colpa la morte di Gatì Giuseppe Savio, il quale nell’aprire il rubinetto
dell’anzidetto refrigeratore per prelevare il latte, veniva raggiunto da una scarica
elettrica che ne cagionava il decesso.
Assume l’assenza di responsabilità in quanto la vittima avrebbe dovuto, come
avveniva da oltre tre anni e mezzo, disattivare l’interruttore prima di prelevare il
latte.
Si duole, altresì, della violazione di legge in ordine al diniego delle circostanze
attenuanti generiche e dell’omessa motivazione circa il mancato contenimento della
pena inflitta.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse aspecifiche e non consentite nel
presente giudizio di legittimità.
E’ chiaro come il ricorrente abbia preteso, peraltro in termini estremamente generici,
di introdurre quello che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte,
esula dai suoi poteri e cioè la “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della
decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito (Sez.
Un. N.6402/97, imp. Dessimone ed altri, RV. 207944). Invero, i motivi di ricorso
mirano ad una improponibile rivalutazione della prova e si risolvono in deduzioni in
punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di
legittimità, sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza ad ogni sindacato
per le connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
La concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla
discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, tanto che “ai fini della
concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi
a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene
prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche
un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso” (Cass. pen. Sez. II,
n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163). Al riguardo è stato evidenziato il pregresso
2

l’attività di allevamento ovino-caprino, omettendo di predisporre un impianto

excursus giudiziario del prevenuto che aveva già goduto delle dette attenuanti in
occasione di una precedente condanna per delitto di armi.
Peraltro, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con
la enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri
indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione:
tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica
esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez.
II, del 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754) e sul punto sono stati richiamati,
quantunque in relazione all’impetrata sospensione condizionale della pena al cui fine
era stata invocata la riduzione della pena, il complesso dei precedenti penali
dell’imputato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così

deciso in Roma, il 4.6.2014

o

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA