Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32536 del 08/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32536 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FATIHI MUSTAPHA N. IL 01/01/1982
avverso la sentenza n. 1550/2007 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

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Data Udienza: 08/05/2013

4
3.

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Fatihi Mustapha avverso la sentenza emessa in
data 20.2.2012 dalla Corte di Appello di Milano che, in parziale riforma di quella del G.i.p. del
Tribunale di Busto Arsizio in data 7.11.2006 con cui il predetto, all’esito del giudizio
abbreviato, era stato riconosciuto colpevole dei reati di cui agli artt. 337-61 n. 2 c.p.; 81 cpv495 co. 1 e 3 n. 2 c.p.; 81 cpv. c.p. – 73 commi 1 e 1 bis dPR 309/1990 (2 imputazioni con la
concessione dell’attenuante di cui al V comma dell’art. 73), riteneva la continuazione tra i reati
e riduceva la pena inflitta ad anni due e mesi sei di reclusione ed C 4.000,00 di multa.

pena.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate ed aspecifiche.
E’ palese l’aspecificità del motivo che non indica con la dovuta puntualità quali siano le ragioni
che giustificassero il contenimento ulteriore della pena, già ricondotta in una ambito davvero
modesto.
Peraltro, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti
generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria
della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa
Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen. Sez. VI 22.9.2003 n. 36382
n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” v. Cass. pen. Sez. VI 4.8.1998
n. 9120 rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione
tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133
c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento
illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n. 26908 rv. 229298); e certamente, nel caso di
specie, non può sostenersi che la quantificazione della pena sia frutto di arbitrio attesa la
meticolosa ed esaustiva motivazione addotta dal Giudice a quo sul punto, nel rideterminare la
complessiva entità della pena anche con il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i
reati contestati.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 8.5.2013

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine alla commisurazione della

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