Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32530 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32530 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FERRARI PAOLO N. IL 02/07/1965
avverso la sentenza n. 8477/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 25/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 07/05/2014

Motivi della decisione
Ferrari Paolo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Bologna in data 25.01.2013, con la quale, in parziale riforma
della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Reggio Emilia il 7.05.2009, in
ordine al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. Strada, è stata
rideterminata la pena originariamente inflitta.
La parte con il primo motivo deduce l’inutilizzabilità della testimonianza resa
da Gentile Nicolò, osservando che il dichiarante, esercente di un bar, qualora

avesse detto di avere somministrato alcolici al Ferrari, sarebbe incorso nella
violazione dell’art. 691 cod. pen.
Sotto altro aspetto l’esponente denuncia il vizio motivazionale, con riguardo
all’apprezzamento degli esiti del test effettuato.
Il ricorso è inammissibile.
In riferimento al primo motivo di ricorso si osserva che il ricorrente non
propone, in realtà, alcuno specifico motivo di censura, che attinga l’apparato
motivazionale posto a fondamento della sentenza impugnata. La parte, invero,
omette di confrontarsi con la valutazione espressa dalla Corte di Appello, nel
confermare la statuizione del primo giudice, proprio in riferimento alla deposizione
del barista. Il Collegio, al riguardo, ha del tutto logicamente osservato che se
davvero il titolare del bar avesse mentito – dichiarando di non aver servito bevande
alcoliche al Ferrari per timore della contravvenzione di cui all’art. 691 cod. pen. ciò dimostrerebbe che anche il dichiarante si era avveduto dello stato di manifesta
ubriachezza in cui versava il Ferrari.
Deve, allora, rilevarsi che questa Suprema Corte ha chiarito che è
inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi siano generici, ovvero non
contenenti la precisa prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto da sottoporre
a verifica (vedi, da ultimo, Cass. Sezione 3, Sentenza n. 16851 del 02/03/2010,
dep. 04/05/2010, Rv. 246980).
Il secondo motivo di ricorso è del pari inammissibile.
Si osserva che il ricorrente propone censure non consentite nel giudizio di
legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come
pure l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla
esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato

/i,

demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e

sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, nel
caso di specie, la Corte di Appello ha espressamente considerato che l’accertamento
relativo allo stato di ebbrezza del prevenuto discendeva altresì dalle dichiarazioni
rese dall’altro automobilista coinvolto nell’incidente, il quale aveva descritto il
Ferrari come persona che manifestava i sintomi dello stato di ebbrezza.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.

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