Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32540 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32540 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FALLONI MARCO N. IL 13/06/1990
avverso la sentenza n. 2467/2013 TRIBUNALE di VELLETRI, del
30/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 07/05/2014

Osserva
Ricorre per cassazione, il difensore di fiducia di Falloni Marco avverso la sentenza emessa
ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 30.11.2013 dal Giudice monocratico del Tribunale di
Velletri che applicava, tra l’altro, al predetto la pena concordata di anni uno e mesi
quattro di reclusione ed C 3.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73 comma 5 0 dPR
309/1990 (illecita detenzione di cocaina ed hashish; fatto dell’1.11.2013).
Deduce il vizio motivazionale in ordine agli elementi che inducessero al proscioglimento ai
sensi dell’art. 129 c.p.p.

Il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 129
c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso
contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata. Come questa Corte ha
ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995,
Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione
concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve
ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso di
specie, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti.
E’, inoltre, opportuno ricordare che nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia
ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di legittimità,
questioni con riferimento -non solo alla sussistenza ed alla qualificazione giuridica del
fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla applicazione e comparazione delle circostanze,
ma anche- alla entità e modalità di applicazione della pena (salvo che non si versi in
ipotesi di pena illegale) (ex pluribus, Sezione VII, 21 dicembre 2009, El Hanana). Ciò che
qui deve escludersi, non incidendo al riguardo la recente disposizione di cui al D.L. n. 146
del 23.12.2013 (conv. in L. n. 10 di 21.2.2014), nel qualificare il 5 0 comma dell’art. 73
dPR 309/1990 quale figura autonoma di reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a
cinque anni di reclusione ed C 3.000 a 26.000 di multa: infatti la pena base assunta, pari
a anni uno e mesi nove di reclusione ed C 2.000 di ammenda non si discosta
significativamente dall’attuale minimo edittale.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

2

Il ricorso è inammissibile.

DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.

deciso in Roma, il 7.5.2014

COSÌ

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