Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3253 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3253 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Costa Luigi nato a Palermo il 9 agosto 1964
avverso l’ordinanza in data 27 marzo 2013 del Tribunale del Riesame di Ancona
Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
sentite le conclusioni del P.G. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Giuseppina Maria Fodaroni , che ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;
sentito l’avv.to Antonio Turrisi , del foro di Palermo, di fiducia, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Costa Luigi ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 27 marzo 2013 del
Tribunale del Riesame di Ancona, con la quale è stato rigettato il ricorso avverso l’ordinanza
del G.I.P. del Tribunale di Ancona in data 26 febbraio 2013, con cui è stata applicata nei suoi
confronti la misura degli arresti domiciliari in relazione al reato di associazione a delinquere
finalizzata alla commissione dei reati di ricettazione e riciclaggio e in ordine a singoli reati fine.
A sostegno dell’impugnazione Costa Luigi ha dedotto:
a) Violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) in relazione agli artt. 125,294,273,309 c.p.p., 416,
648 bis c.p. e 6 I. 264/91
Il ricorrente censura la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ritenuti sussistenti dal TDL,
anche in considerazione della scarsa cura messa, secondo l’accusa, da pare del ricorrente nel
controllo d jIle pratiche da lui trattate; in realtà le anomalie emerse nel corso delle indagini
relative con particolare all’autenticità d,ei documenti sono state scoperte grazie a sofisticate

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Data Udienza: 10/10/2013

apparecchiature, circostanza che escluderebbe qualsiasi responsabilità in capo al ricorrente.
Inoltre le pratiche falsificate relative ad autovetture oggetto di riciclaggio sono state evase
anche presso altri uffici della M.C. senza che venissero riscontrate anomalie. Infine le pratiche
falsificate riguarderebbero un numero talmente esiguo di autovetture, rispetto a quelle
complessivamente oggetto della procedura contestata, che non sarebbe significativo per
dimostrare la responsabilità del ricorrente e dell’Agenzia collegata di Palermo del coimputato Di
Chiara. In realtà l’unico interesse che avrebbe spinto il ricorrente ad indirizzare le pratiche
presso U.M.C. di Palermo sarebbe stato quello della velocità cl,ll’espletamento della pratica di

Contesta infine che la collaborazione tra il Costa e il Di Chiara possa essere elemento
individualizzante la consapevolezza dell’esecuzione di ugn’operazione illecita e
dell’appartenenza al medesimo sodalizio criminale. Le riprese video all’interno della stanza
occupata dal coindagato Costa e le intercettazioni noofarebbero emergAlementi significativi in
ordine ‘alla sussistenza dei gravi indizi di responsabilità. In ogni caso il ritenuto negligente
controllo delle pratiche da parte del Costa non troverebbe elementi significativi nella contestata
esecuzione del’attività di riciclaggio.

b) Violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) in relazione agli artt. 125,294,273,309 c.p.p., 416,
648 bis c.p. con riferimento alla dedotta inutilizzabilità degli esiti d elle intercettazioni audio
e video di cui ai decreti autorizzativi n. 665/11, n. 939/11, 1102/11 e 119/111 emessi
dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo relativamente al proc. pen. n.
18072/10.
Il ricorrente deduce l’inutilizzabilità dell’esito d_,elle intercettazioni disposte nel diverso
procedimento tterzettaie pendente presso la Procura di Palermo e indicato in epigrafe,
concernente il reato di cui all’art. 479 c.p. , commesso in concorso da più persone, in Palermo,
non connesso o collegato a quello in esame.
c) Violazione dell’art. 606 lett. b), c) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 125 ,309, comma 5
e 10 c.p.p., art. 15 e 24 della Cost.
Il ricorrente lamenta l’inutilizzabilittà delle suddette intercettazioni in quanto non sarebbero
stati trasmessi i decreti autorizzativi al TDL, ed erroneamente il TDL avrebbe messo a carico
del ricorrente l’onere di tale adempimento.
d) Violazione dell’art. 606 lett. b), e) c.p.p. in relazione agli artt. 125, 8 e 9 c.p.p. della
Cost.
Il ricorrente contesta le motivazioni del TDL con cui è stata ritenuta corretta
l’attribuzione della competenza al Tribunale di Ancona, in forza della residenza del presunto
capo dell’associazione tale Alexandrescu in Falconara Marittima. La competenza doveva essere
determinata in base al luogo dove sono stati commessi i reati fine, Napoli, Roma Foggia e
eventualmente Palermo.

