Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32515 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32515 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SALKANOVIC HAXRIJA N. IL 19/08/1987
avverso la sentenza n. 6218/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
18/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 07/05/2014

Ritenuto in fatto
Salkanovic Hafrija ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Torino in data 18.02.2013, con la quale è stata confermata
la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Torino il 6.10.2012, in riferimento al
delitto di furto aggravato, in concorso con altri.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia il vizio motivazionale in

concorrente nella sottrazione del portafogli effettuata da altri.
Con il secondo motivo la parte si duole della mancata concessione della
circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., osservando che il furto
concerneva la somma di C 50,00.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di
motivazione, rispetto alla mancata esclusione della recidiva.
Con il quarto motivo la deducente rileva la violazione di legge, rispetto alla
mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. In
subordine, deduce il vizio motivazionale, sul punto.
Il ricorso in esame impone le considerazioni che seguono.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Deve considerarsi che secondo il costante orientamento espresso dalla
giurisprudenza di legittimità, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa
Suprema Corte ed avallato dalle stesse Sezioni Unite, esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della
decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito,
senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali
(Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E
la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e)
cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la
natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della
motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e
semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei
fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv.
234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si
risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del
23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in
data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Tanto chiarito, si osserva che

riferimento alla affermazione di penale responsabilità della prevenuta, quale

l’esponente prospetta una inammissibile riconsiderazione del compendio
probatorio, ad opera del giudice di legittimità, in riferimento al ruolo assunto dalla
ricorrente nella perpetrazione del reato. E la Corte di Appello, richiamando il
contenuto delle deposizioni rese dai testimoni oculari dell’episodio, ha evidenziato,
sviluppando un percorso argomentativo immune da aporie di ordine logico, che
anche l’odierna ricorrente aveva avuto un preciso ruolo nella sequenza del fatto,
sviluppatosi secondo un chiaro collegamento tra i comportamenti assunti da tutte
le coimputate.

La Corte di Appello, nel negare l’applicabilità della circostanza attenuante di
cui all’art. 62 n. 4, cod. pen., ha considerato che alla parte offesa, oltre alla somma
di denaro, erano stati sottratti documenti di identità. Ebbene, si tratta di una
valutazione del tutto conforme ai principi di diritto affermati, nella materia di
interesse dalla Corte regolatrice. Si è infatti chiarito che, ai fini della sussistenza
della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, non rileva
solo il valore economico della cosa ricettata, ma anche il complesso dei danni
patrimoniali oggettivamente cagionati alla persona offesa dal reato come
conseguenza diretta del fatto illecito e perciò ad esso riconducibili, la cui
consistenza va apprezzata in termini oggettivi e nella globalità degli effetti (Cass.
Sez. U, Sentenza n. 35535 del 12/07/2007, dep. 26/09/2007, Rv. 236914).
Il terzo motivo di ricorso è del pari manifestamente infondato.
La Corte territoriale, soffermandosi specificamente sul motivo di doglianza
dedotto con l’atto di appello, relativo alla mancata esclusione della recidiva, ha
considerato che la violazione di legge oggetto del presente procedimento appariva
sintomatica – tenuto conto della omogeneità del reato rispetto a quelli per i quali la
prevenuta aveva già riportato condanna – di maggiore disvalore e concretamente
significativa sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore
pericolosità della imputata. Sulla scorta di tali rilievi, immuni da censure rilevabili in
sede di legittimità, il Collegio ha quindi ritenuto l’infondatezza della doglianza
afferente alla mancata esclusione della recidiva contestata.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
La Corte di Appello, invero, ha osservato che la richiesta volta ad ottenere il
beneficio della sospensione condizionale della pena non poteva trovare
accoglimento. Al riguardo, il Collegio ha rilevato che doveva formularsi prognosi
negativa rispetto ai presupposti legittimanti la concessione del beneficio, in ragione
dei precedenti penali a carico della Salkanovic, anche in riferimento alla non
occasionalità della condotta criminosa. Come si vede, la valutazione effettuata dalla
Corte distrettuale involge il profilo della discrezionalità di cui è titolare il giudice
nella concessione del predetto beneficio, pure in assenza di condizioni

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Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

oggettivamente ostative, valutazione non sindacabile in questa sede, in difetto di
profili di manifesta illogicità argomentativa.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

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