Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32533 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32533 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DEIANA ARMANDO N. IL 25/02/1942
DEIANA MAURO N. IL 12/05/1973
avverso la sentenza n. 627/2010 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
25/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 07/05/2014

In fatto e in diritto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Deiana Armando e Deiana Mauro
avverso la sentenza emessa in data 25.6.2013 dalla Corte di Appello di Cagliari
che confermava quella 10.3.2010 del Tribunale di Cagliari con cui i predetti erano
stati condannati alla pena condizionalmente sospesa di mesi otto di reclusione
ciascuno per il delitto di cui all’art. 423 bis, 2° comma c.p..
Rappresenta l’erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p. e l’insufficienza della
motivazione in ordine al dedotto travisamento di talune risultanze processuali e la

già contestato con i motivi di appello.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate e
non consentite nella presente sede.
Il ricorrente pretende di introdurre quello che, secondo il consolidato
orientamento della Suprema Corte, esula dai suoi poteri e cioè la “rilettura” degli
elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è
riservato in via esclusiva al giudice di merito (Sez. Un. N.6402/97, imp.
Dessimone ed altri, RV. 207944). Invero, entrambi i motivi di ricorso mirano ad
una improponibile rivalutazione della prova e si risolvono in deduzioni in punto di
fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità,
sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza ad ogni sindacato per le
connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Peraltro, il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato
dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non
ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere
ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto
delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al
giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento
normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto
“travisamento della prova”, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza travisamenti,
all’interno della decisione (Cass. pen. Sez. IV, 19.6.2006, n. 38424). Ciò peraltro
vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in
quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme, come nel caso di specie, il

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violazione di legge in relazione al ritenuto concorso nel reato di Deiana Armando,

limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di
legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle
critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non
esaminati dal primo giudice (Cass. pen., sez. II, 15.1.2008, n. 5994; Sez. I,
15.6.2007, n. 24667, Rv. 237207; Sez. IV, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636).
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella

in euro 1.000,00 per ciascuno in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA I RICORRENTI AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E CIASCUNO AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE
AMMENDE.
Così

deciso in Roma, il 7.5.2014

sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare

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