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nazionalizzazione dell’autovettura rispetto ad altri U.M.C.

RITENUTO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Preliminarmente la Corte osserva che, nonostante l’intervenuta scarcerazione del ricorrente
permane l’interesse dello stesso alla decisione in applicazione del principio giurisprudenziale in
base al quale nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare non può
essere basata sul concetto di soccombenza – a differenza delle impugnazioni civili che
presuppongono un processo di tipo contenzioso, quindi una lite intesa come conflitto di

finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio
processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di
un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che
risulti logicamente coerente con il sistema normativo (v. Cass, Sez. Un., 27/10/2011., n.
6624 , CED 251693 ). Pertanto in tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una
misura cautelare custodiale nelle more revocata, come nella fattispecie in esame permane
l’interesse a coltivare l’impugnazione ove la parte intenda servirsi, come dichiarato a verbale,
dell’eventuale pronuncia favorevole ai fini della richiesta di riparazione dell’ingiusta detenzione
(Cass., Sez. VI, 21/03/2013, n. 19217, CED 255135).
3. Per quanto riguarda l’eccezione di incompetenza territoriale rileva la Corte che la stessa
deve essere disattesa, condividendo la valutazione del Tribunale del riesame. Allo stato degli
atti il TDL ha ritenuto corretta la competenza del Tribunale di Ancona proprio perché il capo
dell’associazione risiede a Falconara marittima , dove non solo si è radicato il pactum sceleris ,
ma da dove sono partite le concrete direttive e si è effettivamente manifestata e realizzata
l’operatività della struttura (V. Cass., sez. II, 16 maggio 2012, n. 22953, CED 253189).

4. Per quanto riguarda l’inutilizzabilità del contenuto delle intercettazioni telefoniche osserva
la Corte che anche in questo caso il ragionamento del TDL è condivisibile. Preliminarmente
deve essere sottolineato che in tema di intercettazioni di conversazioni, seppur la riunione di
procedimenti non è di per sé condizione sufficiente ad escluderne la diversità, in quanto, ai fini
del divieto di utilizzazione ex art. 270 cod. proc. pen., occorre far riferimento ad una nozione
sostanziale di “diversità”, quest’ultima può essere esclusa in presenza di indagini strettamente
connesse o collegate sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico. (Sez. VI, 15/03/2012,
n. 20910 Avena, CED. 252863). Pertanto la nozione di identico procedimento, che esclude
l’operatività del divieto di utilizzazione previsto dall’art. 270 cod. proc. pen., può prescindere
da elementi formali come il numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato ed impone
una valutazione sostanziale, con la conseguenza che il procedimento è considerato identico
quando tra il contenuto dell’originaria notizia di reato, alla base dell’autorizzazione, e quello dei
reati per cui si procede vi sia una stretta connessione sotto il profilo oggettivo, probatorio o

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interessi contrapposti – ma va piuttosto individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella

finalistico (v. anche Sez. VI, 15/11/2012 , n. 46244 del, P.G., Filippi e altri, CED 254285). In
sostanza, ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall’art. 270, comma primo, cod. proc.
pen., il concetto di “diverso procedimento” va collegato al dato della alterità o non uguaglianza
del procedimento, in quanto instaurato in relazione ad una notizia di reato che deriva da un
fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine nell’ambito di altro, differente, anche
se connesso, procedimento. (Sez. 2, n. 49930 del 11/12/2012 – dep. 28/12/2012, Perri e
altro, Rv. 253916), e non quindi dal medesimo filone investigativo, da cui traggono origine
procedimenti connessi, relativi alla medesima fattispecie criminosa, come è avvenuto nel caso

