Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32551 del 08/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32551 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PASCOLAT LUCA N. IL 20/01/1981
avverso la sentenza n. 43/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
08/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 08/05/2013

Osserva
Ricorre per cassazione i difensori di fiducia di Pascolat Luca avverso la sentenza
emessa in data 8.2.2012 dalla Corte di Appello di Trieste che, in parziale riforma di
quella del G.u.p. del Tribunale di Trieste in data 28.9.2009 con cui il predetto, all’esito
del giudizio abbreviato, era stato riconosciuto colpevole del reati di cui all’alt 73
comma 5 dPR 309/1990 e condannato alla pena condizionalmente sospesa di mesi
cinque, giorni dieci di reclusione ed C 1.400,00 di multa, sostituiva la pena detentiva

Deduce, richiamando e trascrivendo una memoria presentata al P.M. ed allegando vari
documenti, il vizio motivazionale e la violazione di legge in relazione all’art. 73 dPR
309/1990, assumendo la destinazione dello stupefacente ad uso esclusivamente
personale nonché il difetto di motivazione e la violazione del principio del divieto della
reformatio in peius che si assume essere stato violato con la concessione della
sospensione condizionale alla quale il ricorrente aveva dichiarato di non aver interesse
in caso di sostituzione della pena detentiva.
E’ stata depositata una memoria difensiva nell’interesse del ricorrente con cui si
ribadiscono i motivi del ricorso.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse non consentite nella presente
sede di legittimità ed aspecifiche.
Invero,la prima censura, attinente alla penale responsabilità, s’appalesa di puro fatto
laddove il giudizio di cassazione rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un
ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito
alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad
una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti
riservati in via esclusiva al giudice del merito: ma è proprio questa la tendenziale ed
inammissibile pretesa finale delle censure mosse dal ricorrente, e cioè la rinnovata
valutazione dei fatti.
Peraltro non può non rilevarsi, al contempo, l’aspecificità del motivo che reitera in
questa sede la medesima doglianza rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da
quel giudice disattesa con motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed
assolutamente plausibile. Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art.

2

con quella pecuniaria di C 6.080 di multa.

591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv.
216473 e successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Quanto alla sospensione condizionale, questa non è stata revocata, poiché la Corte ha
ritenuto di non accedere alla richiesta di rateizzazione della sanzione pecuniaria (che
rappresentava una parte della richiesta avanzata dal Pascolat con i motivi d’appello)
proprio in costanza del detto beneficio che la rendeva inutile, in tal moda
esaurientemente rispondendo alla richiesta difensiva che doveva ritenersi aver

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 8.5.2013

subordinato la revoca del beneficio anche alla rateizzazione.

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