Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32530 del 08/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32530 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MULAS DIONIGIO N. IL 11/02/1963
avverso la sentenza n. 244/2007 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
01/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 08/05/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Mulas Dionigio avverso la sentenza
emessa in data 1.2.2012 dalla Corte di Appello di Cagliari che, in parziale riforma
di quella del Tribunale di Cagliari in data 27.11.2006 con cui il predetto era stato
riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p. e 73 comma 1 dPR
309/1990, ritenute le già concesse attenuanti generiche e della lieve entità
prevalenti sulla recidiva, riduceva la pena inflitta ad un anno e un mese di

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta
destinazione ad uso non esclusivamente personale dello stupefacente.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse non consentite nella presente
sede di legittimità ed aspecifiche.
E’ palese l’aspecificità delle censure che hanno riproposto in questa sede
pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune
da vizi ed assolutamente plausibile. Ed è stato affermato che “è inammissibile il
ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi
considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen.
Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. II,
15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Peraltro le censure non sono consentite nel giudizio di legittimità, in quanto
concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del
materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del
giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da
censure logiche, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un
ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza ed ineccepibili
deduzioni logiche.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma, che si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.

2

reclusione ed C 3.500,00 di multa con esclusione della pena accessoria.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, 8.5.2013

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