intercettazioni telefoniche, disposte a seguito di captazione eseguita in diverso procedimento,
di cui non sia stato acquisito l’originario provvedimento autorizzativo nè sia stato effettuato
alcun deposito ex art.270 cod. proc. pen., in quanto le risultanze dell’intercettazione del
procedimento a quo influiscono sulle autorizzazioni relative al procedimento “ad quem” come
mero presupposto di fatto, incidente sulla motivazione dei successivi, autonomi provvedimenti
autorizzativi solo sotto il profilo della loro rilevanza ai fini della verifica dei “gravi indizi di
reato”, richiesta dall’art.267, comma primo, cod. proc. pen., mentre il deposito di cui
all’art.270, comma secondo, cod. proc. pen. – da effettuarsi con le modalità previste
dall’art.268, commi 6 e 8, cod. proc. pen. – non rileva, a pena di inutilizzabilità, nel corso delle
indagini preliminari, trattandosi di adempimento che può essere legittimamente procrastinato
per esigenze investigative, non oltre il termine delle indagini stesse, ex art.268, comma quinto,
cod. proc. pen.. In ogni caso le esigenze della difesa risultano salvaguardate anche attraverso
il deposito nel procedimento “diverso” degli atti concernenti le intercettazioni, anche perché la
parte che eccepisce nel procedimento “ad quem” la mancanza o l’illegittimità
dell’autorizzazione per opporsi all’utilizzabilità degli esiti di intercettazioni di conversazioni o
comunicazioni in un procedimento diverso da quello nel quale esse furono disposte, ha l’onere
di produrre il decreto autorizzativo (se del caso, richiedendone copia ex art. 116 c.p.p.), in
modo da porre il giudice in grado di verificare l’effettiva inesistenza nel procedimento “a quo”
del controllo giurisdizionale prescritto dall’art. 15 Cost.. (Sez. 6, n. 6875 del 15/01/2009 dep. 17/02/2009, Pagano, Rv. 243671).
5.

Per quanto riguarda la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non vengono

sostanzialmente sollevate censure se non relative ad elementi di fatto, tese a sminuire il ruolo
avuto dal Costa nella vicenda; la versione alternativa fornita dalla ricorrente non può trovare
ingresso in questa sede in quanto il ragionamento dei giudici del riesame non è assolutamente
abnorme; al contrario lo stesso fa riferimento ad elementi oggettivi, riconosciuti dallo stesso
gip con riferimento alla gravità degli indizi di colpevolezza, (l’accertato collegamento
sistematico Costa – Di Chiara, la finalizzazione della loro collaborazione nell’opera di
nazionalizzazione delle autovetture di provenienza illecita, l'”evasione di pratiche”
automobilistiche, senza l’esecuzione di alcun effettivo controllo dal soggetto preposto (Costa)
rispetto a documentazione prodotta dal Di Chiara, secondo scadenze temporali predefinite,in

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in esame. Ciò premesso devono ritenersi utilizzabili, ai fini cautelari, i risultati delle

assenza di qualsiasi prassi al riguardo, oltre che in contrasto con la disciplina vigente (v. in
particolare pagg. 9 e 10 dell’ordinanza del TDL);i1 ruolo svolto nella commercializzazione delle
autovetture proprio grazie all’interveto dell’Agenzia di Palermo e della collaborazione del
Costa, a prescindere dal contenuto delle intercettazioni telefoniche). Anche sotto quest’ultimo
profilo il ragionamento del Tribunale del riesame appare esente da censure logico giuridiche ,
proprio perchè valorizza una analisi altamente probabilistica, saldamente ancorata allo
svolgimento dei fatti in esame.
6. Con riferimento alle esigenze cautelari la scelta della misura, peraltro, è stata rapportata dal

7. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente
condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condannali ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, l 10 ottobre 2013
Il C
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TDL al ruolo assunto dall’indagato nell’organizzazione, dal pericolo della reiterazione criminosa.

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