Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32531 del 08/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32531 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PITARELLI LUIGI N. IL 29/09/1972
avverso la sentenza n. 2086/2004 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 29/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 08/05/2013

Osserva
Ricorre per cassazione Pitarelli Luigi avverso la sentenza emessa in data 29.11.2011
dalla Corte di Appello di Reggio Calabria che confermava quella del Tribunale di Reggio
Calabria in data 29.11.2011 con cui il predetto era stato riconosciuto colpevole del
reato di cui agli artt. 110, 99 c.p. e 73 dPR 309/1990, concesse le attenuanti
generiche e condannato alla pena di anni quattro di reclusione ed C 12.000,00 di
multa riformando la sentenza in relazione al coimputato Mancini Sebastiano Maurizio

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla mancanza di
prova della condotta concorsuale di esso ricorrente, alla carenza del supporto
probatorio e per illogicità attesa la riforma della sentenza di primo grado per ne bis in
idem nei confronti del coimputato Mancini..

Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse non consentite nella presente
sede di legittimità.
Invero pur a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, la
fisionomia del giudizio di cassazione è rimasta giudizio di legittimità e non si è
trasformato in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è
tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione
dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di
apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

Ma le censure addotte concernono, appunto, la ricostruzione e la valutazione del fatto,
nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione,
immune da censure logiche, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un
ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza ed ineccepibili deduzioni
logiche.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 8.5.2013

con dichiarazione di improcedibilità nei suoi confronti per ne bis in idem.

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