Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32538 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32538 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PERONI PIERANGELO N. IL 13/10/1959
avverso la sentenza n. 3864/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
18/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 07/05/2014

Motivi della decisione
Peroni Pierangelo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Genova in data 18.04.2013, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna resa dal G.i.p. presso il Tribunale di La Spezia
in data 17.04.2012, in ordine al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b), cod.
strada.
La parte contesta l’affermazione di responsabilità penale, soffermandosi
sulle modalità di effettuazione del test alcolemico; ribadisce che la positività è

dovuta alla consumazione di un cioccolatino al liquore e che al momento del
controllo si trovava nei pressi della propria abitazione.
Il ricorso è inammissibile.
Deve considerarsi che secondo il costante orientamento espresso dalla
giurisprudenza di legittimità, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Suprema
Corte ed avallato dalle stesse Sezioni Unite, esula dai poteri della Corte dì
Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della
decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito,
senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali
(Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E
la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e) cod.
proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura
del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione,
essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109). Pertanto, in
sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di
merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995,
dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009,
dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Invero, l’esponente si limita a prospettare una
inammissibile riconsiderazione del compendio probatorio, ad opera del giudice di
legittimità, in riferimento alle circostanze di fatto afferenti alle modalità del
controllo. E la Corte di Appello, sviluppando un percorso argomentativo immune da
censure rilevabili in questa sede di legittimità, ha considerato che le modalità di
effettuazione del test risultavano corrette, che la richiesta di rinnovazione di
istruttoria dibattimentale appariva pertanto defatigatoria, anche in ragione delle
dichiarazioni ammissive rese dallo stesso prevenuto, circa la pregressa assunzione
di alcol. E’ allora il caso, conclusivamente, di osservare che la giurisprudenza di

À,

legittimità ha da tempo chiarito: che il vigente codice di rito penale pone una
presunzione di completezza dell’istruttoria dibattimentale svolta in primo grado; che
la rinnovazione, anche parziale, del dibattimento, in sede di appello, ha carattere
eccezionale e può essere disposta unicamente nel caso in cui il giudice ritenga di
non poter decidere allo stato degli atti; e che solo la decisione di procedere a
rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso
del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter

dep. 21/05/1999, Rv. 213403).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

decidere allo stato degli atti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6379 del 17/03/1999,

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