Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 32512 del 07/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 32512 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BONANNO NICOLO’ N. IL 09/06/1981
avverso la sentenza n. 1399/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 29/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 07/05/2014

Ritenuto in fatto
Bonanno Nicolò ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Palermo in data 29.03.2013, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Trapani il 14.02.2012, in
riferimento al delitto di furto aggravato.
Con il primo motivo il ricorrente si duole della mancata assunzione della
parte offesa. Osserva che la vittima del reato avrebbe potuto scagionare il
prevenuto.

Con il secondo motivo la parte osserva che la Corte di Appello ha fatto
riferimento alle dichiarazioni rese dal Bonanno nell’immediatezza del fatto,
dichiarazioni da ritenersi inutilizzabili.
Con il terzo motivo l’esponente deduce il vizio motivazionale, in riferimento
alla affermazione di penale responsabilità dell’imputato, soffermandosi sulle
circostanze relative al rinvenimento della refurtiva.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Risulta infatti dagli
atti – segnatamente dalla sentenza di prime cure, alla quale è dato fare riferimento,
trattandosi di cosiddetta doppia conforme – che la denuncia sporta dalla persona
offesa venne acquisita su accordo delle parti.
Il secondo motivo è destituito in radice di ogni fondamento. Invero, la Corte
di Appello non pone altrimenti a fondamento della affermazione di responsabilità
penale dell’imputato le dichiarazioni confessore rese dal Bonanno. Il Collegio
osserva, al riguardo, che già il Tribunale ha giustificato la pronuncia di condanna
sulla base delle circostanze accertate dai verbalizzanti che procedettero all’arresto
del Bonanno, nella quasi flagranza del reato. E la Corte territoriale, a margine del
richiamato ragionamento, si limita ad osservare che l’imputato ebbe pure ad
ammettere i fatti per i quali si procede.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Deve considerarsi che secondo il costante orientamento espresso dalla
giurisprudenza di legittimità, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa
Suprema Corte ed avallato dalle stesse Sezioni Unite, esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della
decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito,
senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali
(Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E
la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e)
cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la
natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della
motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e

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semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei
fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv.
234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si
risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del
23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in

l’esponente prospetta una inammissibile riconsiderazione del compendio
probatorio, ad opera del giudice di legittimità, in riferimento alle modalità di
rinvenimento e restituzione della refurtiva.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 maggio 2014.

data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Tanto chiarito, si osserva che

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